04.11.08 – La mossa del cavallo e la resistenza da organizzare
Provvedimento ritirato? Sospeso? Ma che cosa nasconde la mossa del cavallo? Ne discutiamo in una bella assemblea alla Palazzina Einaudi di Torino, dove si trovano da 24 ore studenti di Scienze Politiche e di Giurisprudenza in una occupazione concordata che non impedisce lo studio, ma vi aggiunge seminari, conferenze, dibattiti, e sul tardi, proiezioni e altro ancora… Dunque, credo che il pensiero governativo sia semplicemente prendere tempo, aspettando che si sgonfi la protesta. Che ritorni al tributo del consenso quella fetta di pubblica opinione, turbata dalle manifestazioni: così generali, geograficamente, generazionalmente, professionalmente, socialmente, da risultare credibili anche agli occhi della casalinga di Voghera o del geometra di Abbiategrasso, o dell’impiegato catastale di Vibo Valentia. Gli stessi che, prima che l’Onda cominciasse a increspare le acque, si erano facilmente lasciati irretire dalla propaganda tremontian-brunettiana, abilmente gestita dai guru dell’opinionismo. Dunque, l’argomento era di tipo tecnico-finanziario: occorre eliminare gli sprechi, occorre far lavorare di più e far risparmiare le casse dello Stato. Ora le casalinghe anche se non sono in grado sempre di governare, si sono unite alle maestre in lotta: ora la forza generale della contestazione ha perciò suggerito a quel Berlusconi che fino a due giorni prima si dichiarava indisponibile a qualsiasi passo indietro, di farlo: precisamente quel passo indietro. Ma lui lo fa sotto forma di ambigua sospensione. Buona a mostrare a una fetta inquieta di elettorato che il Cav sa trattare, e “non vuole lo scontro”; ma nel contempo utile (nei suoi intendimenti) a far ritirare dalla lotta una quota di partecipanti. Sarà così?
Facciamo in modo che così non sia. Occorre, subito, organizzare attività, o proseguirle: attività che mostrino la voglia di fare, di studiare, l’attaccamento all’istituzione scolastica, la gioia di apprendere e di insegnare. Occorre portare avanti la riflessione su quale università vogliamo: docenti, discenti, personale. Occorre elaborare un progetto: una nostra “riforma”, vera. Che salvi il carattere pubblico dell’istituzione scolastica (dagli asili agli atenei), e esalti il suo tratto critico.
Fare gruppi di lavoro, e aggiungere allo studio tradizionale, con il ricorso a vari saperi disciplinari, l’esame di tutti gli aspetti tecnici, economici, culturali, ideologici e politici coinvolti nel progetto governativo. Che non concerne solo scuola e università. O meglio le concerne in quanto si tratta di due momenti all’interno di un disegno complessivo, di cui stiamo scoprendo le tappe, giorno dopo giorno: governanti e “giornalisti” si danno manforte per realizzarlo.
Eccole in sintesi:
1) si manda alla malora una istituzione o un comparto (trasporti, sanità…), mentre si sviluppa una campagna di denigrazione volta a mostrarne inefficienza, sprechi, malversazione.
2) quando la mela è matura, la si coglie, presentando il pacchetto di misure come inevitabile se si vuole evitare che la casa crolli: quanto più è stata efficace la campagna, tanto più può essere drastica la manovra;
3) il pacchetto si fonda su una logica economica (privatizzare, aziendalizzare, creare fonti di profitto), a vantaggio di gruppi imprenditoriali che sono gruppi finanziari (frutto della finanziarizzazione galoppante dell’economia), all’insegna della socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti;
4) v’è poi una logica politica: quella di accelerare il processo di trasformazione radicale (riforma, appunto; che riprende il “piano di rinascita” di Gelli, come dicevo ieri) della società italiana, della vita pubblica, sulla base di uno svuotamento della democrazia. Il punto d’arrivo ritengo possa e voglia e forse debba essere l’abolizione sostanziale della Costituzione repubblicana. Magari lasciandola in vigore, sul piano formale, a meno che si riesca a cambiarla decisamente; altrimenti la si lascia, ibernata, come Mussolini fece con lo Statuto del 1848, mai formalmente abolito durante il Ventennio. E lo scopo finale è bloccare ogni possibilità di passaggio da cittadinanza passiva a cittadinanza attiva. A cui, guarda caso, proprio la Scuola e in specie l’Università, quelle pubbliche e libere, sono deputate: non le sole istituzioni, ma le prime a farlo e doverlo fare. Controllare le scuole, controllare l’insegnamento, mettere le mani sui libri di testo, dare soldi al comparto privato e sottrarne a quello pubblico; svuotare di contenuti e soprattutto spegnere il senso critico degli allievi, irreggimentando, attraverso il ricatto, la minaccia, il licenziamento dietro l’angolo, maestre e professori, ricercatori e precari… Ora noi siamo a metà del guado, cittadini passivi che vorremmo essere attivi. Questo governo offensivo per la dignità del Paese, vuole toglierci dall’impiccio: vuole tenerci passivi, e in prospettiva rimetterci nella beata condizione di sudditi. Con tanta tv e tanto calcio. Ne riparleremo. Per ora: resistere, resistere, resistere…
Angelo d’Orsi
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