03.11.08 – Gelli, Gelmini e il controllo della cultura

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Proprio il giorno in cui ho dato avvio a questo blog, il 28 ottobre, un gruppetto di ricercatori precari era venuto a intervistarmi, per un giornale on line, in merito alla “riforma Gelmini”. Analizzando il suo significato politico generale, non potei esimermi dallo stabilire nessi con altre “riforme”, a cominciare dalla madre di tutte le riforme reazionarie, il “piano di rinascita nazionale” firmato da Licio Gelli, gran maestro massone di una Loggia “deviata”. Quasi a voler stabilire un dialogo, il maestro Gelli (chi sono i “cattivi maestri”?!), interviene, come suol dirsi, a gamba tesa, nel dibattito pubblico, confermando che l’azione di questo governo, le sue iniziative e le sue proposte per i prossimi mesi/anni, si inquadrano nel solco da lui tracciato.
“Veleni”, sibila, livido, qualche portavoce della maggioranza; verità ovvie, persino banali, ribatto. Anche senza entrare ora nel merito (anche per la precarietà della situazione in cui sto scrivendo, su un bus che fila su strade dissestate), non c’è dubbio che il controllo della cultura, dalla sua fase formativa alla sua traducibilità operativa, nei diversi comparti, fosse tra i punti essenziali della “Grande Riforma”, accanto al controllo dell’informazione, in ogni sua espressione.
Da tempo, ancor prima del ritorno dei berluscones, stiamo avvertendo una progressiva, drastica riduzione non soltanto degli spazi di libertà, un offuscamento inquietante della democrazia, ma anche, nel nostro mondo, una rinuncia alla dimensione critica del sapere. E che cos’altro dovrebbe fare la scuola, se non insegnare a pensare? Non inzepparci la testa di nozioni, di dati e di date (lo osservava il giovane Antonio Gramsci, ancora studente di Lettere e Filosofia nell’ateneo torinese, nel 1916), ma aiutare a costruire il proprio io interiore, a formarsi una personalità, ad assumere risolutamente, attraverso lo studio, le responsabilità di ciò che si fa (e di ciò che non si fa). Gelmini, figura ectoplasmatica che nulla rappresenta se non i deliberati del Capo (noto iscritto alla Loggia di Gelli, non dimentichiamolo), non vuole semplicemente riportare indietro la Scuola: vuole, nella sua azione coerentemente sciagurata, scacciare il senso critico, addomesticare studenti e docenti, mettere nelle mani dei grandi gruppi finanziari, e di lobbies connesse al Vaticano, quel che della Scuola e dell’Università paia loro profittevole e utile. Nelle nuove strutture così create formare yesmen e yeswomen pronti a obbedire e magari combattere (ma li avete visti i manifesti per il 4 novembre? giorno della “Vittoria”? Ne riparleremo…), e a farsi portatori del nuovo verbo che già la Moratti (ma il Centrosinistra ha le sue belle responsabilità) aveva tentato di diffondere tra cattedre e aule scolastiche. Efficienza, Inglese, Azienda, Informatica. Produttività. Internet. E via seguitando, in uno sproloquio di proposizioni da cui in fondo la povera Gelmini, che ha difficoltà a esporre, con una minima decenza, anche l’altrui pensiero, si guarda bene: lei traduce in modo immediatamente operativo quella “filosofia”.
Non è un caso che la gran parte dei nostri apparati della comunicazione, specie quelli connessi alle imprese e banche, si stia esponendo a difendere, se non la riforma, il suo intento di fondo; che, “Corriere” docet, sarebbe “razionalizzare la spesa”. Bisognerà che qualcuno prenda buona nota, a futura memoria, di tutto ciò. Bisogna, insomma, con la massima attenzione leggere, catalogare, tematizzare quel che stanno scrivendo e dicendo sulla vicenda in corso. Sottolineo: in corso. A dispetto di finte cronache che danno per già morto o moribondo il nostro movimento; a scorno di quanti la voglion ridurre a un problema di ordine pubblico, l’Onda va.
Angelo d’Orsi



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