Perché Franceschini vuole trasformare il Pantheon in un blockbuster turistico

Mariasole Garacci

Il ministro Dario Franceschini firma un decreto che rende autonomo il Colosseo e l’Area archeologica centrale, istituendo un nuovo ente speciale. Nel frattempo, annuncia di voler istituire un biglietto d’ingresso al Pantheon, finora gratuito. Luca Bergamo si dichiara contrario ad entrambe le iniziative ed emergono due visioni opposte di città e patrimonio.

Il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dario Franceschini ha firmato il decreto ministeriale che istituisce un nuovo ente speciale comprendente Anfiteatro Flavio, Palatino, Foro romano e Domus Aurea. Si chiama “parco archeologico”, coincide con un’area di 78 ettari sottratta alla Soprintendenza per l’Archeologia, le Belle Arti e il Paesaggio del Comune di Roma, ed è qualcosa di molto diverso, non inganni la definizione, dal . La firma del dm arriva dopo un annuncio del 10 gennaio cui era seguita in poche ore un’appassionata replica dell’assessore alla cultura di Roma Luca Bergamo: “La scelta annunciata oggi risponde ad una logica che non posso condividere: considerare il Colosseo e i Fori come una macchina a prevalente servizio di un’offerta che, purtroppo, asseconda il consumo mordi e fuggi del turismo a Roma”.

Due visioni di città

Emerge chiaramente, una volta di più, un’opposizione irriducibile non soltanto tra due modelli di gestione del patrimonio, ma tra due visioni di città. Da una parte, quella di un bene da sfruttare e da cui estrarre profitto immediato, che individua alcuni centri d’attrazione e li sfrutta intensamente, esasperando anziché alleviare la crescente estraneità della cittadinanza da luoghi ad alto quoziente simbolico che non intessono più alcun rapporto con la dimensione civica, la coscienza e la vita quotidiana della città. Con il collaterale fiorire di gravi fenomeni di degrado e abusivismo che non trova un’adeguata risposta da parte di alcuna istituzione.

Dall’altra, l’utopia (oggi appare tale) di un sistema integrato, inclusivo e sostenibile in cui i beni che abbiamo ereditato dal nostro passato, la città materiale e le infrastrutture siano intessuti in una rete diffusa che vive e prospera in quanto spazio pubblico: “Colosseo e Fori –per citare ancora Bergamo- sono anch’essi parte integrante del tessuto urbano. Una vera trasformazione urbanistica del centro di Roma deve necessariamente prevedere che molta parte di ciò che oggi è recintato possa essere traversato liberamente, a piedi, senza pagare biglietti”. Biglietti che, comunque, possono regolare l’accesso ai monumenti o aree di particolare attrazione, ma in una visione che integri storia, vita contemporanea, turismo sostenibile e vita cittadina.

La città è una multisala

La concezione, espressa dall’ultimo decreto, di una città multisala cinematografica, spettacolo da fruire previo pagamento del biglietto d’ingresso al circo, è la medesima che negli stessi giorni ha ispirato un’altra risoluzione del ministro Franceschini, il quale l’11 gennaio, in occasione della conferenza stampa durante la quale è stato presentato il piano di rilancio di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini alla Lungara, ha annunciato: “Entro la fine della legislatura, le visite al Pantheon saranno regolamentate con il pagamento di un biglietto d’ingresso”. Dura anche in questo caso la replica di Luca Bergamo: “Basta con lo sfruttamento intensivo del nostro patrimonio a meri fini di biglietteria. È ora di finirla di decidere per noi: Roma non è il parco a gettone del turismo mordi e fuggi”.

La dichiarazione di Franceschini sul Pantheon suona persino più bislacca e di difficile realizzazione dell’annuncio di qualche tempo fa di voler ricostruire l’arena del Colosseo: dove dovrebbe essere collocata, ad esempio, la nuova biglietteria? Se non all’ingresso del tempio stesso, magari nel magnifico pronao ottastilo, tra le colonne in granito grigio e rosa provenienti dal Mons Claudianus in Egitto? E come si può pensare di trasformare Piazza della Rotonda, nel cuore del rione Pigna, nell’anticamera affollata di un altro baraccone turistico simile a quello messo su tra il Colosseo e l’Arco di Costantino? Come verrebbero spartiti, tra Vicariato e Ministero, gli introiti dei biglietti?

