12.05.09 – Indigniamoci, indigniamoci, indigniamoci
Guai a rassegnarsi, guai a lasciare in mano ai servi i destini della Costituzione, della libertà, della legalità. Più o meno con queste parole il presidente Scalfaro ha concluso la grande assemblea sulla libertà di informazione che si è svolta a Roma. In questo paese, ha aggiunto il presidente, molti, troppi fingono di non vedere e di non sapere, altri hanno rinunciato a ricercare la verità, a dare un nome alle cose, persino a porre le domande, così quello che ha chiamato, in senso lato, il sindacato dei servi rischia di prendere in ostaggio la repubblica, anche con la complicità degli ignavi, dei cerchiobottisti, di quelli che hanno sempre "ben altro da fare", quando sentono le campane dell’emergenza democratica.
Le sue parole sono state salutate da un lungo commovente applauso, quasi fosse un rito liberatorio, il ringraziamento ad un padre della repubblica che continua ad amare la costituzione e i valori racchiusi nell’articolo 2. Ad ascoltarlo in sala, tra gli altri, c’era Sergio Lepri, storico direttore dell’Ansa, un maestro del giornalismo liberale italiano, una persona lontana anni luce da ogni forma di estremismo, pratico e verbale. Questa mattina Sergio Lepri ci ha inviato una lettera, scritta prima dell’intervento di Scalfaro, dal significativo titolo "Indignatevi, indignatevi, indignatevi", ci permettiamo di pubblicarla anche su questo blog:
Indigniamoci, indigniamoci, indigniamoci
di Sergio Lepri
Cari amici, mi spinge a scrivervi il convegno che si è svolto giorni fa nella sede del Cnr, organizzato dall’Anpi, dall’università di Roma "Tor Vergata", dall’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione della stampa. Tema: "Informazione, cuore della democrazia". Tanti sono stati i problemi sollevati; mi fermo su due. Il primo problema, denunziato dal Rettore: la perdita della memoria storica; il secondo problema, denunziato da Sergio Zavoli: la non percezione del pericolo. Ossia: è grave dimenticare le esperienze del passato; è grave che ci sia un pericolo, ma è ancora più grave che del pericolo non ci si renda conto. Per la sua età il Vecchio Giornalista è largamente portatore di memoria e come tale non manca di percepire quei pericoli del momento che hanno molte analogie con pericoli antichi.
Il Vecchio Giornalista è nato e cresciuto sotto il fascismo e dei tanti brutti ricordi di quei tempi lontani ne ha uno che lo angustia ancora oggi e lo preoccupa: l’indifferenza, l’accettazione passiva da parte dei cittadini di ogni provvedimento del Regime, stupido o drammatico che fosse.
Ci dicevano un giorno che era proibito darsi del lei e bisognava darsi del voi; che stupidaggine, pensavamo, e ci davamo, in pubblico, del voi. Ci dicevano che non si doveva dire "insalata russa" (che brutto forestierismo!), ma "insalata tricolore"; che stupidaggine, pensavamo, e nei ristoranti chiedevamo, annoiati, "insalata tricolore". Leggevamo che Tunisi e Biserta erano una "pistola puntata verso l’Italia"; ma questo è un accenno di guerra, pensavamo, e cambiavamo discorso. Peggio: nel luglio del 1938 leggemmo il manifesto degli scienziati razzisti; antisemitismo? che stupidaggine, pensammo; e, non prevedendo quello che sarebbe accaduto solo un mese e mezzo più tardi, ne parlammo con gli stessi nostri amici ebrei e insieme (sì, anche loro) dicemmo: che stupidaggine. Stupidaggine e basta.
E’ un fenomeno che il Vecchio giornalista ha ritrovato più tardi nelle società rette da sistemi autoritari, nella Spagna di Franco, nell’Unione Sovietica, di fronte alle parole e agli atti del Potere: non la rassegnazione, che comporta uno stato emotivo, ma l’accettazione passiva, indifferente di quelle parole e di quegli atti. Come quando grandina, e ci limitiamo a non uscire da un chiuso e rimanere al coperto.
Non succede oggi, amici, qualcosa del genere? Sono soltanto io, siamo soltanto in pochi a reagire con indignazione a certe decisioni del governo, a certi fatti abnormi nel campo dell’informazione?
Mi sembra che sia così, purtroppo. Conflitto di interessi, limitazione delle intercettazioni, lodo Alfano? parlarne è quasi una noia. E l’informazione dei telegiornali del Servizio pubblico? Anni fa ci scandalizzammo del "panino". Vi ricordate? "Panino", prima versione: "Dichiarazione del governo" – "Commento dell’opposizione" – a chiusura "Commento della maggioranza". "Panino", seconda versione (un perfezionamento): "Dichiarazione del governo" – "Commento dell’opposizione" – a chiusura "Commento della maggioranza non alla dichiarazione del governo ma al commento dell’opposizione".
Oggi, altro che "panino"; abbiamo la "fetta imburrata": "Dichiarazione dell’opposizione" e subito dopo, a volte in diretta, "Commento della maggioranza", a base di solidi argomenti come "Sono tutte falsità", "Sono farneticazioni", "Avrebbe fatto meglio a tacere" e così via.
Incredibile è che questa che Sergio Zavoli ha chiamato "mancanza di percezione del pericolo" si diffonda anche nella stampa che non è di Berlusconi o non gli è sottomessa. Esempio. Il rapporto annuale dell’americana "Freedom House, trasmesso dall’Ansa il 39 aprile scorso: l’Italia è in Europa il fanalino di coda in termini di libertà di stampa; l’Italia è scesa dalla fascia alta, quella dei paesi liberi, alla fascia intermedia dei paesi "parzialmente liberi", unico paese dell’Europa occidentale; la colpa: della concentrazione dei mezzi di comunicazione pubblici e privati nelle mani di un solo magnate.
Nessuna sorpresa se i telegiornali, anche quelli del Servizio pubblico, hanno ignorato il rapporto 2009 di un’organizzazione indipendente come "Freedom House", fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e della libertà nel mondo e la cui prima presidenza fu di Eleanor Roosevelt, la "first lady". Sorprende che ne abbiano parlato poco o niente anche i giornali che non appartengono all’area di destra e centrodestra. Giorni fa un collega che lavora in un uno di questi giornali, un giornale nazionale, mi ha detto di aver faticato a convincere direttore e colleghi a pubblicare un sunto del servizio dell’Ansa; è stato poi pubblicato, ma in una pagina interna, in basso.
Manca la percezione del pericolo, come dice Zavoli; manca l’indignazione, aggiungo io. Indigniamoci, amici, e facciamo sentire meglio la nostra indignazione; e sùbito; poi sarà troppo tardi. Non sarà, forse, regime; non sarà dittatura; ma sicuramente qualcosa che non ci piace.
Cosa aggiungere? Solo che facciamo nostre le parole di Scalfaro di Lepri e che tenteremo di tradurle in azioni, in lotte quotidiane contro ogni forma di censura e di bavaglio, a cominciare da quel immenso bavaglio che sarà rappresentato dalla nuova legge sulle intercettazioni che si propone, tra l’altro di porre fine al mestiere del cronista. Se e quando dovesse passare sarà doveroso opporsi con ogni mezzo possibile compresa l’obiezione di coscienza contro una norma che viola la costituzione e riduce le libertà individuali e collettive.
Quanto a Scalfaro a Lepri, per parafrasare Nanni Moretti, che invidia e che ammirazione per questi due splendidi novantenni…
Giuseppe Giulietti
(12 maggio 2009)
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