14.10.08 – Gelmini, i dubbi sulla firma di Napolitano

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Centinaia e poi migliaia di messaggi giungono alla Presidenza della Repubblica da parte di studenti, professori, famiglie e organizzazioni per chiedere che il Presidente non firmi la legge di conversione del decreto Gelmini sulla scuola.
Illustrato dai giornali come il decreto dei grembiulini e del voto in condotta, è in realtà assai più temibile per l’accettazione incondizionata dei vincoli imposti dalla legge 13372008: tagli, tagli e ancora tagli alla dotazione finanziaria della scuola pubblica.
Un solo punto per illustrare lo spirito del provvedimento. E’ previsto un taglio del turn over che impedirà il rinnovamento della classe docente: in pochi anni si perderanno nella scuola 87.000 docenti, almeno dieci volte di più di quelli contati dalla previsione più pessimistica sugli esuberi Alitalia. Mentre nuovi giovani affluiranno alla scuola i professori diventeranno sempre più vecchi.
Il Presidente ha risposto che, pur interessato al tema, "non può esercitare ruoli che la Costituzione non gli attribuisce: la stessa facoltà di chiedere alle Camere una nuova deliberazione sulle leggi approvate incontra limiti oggettivi nel caso della conversione di decreti-legge, ed il Presidente ha in ogni caso l’obbligo di promulgare le leggi qualora le stesse siano nuovamente approvate, anche nel medesimo testo".
Con tutto il rispetto dovuto, non ci si può esimere da alcune osservazioni.
La prima. Nessuno ha chiesto ora al Presidente di "chiedere alle Camere una nuova deliberazione sulle leggi approvate". La richiesta che sale dal paese al Quirinale è molto più semplice: non firmi la legge di conversione del decreto Gelmini.
La seconda. C’è un precedente di rilievo. Il fatto che la mancata promulgazione della legge di conversione faccia decadere dopo sessanta giorni il decreto non convertito in legge, non ha impedito al Presidente Ciampi di esercitare proprio questo specifico potere di rinvio alle Camere, con messaggio motivato, della legge di conversione del decreto legge 25 gennaio 2002, n.4, pubblicato in Gazzeta ufficiale n.23 del 28 gennaio 2002 (vedi Nadia Maccabiani in Forum dei Quaderni Costituzionali; www.forumcostituzionale.it, 8 aprile 2002)
Poco importa che il decreto recasse "disposizioni urgenti finalizzate a superare lo stato di crisi per il settore zootecnico, per la pesca e l’agricoltura". Pesa invece che il rinvio sia avvenuto allo scadere dei termini di conversione. Così il veto sospensivo si è trasformato in veto definitivo e il disegno di legge è stato cancellato dall’ordine del giorno dei lavori del Senato "per decorso del termine di conversione". Non solo: la mancata conversione travolgeva retroattivamente gli effetti giuridici già prodotti durante la sua provvisoria vigenza. Tra l’altro il Presidente non ravvisava la sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza che dovevano fondare il decreto medesimo, ed eccepiva anche per "il carattere non omogeneo del provvedimento".
Ora senza la pretesa di dare suggerimenti al Presidente Napolitano, sono già fioccate in commissione e aula riserve profonde sulle ragioni di necessità e urgenza del decreto Gelmini, giacchè esso insiste su processi di modifica della scuola che coprono un lungo arco di anni. Infine chiunque può valutare in libertà quanto sia omogeneo un provvedimento che spazia dal tema "Cittadinanza e Costituzione" (messo al primo punto con finalità cosmetiche), alla valutazione del comportamento degli studenti (art. 2), e poi del loro rendimento scolastico (art. 3), per passare all’insegnante unico (art. 4), all’adozione dei libri di testo (art. 5), al valore abilitante della laurea in Scienze della formazione primaria (art. 6), per concludere con la modifica di un dispositivo precedente in materia di accesso alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia (art. 7).
Insomma chi chiede al Presidente di non firmare il decreto Gelmini non è privo di argomenti, anche di rilievo costituzionale.

Pancho Pardi



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