06.11.08 – Fase uno: proposte di proposte
"Una goccia nell’Onda": il diario quotidiano dal movimento di Gaia Benzi, studentessa di lettere e filosofia all’Università La Sapienza di Roma.
Le pance sono vuote e la facce stanche; ma le teste restano piene di idee.
Il gruppo di lavoro si è appena concluso, e l’elenco di seminari, incontri futuri, delle assemblee a cui partecipare viene stilato con la calma fisiologica conseguente alla carenza di zuccheri. La riunione si scioglie, ma non tutti si allontanano: alcuni capannelli continuano a discutere animatamente.
L’autoriforma dell’università sta convogliando tutte le nostre energie. Divisi per facoltà, dialoghiamo a volte per ore, a volte in maniera confusionaria, buttando nel calderone mille cose: sfoghi, proposte, progetti, speranze, considerazioni politiche, pratiche, concrete come idealistiche, utopistiche, generali; ma sempre con grande partecipazione. La concertazione è necessaria, ma difficile da ottenere; e le domande sopravanzano ancora di molto le rispettive risposte.
Tuttavia, mi sento di affermare con convinzione che il lavoro svolto finora è stato ottimo. Una sola settimana, e già abbiamo fra le mani una lista di punti cardine da sviscerare ed imporre all’attenzione prima dell’ateneo, poi dell’assemblea nazionale, e infine del paese. Partendo – come facciamo – dalla critica dell’esistente e dai problemi in cui l’esistente ci immerge, possiamo ragionevolmente sperare in una convergenza spontanea di tutti gli studenti coinvolti, seppur separatamente, in tale mastodontico compito.
I piani su cui operiamo sono essenzialmente due.
Il primo riguarda un’idea di università, un progetto – astratto – di elaborazione, divulgazione e collettivizzazione delle conoscenze che contesti radicalmente le tendenze politiche degli ultimi vent’anni – volte tutte alla dequalificazione, alla parcelizzazione e alla mercificazione del sapere -, e che sappia proporre non solo un’immagine diversa della struttura universitaria, ma una sostanza completamente nuova: originale, cioè, nei contenuti, tale da essere motore dell’economia e della società intera.
Il secondo, invece, più pragmatico, indagando le disfunzioni del 3+2 – con tutti gli annessi e connessi -, definisce quali siano le proposte immediatamente realizzabili, magari anche a costo zero, che sin da subito metterebbero studenti e docenti in condizione di migliorare tanto l’offerta formativa quanto la didattica e il vissuto quotidiano delle facoltà.
La vaghezza di tale sintesi non spaventi: ho cercato di condensare in poche righe il turbinio di opinioni, proposte e posizioni emerse in questi giorni. La cosa incredibile, infatti, e che stupisce – positivamente, è la quantità, oltre che la qualità e l’accuratezza, delle nostre idee; prova del fatto che, in tutti questi anni, ciascuno di noi ha già avviato un personale progetto di autoriforma, accumulando un gran numero di impressioni e osservazioni. Ciò che stiamo facendo ora è metterle in comune, per vedere come possano fruttare: quello di cui prima ci lamentavamo in privato, ora lo poniamo – con diverso vigore – come problema pubblico. Questo avrà alcune conseguenze intermedie.
Le assurdità che ci circondano, e che riguardano l’intero sistema universitario, sono infatti affiancate da assurdità particolari, relative spesso ad una singola facoltà o un singolo dipartimento. E la forza di cui adesso disponiamo ci sta colmando anche della volontà di mettere, come si dice, ordine in casa nostra. Così questioni estremamente specifiche – che conquistano naturalmente la superficie del dibattito, scavalcando le universali – diventano non solo finalmente affrontabili – di petto e collettivamente, ma iniziano a delineare una programma di obiettivi a breve termine che potremo realizzare sin da subito. Dall’ampliamento dell’orario d’apertura delle biblioteche alla riorganizzazione dei corsi di laurea, dalla cancellazione dei canali alla distribuzione dei crediti, dalla centralità del discorso scritto nelle valutazioni d’esame alle linee di approfondimento e ricerca dei singoli dipartimenti…. Sono tutte battaglie sentite come necessarie e indispensabili, da combattere in parallelo con quelle nazionali.
Per quanto riguarda invece la visione generale dell’università che emerge da queste primissime riunioni, alcuni punti sembrano chiari e non soggetti a contrattazione: la sua natura pubblica, la sua doverosa trasformazione in un laboratorio culturale che non vada al traino del mercato del lavoro – progettando intorno ad esso ogni sua emanazione -, ma che forte della propria capacità innovativa lo conduca verso il futuro, e dunque la natura libera e indipendente della ricerca; la necessità di una riqualificazione seria della didattica che conferisca nuova dignità non solo agli studenti, ma al titolo di studio in sé, che ci garantisca il tempo necessario ad apprendere i concetti – senza costringerci a corse insensate che abbassano la qualità della preparazione, che intacchi la concezione delle lezioni come trasmissione unicamente verticale del sapere introducendo, sul modello europeo, momenti di collaborazione fra docenti e discenti; l’importanza di un sistema di welfare indiretto che realizzi davvero il principio costituzionale del diritto allo studio, e di un metodo valutativo che stronchi definitivamente clientelismi e baronie. E ultimo – ma di primaria importanza -, la richiesta esplicita di investire sulle nostre proposte, su questo settore centrale nella vita economica e sociale del paese – assolvendo magari le responsabilità assunte nel trattato di Lisbona. Siamo ancora in fase embrionale, ma questi tasselli sembrano già certi.
A questo primo momento di aggregazione ne seguiranno molti altri, sicuramente anche dopo l’assemblea nazionale. Con l’aiuto di esperti, e diventando esperti noi stessi, scenderemo sempre più a fondo nella questione, entrando nelle dinamiche particolari che ogni generale suggestione implicitamente comporta. La posta in gioco, del resto, è il nostro futuro; il bivio fra una sua assenza o una sua presenza. L’occasione che oggi abbiamo di incidere nella costruzione delle nostre vite – o addirittura di determinarla, non può andare sprecata: potrebbe essere l’unica per molto, molto tempo. Coscienti di ciò, non ci tiriamo indietro.
Gaia Benzi
MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.