10.11.08 – Concorsi: no al blocco, sì alla riforma
A casa. Davanti al pc per scrivere questo pezzo. Mi connetto e scarico la posta. Leggo una comunicazione di un collega membro del Cun (Comitato Universitario Nazionale), Luigi Frudà, che ci tiene informati. E ci riepiloga, molto opportunamente, cifre alla mano, la situazione in merito alla minacciata sospensione, o addirittura blocco, dei concorsi universitari; ho dichiarato ieri l’altro, su questo spazio, alcune forti riserve sugli attuali sistemi di reclutamento, non senza esprimere forte preoccupazione per coloro che attendono da almeno tre anni, ossia da quando sono state bloccate le procedure concorsuali, che dovrebbero partire ora, sono per meno di 1800 posti tra le due prime “fasce” della docenza, esclusi dunque i ricercatori.
Poiché i concorsi produrrebbero ciascuno due idonei (che non è detto vengano poi “chiamati” da sedi universitarie, cosa che potrebbe comunque avvenire in un lungo lasso di tempo), sarebbero in tutto circa 3600 persone che salirebbero di grado, liberando peraltro i posti attualmente da loro occupati per eventuali altri concorsi. Gli aventi diritto a fare domanda sono più di venti volte tanti, ossia circa 40.000, interni all’università, e collocati nelle fasce inferiori (ossia ricercatori che aspirano a diventare associati e associati che ambiscono salire al ruolo di ordinario). Ossia siamo davanti alla possibilità di soddisfare le attese legittime, in termini generali, di meno del dieci per cento di persone che da anni – sovente molti anni – studiano, producono, lavorano, facendo andare avanti una macchina sempre più complessa e farraginosa (ci occuperemo di questo in altro momento). Una percentuale, questa inferiore al dieci per cento, che si riduce ulteriormente se si bada ai pensionamenti in arrivo o quelli in atto. Meno del dieci per cento è davvero una quota minima.
Il punto dunque non è bloccare i concorsi, continuando a ripetere (il signor Vespa-Bruno si accoda, ovviamente, come si evince dalle sue pagine o dalle sue parole televisive, trasudanti una melmosa ipocrisia) che il personale docente e ricercatore degli atenei italiani è sovrabbondante, sopra la media europea, ecc. Il contrario è vero.
Detto ciò, e precisato che dobbiamo chiedere che si tengano questi concorsi, il cui blocco sarebbe ingiusto e paradossale anche sul piano giuridico, perché configurerebbe una retroattività delle norme, principio inammissibile (la legge finora consentiva di farli, e le procedure sono state avviate in base ad essa); detto e precisato, dunque, ribadisco che una seria riforma dei meccanismi concorsuali è urgente e necessaria. Pensiamoci subito. Come ieri scrivevo. E pensiamoci dall’interno. Studenti, dottorandi, precari, ricercatori, docenti, si incontrino pensando davvero, per una volta, al bene comune. E avanzino (avanziamo!) una proposta. Facciamola circolare. Smontiamo, anche per questa via, la polemicuzza banale, ma che ha gran presa sul popolo televisivo, ma pure su gran parte dei lettori di giornali “indipendenti”, di “informazione”, secondo cui il nostro è il “partito del no”.
Angelo d’Orsi
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