05.10.08 – Le controriforme che rafforzano l’anomalia italiana
“Non sprechiamo anche questa legislatura”: è una frase di buon senso che deve spingere all’attenzione. Questa volta la pronuncia Fini per auspicare la riapertura del confronto sulle riforme istituzionali. Le presenta in forma minimalista. Invece di partire da un grande disegno inizia dalla proposta che i parlamentari lavorino di più. Alla fine arriva alla riforma dei regolamenti parlamentari. Teniamo a mente l’argomento perché presto diventerà scottante.
Vari anni fa, durante il precedente governo Berlusconi, anche D’Alema aveva detto “Non sprechiamo la legislatura” e aveva aggiunto “facciamo almeno il premierato”, incurante dei poteri accresciuti che avrebbero potuto cadere in mano all’avversario.
“Non sprecare la legislatura” sembra la parola d’ordine comune per introdurre il rafforzamento dell’esecutivo. Se non stupisce che chi lo ha in mano adesso lo voglia più forte, non si capisce in base a quale logica autolesionista lo voglia più forte chi è per ora ben lontano dal riuscire a raggiungerlo. Si può essere così disinteressati da augurare il rafforzamento dei poteri dell’avversario?
I puristi del riformismo istituzionale ripetono sempre che le riforme istituzionali non si fanno guardando all’attualità contingente ma con lo sguardo al futuro. Sarebbe ragionamento accettabile in un paese normale… ma D’Alema stesso ha appena ammesso pubblicamente che Berlusconi è un’anomalia (ci ha messo un po’ troppo tempo ma alla fine se n’è accorto anche lui). Perché non ci si dovrebbe preoccupare che l’anomalia si possa rafforzare? E prolungarsi nel futuro?
La relazione tra questo problema annoso e l’attualità è presto detto. Dopo il richiamo del Presidente della Repubblica, presidenti di Camera e Senato propongono una speciale riunione dei capigruppo in cui si possa finalmente risolvere il problema della Commissione di Vigilanza sulle telecomunicazioni (abituiamoci a chiamarla così: deve vigilare non solo sulla Rai ma anche su Mediaset, anche se non è facile) e quello ormai stagionato dei membri mancanti in Corte Costituzionale.
I capigruppo del PdL, Cicchitto e Gasparri, hanno approfittato dell’occasione e proposto subito di inserire nella discussione anche (attenzione!) la riforma dei regolamenti parlamentari. Quella già presentata alla Camera ha Cicchitto stesso come primo firmatario e dichiara nel modo più esplicito che detta riforma è oggi, per rafforzare l’esecutivo, mezzo più incisivo della stessa riforma costituzionale (troppo lunga, difficile ed esposta al rifiuto popolare, come si è già visto). Speriamo che il Partito Democratico non cada nella trappola.
In ogni caso, d’ora in poi, occhio alla riforma dei regolamenti parlamentari. Fini, che vuole perfezionare il proprio profilo di statista equilibrato, ne dà una versione dialogante: la riforma dei regolamenti non deve solo rendere più efficace il governo ma anche garantire i diritti dell’opposizione. Ma se si va a vedere la proposta Cicchitto e altri, si vede subito che ciò che viene graziosamente concesso all’opposizione è solo uno statuto dell’opposizione da operetta: presidente del consiglio e ministri informano e consultano, quando gli pare, presidente e ministri del governo ombra…
Resta per ora un po’ più in ombra la questione della Corte Costituzionale. Ma anche qui ci vuole attenzione: il candidato più probabile è l’avvocato Pecorella, ovvero il Signor Conflitto d’interessi II. Perché? Nella legislatura 2001-2006 difendeva Berlusconi dai processi, fissava leggi per ammorbidire i reati di cui quello era imputato e, siccome ci teneva al profilo istituzionale, era anche presidente della Commissione Giustizia. Dunque attenti: l’anomalia italiana sta per mettere le mani anche sulla Corte Costituzionale.
Pancho Pardi
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