13.01.09 – Giustizia e tv, il mondo rovesciato

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Vigilanza sui sistemi radiotelevisivi. Nel Partito Democratico vari parlamentari argomentano la necessità di trovare un accordo con Villari (vedi il deputato Mantini e la sua idea di un’intesa tra Veltroni e Villari stesso per fare 5 o 6 cose: grazie al cielo non sapremo mai quali). Invece nel centro destra i furbacchioni che avevano eletto e illuso Villari se ne escono con la trovata: non andremo più in Vigilanza finché Villari non se ne va!
E qui ulteriore rovesciamento. Invece di sbugiardare i furbacchioni e mettere in evidenza che loro stessi avevano creato ad arte il pasticcio, ora è tutto uno sbracciarsi, tra i parlamentari PD, a riconoscere la saggezza dell’ultima mossa. Insomma, se Villari dovrà dare le dimissioni o sarà comunque privato della carica, il merito sarebbe tutto di quelli che avevano prima svuotato la Commissione facendo mancare il numero legale per quarantacinque volte e poi l’avevano improvvisamente assicurato ma solo per scegliere l’unico che aveva ritenuto di accettare i loro voti. Dopo questa storia, se mai ne aveva avute, Villari avrà perso tutte le illusioni. A meno che non sia stata già concordata qualche contropartita.

Riforma della giustizia. Se ne vedono di cotte e di crude. Mancino scopre quanto sia buona l’idea di sottrarre alla magistratura e dare al Parlamento la scelta sui reati da perseguire. Ci mostra così l’inedito quadro di un vicepresidente del Csm che rinuncia alla garanzia costituzionale insita nell’obbligatorietà dell’azione penale. Violante teorizza che nel Consiglio superiore della magistratura è meglio se la magistratura è in minoranza, e, per buona misura, aggiunge che andrebbe tolto al pubblico ministero il controllo sulla polizia giudiziaria, incurante del fatto che il controllo passerebbe al Ministero dell’Interno.
Cose che Berlusconi ha sempre detto e voluto diventano cavalli di battaglia di esponenti di rilievo nel Partito Democratico. E c’è anche chi fa la gara, come il senatore Pellegrino, a dire: io l’avevo detto tanti anni prima. Nel frattempo nessuno si azzarda più a ricordare che l’aspirante riformatore della giustizia qualche mese fa aveva costretto il Parlamento a scioglierlo dal vincolo delle leggi, e che una riforma partorita dalla sua volontà può essere solo grottesca.
Negli stessi giorni Fini fa una mossa a difesa delle garanzie costituzionali e prova a togliere dalla riforma della giustizia gli aspetti che piacciono a Berlusconi, Mancino e Violante. Anche se fosse solo per motivi di opportunità invece che di principio, resta comunque un’imprevista sorpresa. L’aspirazione a diventare uomo di stato può far scoprire, perfino all’alleato di Berlusconi, che lo stato di diritto è preferibile all’uso privatistico dello stato? O si rivelerà anche questa un’illusione?

Pancho Pardi



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