04.11.08 – La nostra battaglia comincia adesso
"Una goccia nell’Onda" : il diario quotidiano dal movimento di Gaia Benzi, studentessa di lettere e filosofia all’Università La Sapienza di Roma.
Nell’ormai canonico lunedì d’assemblea la protesta prende forma e si riorganizza a tutti i livelli. Emergono nuovi punti chiave; le cose da fare sono sempre tantissime, quasi troppe. Ogni intervento è proiettato al futuro – sott’occhio il calendario dei prossimi appuntamenti, e un’aria frenetica, intraprendente, si diffonde benvenuta fra i banchi e le aule.
Mentre il governo inizia a tentennare, con ministri che esprimono disagio, insicurezza, voglia di dialogo – tardiva; mentre la paura di una probabile fusione tra proteste studentesche e istanze sociali più ampie fa schiacciare il freno alla maggioranza sulla riforma dell’università, in un primo momento pomposamente annunciata come imminente; mentre i segni inequivocabili di un’erosione di consenso appaiono fra statistiche e sondaggi; ebbene, mentre tutto questo accade, noi non cantiamo vittoria, ma ci rimettiamo in discussione: in pratica, al lavoro.
La nostra battaglia comincia adesso. Comincia con l’incontro avvenuto venerdì con i delegati della Fiom, e quello prossimo venturo con la Cgil, per catalizzare in un’unica grande giornata di sciopero generale il no collettivo che entrambi i mondi – quello della scuola e dell’università e quello del lavoro – sentono il bisogno di ribadire ancora con forza: un no che esuli dalle singole leggi e che vada contro l’intera gestione della crisi economica portata avanti da questo governo. Comincia col rafforzare i legami già stretti col mondo della scuola primaria e secondaria, organizzando eventi comuni, proteggendo dalle minacce dell’esecutivo chi fra noi risulta più debole, meno tutelato, ricordandoci ogni giorno che siamo tanti e convinti. Comincia con la volontà di ampliare la nostra battaglia da un punto di vista culturale, così da sottolinearne con sempre maggior vigore i motivi esistenziali che la animano, contestando la precarietà di prospettive che una certa politica offre a noi come singoli e al paese come comunità.
Comincia col progetto – particolarmente sentito – di creare un’intera rete di controcultura, fatta di giornali, siti internet, raccolta di materiale fotografico e video, fino ad arrivare a un vero e proprio palinsesto – perché no? – gestito interamente da noi, per contrastare in maniera intelligente lo strapotere mediatico delle televisioni nazionali.
Ci sarà un motivo se la città universitaria è denominata, per l’appunto, "città". Noi rappresentiamo una piccola società in miniatura: abbiamo giuristi, giornalisti, economisti, scienziati, pedagoghi, medici, ingegneri, analisti di ogni sorta e campo. Abbiamo – avremmo, avremo – un potere immenso: quello delle nostre conoscenze, che spaziano in lungo e largo per tutto lo scibile umano. Sono concetti ridondanti, che ripetiamo da settimane? Può darsi. Ma è incredibile, bellissimo, quasi commovente, osservare noi stessi assumerne lentamente consapevolezza. E in preparazione delle assemblee regionali dell’otto, e poi della nazionale il quindici e il sedici – subito successive alle grandi manifestazione del sette e del quattordici -, è importante che questa consapevolezza si radichi quanto più possibile all’interno del movimento. Così i gruppi di studio sull’autoriforma si saldano a quelli sulle ragioni della crisi e sulle sue possibili soluzioni, le riflessioni sul sistema universitario a quelle sulle cause dello sfacelo culturale – e quindi civile – in cui viviamo, le discussioni sulla contorta burocrazia che imbavaglia la nostra creatività di studenti a quelle più ampie che vedono l’intero mondo delle opinioni come strozzato in un unico schema – statico, inamovibile; e diventano polivalenti, interfacoltà. Se è vero che l’unione fa la forza – e l’unione di corpi e voci giovedì scorso l’ha fatta, cosa potrà portare l’unione dei saperi di cui oggi siamo rappresentanti e custodi? Nel concreto, si spera, ad un documento unico, che abbia la firma di tutti gli atenei in mobilitazione, da rendere pubblico alla fine della prossima settimana, e che contenga – fianco a fianco – le nostre istanze e le nostre speranze, il nostro presente di studenti e il nostro futuro di lavoratori e genitori, il nostro progetto di riforma universitaria e la nostra visione di società.
Del resto l’arrogante reazione dei nostri parlamentari e dell’esecutivo cui danno fiducia non poteva che spingerci in questa direzione. L’atteggiamento di questi signori è – in tal caso – doppiamente miope e autolesionista: miope alla base, quando hanno creduto che una legge tanto dura e coinvolgente così ampi strati di popolazione passasse inosservata, sotto silenzio, senza clamori; autolesionista nel momento in cui, contestati, hanno perseverato in un braccio di ferro irrazionale che alla lunga li vedrà – se non perdenti – quantomeno indeboliti nel loro ruolo di garanti dei nostri diritti.
A chi pensava che saremmo stati inghiottiti dalla risacca, oggi noi rispondiamo così. Persino nel fine settimana, quando strade e piazze svuotate della nostra presenza tornavano a riempirsi di turisti e compratori, c’è chi fra noi non ha rinunciato a riproporre il suo messaggio in maniera originale, pensando la contestazione fuori dalla cornice dei tradizionali cortei: ieri sera, infatti, centinaia di studenti si sono riuniti a Circo Massimo, dipingendo sull’erba umida con la luce delle candele un messaggio chiaro e inequivocabile, "NO 133".
Mentre sedevo lì per terra, in pendenza, col rischio concreto di ruzzolare giù, con la cera calda che colava sulle mani, ustionandole, col sedere piatto e indolenzito; mentre dal basso gli ingegneri, proverbialmente precisi, gridavano ordini e istruzioni; mentre i carabinieri scendevano dalle camionette per assistere anche loro alla luminaria; e mentre – nonostante la stanchezza e il raffreddore incipiente – trovavo ancora le energie per ridere e scherzare, ho pensato: non è la nostra rabbia la forza che travolge. E’ la nostra allegria.
Gaia Benzi
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