05.11.08 – Una controriforma per riscrivere la storia

MicroMega

Ieri 4 novembre. Cerimonie di commemorazione per la “giornata della Vittoria”, su disposizione del ministro dell’Istruzione (?), nonché Università e Ricerca – tale Gelmini, un figurino estratto dal silenzioso dimenticatoio in cui così ingiustamente la sorte l’aveva confinata – che ha accolto in tal senso una richiesta del suo collega titolare del dicastero della Difesa, probabilmente in procinto di essere rinominato ministero della Guerra, come ai tempi belli di cui il suddetto ministro è rimasto nostalgico estimatore. Celebrazioni che, sempre su combinato disposto Difesa/Istruzione, non si limitano all’alzabandiera e santa Messa nei Comuni d’Italia (tutti e novemila?!), ma chiedono e offrono conferenze, mostre (di cui pezzo forte sono le uniformi…), marce al suono della banda e quant’altro, con un particolare non irrilevante: le conferenze sulla Grande guerra (di essa stiamo parlando, in riferimento al 1918), affidate a ufficiali delle Forze armate, quasi a voler dire: dei professori, o degli studiosi, non ci fidiamo.
E fa bene, il ministro La Russa, coadiuvata dalla simpatica ministra, a non fidarsi. A meno che si imbatta nei Galli della Loggia, nei Melograni, nei Francesco Perfetti e compagnia cantante (le lodi nazionali: ma quali?), non troverebbe, il signor ministro, uno storico degno di questo nome che si pieghi alla celebrazione dell’“inutile strage” deplorata, mentre tuonava il cannone, già allora, da papa Benedetto XV. Un massacro che introdusse, certo, alla modernità, facendo comprendere a chi aveva orecchie per ascoltare, occhi per vedere, e cerebro per ragionare, a quali tragedie sarebbe andato incontro il secolo nuovo.
Ebbene, celebrare la “Vittoria” non solo è stupido, e antistorico, ma risulta gesto provocatorio, tra l’altro, nei confronti di nazioni oggi associate all’Italia in partnership politiche, a cominciare da quella-base dell’Unione Europea. Ma tant’è. Ecco in azione la “nuova” scuola dell’estremo berlusconismo, quella del grembiule e della bocciatura per un solo voto negativo, quella del taglio dei fondi e della chiusura degli istituti, quella che mira a privatizzare ciò che può produrre profitto per gruppi finanziari, e perdite per la collettività, la “nuova” scuola per una Italia “riformata” secondo il piano del Venerabile Gelli, aggiornato e opportunamente rimodulato dal brain’s trust del dottor Berlusconi.
Se quello che conta, innanzi tutto, come mi è capitato già di scrivere in questo spazio, è il senso critico, e dunque il ruolo dell’istituzione scolastica in primo luogo è appunto quello di insegnare ai discenti ad esercitare la critica, a costruire un bagaglio all’insegna della responsabilità, a “disciplinare il proprio io” (Viva Gramsci!), ebbene, la vicenda di questo 4 novembre 2008 – novantesimo della fine del grande massacro interimperialistico, che il governo obbliga a commemorare secondo una impronta squallidamente nazionalistica, sul piano politico, e goffamente revisionistica, su quello storiografico – questa vicenda è emblematica: vera cartina di tornasole della “riforma”, su cui si è finora riflettuto poco. Se il buongiorno si vede dal mattino, stiamo freschi. Presto nel nuovo martirologio della Repubblica presidenziale berlusconiana studieremo la vita dello stalliere Mangano (“un eroe”, come ha ribadito, citando il Capo supremo, il suo ideologo Dell’Utri, quello che da mesi chiede di “riscrivere la storia”), naturalmente, poi, Bettino Craxi, come la vittima più illustre di Mani Pulite, e così via. E presto, v’è da temere, in un processo che tende a isolare le leggi razziali del 1938, come unica nefandezza mussoliniana, e la Seconda Guerra mondiale, al seguito della Germania hitleriana, come il solo “errore” di colui che l’attuale presidente della Camera definì non troppo tempo fa “il più grande statista del secolo”, presto il Ventennio ci sarà presentato, nella scuola gelminesca, come un momento di gloria della storia patria. Vigilare, dunque: questo occorre fare, prestando attenzione anche ai dettagli, alle minuzie come questa. Che non sono così piccole, specie se ne consideriamo i costi: si dice che per la sola Roma il costo delle celebrazioni ammonti a sei milioni di euro. E, ovviamente, ci stanno ripetendo che la riforma Gelmini mira a “tagliare gli sprechi” e “razionalizzare la spesa”. Alleluia.

Angelo d’Orsi



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.