07.11.08 – Un movimento in lotta anche per la laicità dell’istruzione

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Marsciano, borgo agricolo-industriale nei pressi di Perugia: convegno della Fondazione Luigi Salvatorelli: ”Politica e religione in Italia dal Risorgimento al Concilio Vaticano II”, con una tavola rotonda finale sull’oggi, e non senza squarci di analisi comparative concernenti altre realtà nazionali. Qui l’Onda non si vede, né si sente, ma gli echi si percepiscono, sebbene attutiti e sporadici, in accenni dei relatori, negli applausi del pubblico, nelle conversazioni a margine delle sessioni del convegno; ma, da parecchi interventi dei relatori (una trentina, provenienti da 23 atenei), affiorano alcune delle ragioni di lungo periodo che spiegano l’interesse del potere, quello politico e quello religioso, per il controllo della scuola. Ma emergono altresì le pesanti remore che la Chiesa cattolica ha rappresentato nella storia non soltanto della scuola, ma più in generale della cultura italiana, frenando il progresso scientifico, e costituendo un ostacolo alla libertà intellettuale: basti pensare al dibattito sul darwinismo che si svolse nel tardo Ottocento, quando la rivista dei Gesuiti, e principale mezzo di orientamento del mondo intellettuale cattolico, “La Civiltà Cattolica”, definiva il darwinismo “cespuglio germinato da un seme cattivo” e condannava tutti coloro che sia pur con prudenza estrema mostravano qualche apertura verso le teorie evoluzionistiche. Ebbene, si rabbrividisce a pensare che oggi, nell’Italia aduggiata dal “magistero papale” e pesantemente condizionata dalla presenza e, ahinoi, invadenza, vaticana, Darwin stia ridiventando, per ambienti ortodossi, un nome “vitando”, come, del resto, per tanti circoli neocons statunitensi. E arrivano le lucettescaraffie, non più soltanto sull’organo della Conferenza Episcopale, l’“Avvenire”, ma sulle pagine di quello che un tempo fu un bastione della cultura laico-liberale, il “Corriere della Sera” (ebbene, sì! Ancora lui!), a mettere in forse evoluzionismo, o a insinuare l’idea che la vita nasca quando manco ce ne accorgiamo, chissà, quando appena un uomo e una donna si scambiano un bacio; e che termini quando il Papa decide…
Quanto alla scuola, nella storia italiana abbiamo assistito a un difficile processo di affrancamento dell’istituzione pubblica dal peso della Chiesa, e della religione cattolica; processo che ebbe momenti importanti nell’Italia liberale (all’epoca della Legge Lanza, del 1857, dunque alla vigilia dell’Unità, si asseriva solennemente: “L’istruzione è affare non religioso, ma civile”: sante parole! E già nel 1873 il ministro Cesare Correnti provava ad abolire le Facoltà di Teologia, cosa che sarebbe poi riuscita al ministro Scialoja), per poi precipitare nella religione di Stato imposta dal Concordato annesso ai Patti Lateranensi del 1929, e nei gravami che nei programmi scolastici furono imposti e subìti dallo Stato.
Poi venne la lunga stagione democristiana, e la laicità dell’istruzione, pur fatta salvo il suo carattere pubblico (ma si era fatta strada, del resto fin dal 1913, l’istanza di concessione di finanziamenti statali alle scuole private, ossia allora esclusivamente clericali) fu messa gravemente in forse. Oggi, dopo le stagioni delle incertezze e delle contraddizioni, dopo la progressiva ritirata della Sinistra o di quanto ne rimane, dopo l’accettazione pressoché integrale del ruolo politico che le agenzie religiose, a cominciare da quella “cattolica, apostolica, romana” (ma non soltanto, sia chiaro), oggi, siamo sul punto di precipitare in un rigurgito di passato, e di annegarvi. Dietro l’immagine levigata, sbandierata e propagandata di una modernizzazione razionalizzatrice si affacciano fantasmi inquietanti: il ritorno del privato, il ruolo della religione, l’aziendalizzazione, il principio di autorità. La lotta di questo movimento non è interna alla Scuola, all’Università, ma è ben altro. Si tratta di un moto volto ad affermare princìpi essenziali per frenare la deriva della democrazia, la rinuncia dello Stato a compiti primari, la trasformazione della cittadinanza in sudditanza.
Insomma, difendendo la Scuola e l’Università, oggi si difendono interessi generali. Il che non significa che dobbiamo limitarci a difendere l’esistente, ma dobbiamo approfittare anzi di questa situazione per proporre le nostre “riforme”. Ma ne riparleremo.

Angelo d’Orsi


(7 novembre 2008)



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