Fatto costruire tra il 118 e il 125 dall’imperatore Adriano sui resti di un precedente luogo di culto del 27 a.C., nel 609 il Pantheon fu consacrato come chiesa cristiana con il nome di Santa Maria ad Martyres: attualmente è proprietà del demanio italiano in gestione al Polo Museale del Lazio, ma è anche luogo di culto della Chiesa cattolica con il rango di basilica minore, luogo di sepoltura dei Savoia. Il Vaticano, che si è sempre opposto al pagamento di un biglietto d’ingresso nelle chiese di Roma (diversamente da quanto avviene a Venezia, dove la subordinazione del patrimonio urbano al marketing turistico ha raggiunto livelli parossistici), non ha rilasciato per ora dichiarazioni, sebbene Franceschini abbia affermato che un tavolo Mibact-Vaticano sul Pantheon è già stato aperto.

Chi vive di turismo: le guide

Come si vede, le criticità sollevate da questo annuncio sono di vario ordine, ma senza volersi incartare nella sacralizzazione del monumento come bene intoccabile, va rilevato che anche chi dei monumenti e del turismo vive, come ad esempio la categoria delle guide turistiche autorizzate di Roma, è diffidente rispetto a una certa idea di patrimonio.

“Noi guide siamo contrarie alla trasformazione del Pantheon in un sito a pagamento – sostiene Isabella Ruggiero, presidente di AGTAR – Roma ha sì bisogno di fondi per il restauro e la manutenzione dei suoi tesori, fondi che possono essere incrementati con i biglietti pagati dai turisti – ma in questo caso la chiusura creerebbe problemi pratici e snaturerebbe il monumento. Il Pantheon è da secoli un sito aperto al pubblico. E’ parte integrante del tessuto urbanistico e della storia di questa città. Trasformarlo in una macchina da soldi sottrarrebbe quel tesoro ai cittadini romani che hanno il diritto di entrarci a qualsiasi ora e altererebbe la natura del monumento e il suo rapporto con l’area circostante”.

Pantheon Blockbuster

La valutazione di chi a Roma lavora nel settore turistico, in questo caso nella figura specifica di guida turistica in quanto interfaccia tra il visitatore e il patrimonio e, in questo modo, latrice di contenuti storici, storico-artistici, culturali e sociali, è tutt’altro che marginale. Quando si oppone, infatti, una visione del patrimonio subordinata agli interessi dell’imprenditoria turistica e dell’indotto commerciale a quella di una città-sistema in cui creare le condizioni per una fruizione partecipata e inclusiva che possa innervare da dentro Roma, non si vuole trascurare l’urgenza delle istanze economiche, né si finge di non riconoscere la preziosa opportunità rappresentata da ciò che il nostro passato ci ha trasmesso in eredità.

Si cerca, però, di proporre una gestione orizzontale, partecipata, previdente, accorta, che integri il “capitale fisico” con quello intellettuale e umano (anche in termini di competenze professionali), proprio nel momento in cui, per restare in argomento, il legame con il territorio
rappresentato da una categoria come quella della guida turistica viene messo in discussione da un altro decreto (DM 565/2015 Decreto Franceschini) che sembra voler stravolgerne il legame profondo con il patrimonio locale.

Se per evitare l’istituzione del blockbuster autonomo del Colosseo è ormai troppo tardi, c’è da sperare che, in futuro e a partire da proposte stravaganti come quella di un biglietto d’ingresso al Pantheon, il Ministero e il Governo si volgano a una gestione condivisa con la città di Roma di un sistema turistico sempre sull’orlo del collasso e che richiede soluzioni strutturali.

(17 gennaio 2017)



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