14.01.09 – Alitalia, il prezzo della svendita
Tutti sanno che il Sole 24 ore non è un giornale comunista. Perciò è molto utile che quanti più cittadini possibile leggano con attenzione l’articolo di Gianni Dragoni sulla vicenda Alitalia: "I prezzi del rilancio".
Lettura istruttiva perché illustra nel modo più breve, semplice e impietoso l’iniziativa disastrosa di Berlusconi. Quella che segue è una elementare parafrasi.
Con l’offerta originaria, contrattata dal governo Prodi, Air France comprava il 100%, si accollava tutti i debiti, versava un miliardo di capitale, non lasciava passività agli azionisti e allo stato tranne il concorso pubblico per coprire i costi dei 2.120 esuberi. E’ bene ripetere: gli esuberi erano solo 2.120. Berlusconi definì l’offerta offensiva perché avrebbe ridimensionato Malpensa e limitato i voli intercontinentali diretti.
Dopo la scelta del governo Berlusconi Alitalia registra 3,2 miliardi di debiti. Solo un miliardo sarà ripagato dall’offerta di Cai. Poi c’è il costo della cassa integrazione per sette anni, che supererà il miliardo.
La nuova compagnia avrà meno rotte e solo 13 saranno intercontinentali e solo 3 da Malpensa, che risulta ben più ridimensionata che nel progetto originale. La compagnia farà un numero di voli inferiore del 30 % a quello di Alitalia e AirOne.
La nuova compagnia avrà il monopolio su molte rotte nazionali e a questo scopo il governo ha bloccato per tre anni i poteri d’intervento dell’Antitrust (che cosa non si fa per la concorrenza!).
Gli esuberi veri sono 9.000, quasi il triplo di quelli dichiarati.
La flotta si riduce a 148 aerei, 90 in meno di quelli di Alitalia e AirOne. E per di più sono diversi: i piloti dei Boeing non possono guidare gli Airbus.
Tutto questo per garantire l’operazione pubblicitaria della compagnia di bandiera. L’italianità sarà a tempo perché tra quattro o cinque anni i capitani coraggiosi, che con pochi soldi hanno preso una compagnia sgravata di tutti i suoi debiti (tutti a carico della cittadinanza), potranno rivendere ad Air France la loro parte. Che potrà così avere una compagnia risanata a un prezzo più basso di quello originario e senza debiti.
Non ci si potrebbe stupire se Berlusconi nel frattempo diventasse azionista di Air France. E non sarebbe male se i sindacati spiegassero perché hanno bocciato una soluzione razionale molto vantaggiosa per essere poi costretti ad accettarne una assai peggiore sotto tutti i profili, anche dal punto di vista degli esuberi.
Errata corrige. Ieri, per la fretta a l’approssimazione, mi sono spinto troppo a considerare bene la posizione di Fini sulla giustizia. Sul punto chiave va presa con le molle. Difende l’obbligatorietà dell’azione penale ma sostiene che "può essere opportuno che sia il Parlamento, sentita la Procura generale della Cassazione, a fissare i criteri per individuare i reati ai quali dare priorità di trattazione". L’unica riserva è che si chiede "se tale metodo deve diventare la regola…o trovare attuazione per un periodo limitato". Bontà sua preferisce la seconda ipotesi.
In sintesi la posizione di Fini resta preferibile agli avventurismi di Mancino e Violante, ma comporta sempre una modifica costituzionale di cui non si sente affatto bisogno.
Pancho Pardi
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