14 dicembre, perché fare un favore al “potere”?

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Sono un giovane studente universitario, ho partecipato a tutte le manifestazioni contro il ddl Gelmini, compresa quella del 14, seppur non nella capitale. Mi schiero però, come tanti studenti, contro le inutili e velleitarie violenze di Roma. Spesso noi “non violenti” veniamo tacciati come “moderati” o “perbenisti”. Io penso che si può essere non violenti pur mantenendo la propria radicalità; penso anzi che radicalismo e violenza siano inversamente proporzionali. Distruggere macchine, vetrine, assaltare volontariamente la polizia sono azioni ingiustificabili. Sono azioni che tra l’altro non spaventano il potere, ma lo agevolano. Permettono al potere di strumentalizzare una giustissima e partecipata protesta, facendola diventare un “problema di ordine pubblico”.

L’obiettivo primario delle proteste dovrebbe essere quello di unire, di conquistare il consenso dell’opinione pubblica; non spaventare e creare terrore. Mi rattrista quando, parlando con mia nonna, mi sento dire che “questi studenti sono criminali”. Mi rattrista vedere la gente comune, la gente estranea alle logiche della politica considerare questa protesta soltanto per il fattore “violenza”; tralasciando le motivazioni che hanno scatenato questa ondata di manifestazioni in tutta Italia. Mi rattrista, ci deve rattristare, ma anche fare riflettere. In fondo abbiamo fatto un favore ai vari La Russa, Gasparri, alla destra autoritaria. Abbiamo fornito loro una facile strumentalizzazione, un pretesto per non rispondere, se non col manganello, alle nostre richieste.

Laureati, stagisti, precari di vario genere, operai cassaintegrati fanno parte di quella fascia di popolazione che rasenta la povertà. Una “povertà” non percepibile direttamente sul piano sociale ma caratterizzata dall’insicurezza, da una precarietà esistenziale oltre che materiale. Notiamo, tutti quanti, un sempre più grande distacco tra la politica e la gente comune. Un distacco causato non solo dalla “compravendita dei voti”, come faceva intendere ieri D’Alema, ma soprattutto un distacco della sinistra. Una sinistra che ha perso i contatti col mondo del lavoro, con gli studenti, con le realtà in lotta.

Manifestiamo questo profondo disagio, il nostro non sentirci rappresentati. Manifestiamo perché crediamo in un’ Italia migliore e siamo ancora giovani per potercelo permettere. Le azioni violente, però, mettono in secondo piano i nostri propositi, ci mettono contro parte della società civile e dell’opinione pubblica. E questo non deve succedere.

Federico La Mattina

(20 dicembre 2010)

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