06.11.08 – Sconfitto il bushismo. Il mondo torna a sperare

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Non si sa mai. Poteva non accadere. Ma alla fine la buona notizia c’è. Ha vinto Obama e perso Mc Cain. Che non era nemmeno antipatico ma rappresentava, volente o nolente, la continuità con la politica di Bush.
Insomma, i repubblicani hanno perso. La politica repubblicana è stata sconfitta. La guerra preventiva contro l’Iraq basata sulla menzogna delle armi di distruzione di massa, la distruzione dell’Iraq accompagnata da centinaia di migliaia di vittime civili, la rovina di uno straordinario patrimonio architettonico, il rogo di una delle più importanti biblioteche del mondo, lo smantellamento di musei dal valore inestimabile, tutto per acchiappare un dittatore odioso ma completamente estraneo all’attentato dell’11 settembre 2001 e per sostituirlo con un regime inetto e corrotto, incapace di produrre una democrazia autoctona.
Sono sconfitti il privatismo affaristico miscelato agli affari internazionali, l’intramontabile conflitto d’interessi della famiglia Bush (essere allo stesso tempo petrolieri e politici è un’enormità degna dell’anomalia italiana), l’irridente disinvoltura di Cheney nel gestire il suo, la guerra al terrorismo che ha diffuso a piene mani il terrorismo anche dove non c’era, la moltiplicazione geometrica del disordine in un quadro geopolitico già ricco di difficoltà, l’azione di pace in Afghanistan realizzata con azioni di guerra che moltiplicano le vittime civili, lo spirito di Guantanamo, che ha incrinato in profondità la civiltà giuridica americana e fatto scrivere pagine sferzanti ai liberal di tutto il mondo, il liberismo senza freni e controlli che ha permesso la finta moltiplicazione della ricchezza e la rovina di milioni di piccoli risparmiatori.
Insieme al suo partito, insieme al suo renitente continuatore, anche Bush ha finalmente perso. Con due legislature di ritardo, dopo aver vinto per brogli nello stato governato da suo fratello. E’ finita la vicenda imbarazzante di un capo di stato visibilmente impari al compito. Finita l’esibizione della fede religiosa come mezzo compensativo per convincere della bontà delle intenzioni guerresche.
Si torna a respirare. Cresce ora il gioco delle speranze. E’ alimentato dal desiderio di discontinuità, dall’urgenza della crisi economica, dal bisogno di un ruolo più responsabile degli Usa nello scacchiere internazionale. Ma non potrà essere mistificato dalla retorica. Obama deve cominciare subito a mostrare che cos’è il cambiamento. Troverà soluzioni creative per la crisi economica? Chiuderà Guantanamo? Gli elicotteri Usa smetteranno di bombardare civili afgani? Cambiare di colpo la logica e la direzione di una gigantesca macchina organizzativa non è facile. Nemmeno per un leader dotato di indiscutibile carisma. Ma chi ha tirato un sospiro di sollievo alla notizia della sua vittoria aspetta di vedergli prendere iniziative frustrate per otto anni.
E’ appena il caso di registrare i commenti del miles gloriosus di Palazzo Chigi, ansioso di far dimenticare la sua passione per Bush: il nuovo presidente Usa "E’ bello, giovane e abbronzato" (il nostro si sarà accorto della terribile gaffe?) e in ogni caso godrà di un beneficio inestimabile: Berlusconi potrà dargli preziosi consigli perché è più anziano.
Così nell’antica favola la mosca in groppa al bue in mezzo al campo diceva: ariamo.

Pancho Pardi



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