144 teologi tedeschi chiedono alla Chiesa cattolica una svolta
Luca Kocci
, il manifesto, 7 febbraio 2011
Non si tratta delle 95 tesi affisse da Martin Lutero sul portone della cattedrale di Wittenberg nel 1517, ma il documento sottoscritto da 144 teologi cattolici che arriva ora dalla Germania è altrettanto forte e chiede al Vaticano riforme radicali delle strutture ecclesiastiche e della prassi ecclesiale: fine dell’obbligo del celibato per i preti – forse anche in risposta agli scandali di pedofilia che hanno colpito la Germania, arrivando a sfiorare anche papa Ratzinger quando, fra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 era arcivescovo di Monaco – e apertura alle donne, democrazia nella Chiesa e via libera alle unioni omosessuali.
La Chiesa deve annunciare solo «il Dio di Gesù Cristo che libera e ama», ma può farlo a condizione che «essa stessa sia un luogo e un testimone credibile del messaggio evangelico» e abbandoni il «rigorismo morale arrogante», si legge nel documento dei teologi intitolato Chiesa 2011. Una svolta necessaria, di cui ieri ha dato notizia il quotidiano bavarese Suddeutsche Zeitung. Segue poi l’elenco delle «profonde riforme» richieste a Roma: apertura ai «preti sposati» e alle donne «nel ministero della Chiesa»; la «difesa del matrimonio» non deve portare ad «escludere i divorziati risposati» e tutte quelle «che con amore, fedeltà e cura reciproca vivono in un’unione omosessuale»; e poi maggiore democrazia con l’adozione di «strutture più sinodali a tutti i livelli della Chiesa» e con il coinvolgimento dei fedeli nella scelta dei vescovi. Dopo la «tempesta» dello scandalo pedofilia, scrivono i teologi, non può seguire la quiete, perché sarebbe solo «la quiete della tomba». «Ora – aggiungono – c’è bisogno di cercare soluzioni in uno scambio di opinioni di libero e onesto, per tirare fuori la Chiesa della sua paralizzante autoreferenzialità».
Oltre ai contenuti, sono assai significativi gli estensori e i firmatari del documento, che non provengono dai gruppi storici per la riforma della Chiesa cattolica – come il movimento internazionale «Noi Siamo Chiesa», sorto in Austria nel 1996, cha ha accolto come un «segno di speranza» il documento che, fra l’altro, recepisce diverse delle sue rivendicazioni – ma dal cuore dell’istituzione ecclesiastica: 144 professori delle facoltà cattoliche di teologia della Germania, ma anche di Svizzera e Austria. «Ci saremmo accontenti di una cinquantina di firme», spiega Judith Koenemann, che insegna pedagogia della religione a Muenster. Invece le adesioni sono state il triplo, e molti hanno espresso il loro consenso in privato ma non hanno firmato per timore di ritorsioni da parte dei loro vescovi.
Le prime reazioni della Conferenza episcopale tedesca sono all’insegna della cautela. Le tesi sono «in disaccordo con le convinzioni teologiche e le dichiarazioni della Chiesa al massimo livello», ha scritto in una nota il segretario dei vescovi tedeschi, il gesuita Hans Langendoerger. Ma ha anche aggiunto che è necessario affrontare «gli errori e i fallimenti delle politiche del passato, così come il deficit e il bisogno di riforme del presente», per cui il documento dei teologi potrà contribuire al dibattito «sul futuro della fede e della Chiesa». Chissà cosa ne penserà invece papa Ratzinger, che a settembre andrà in visita pastorale proprio in Germania.
Sempre dalla Germania, un’altra notizia, segnalata dall’agenzia Adista. Padre Peter Klaus Mertes, rettore del collegio gesuita di Berlino, il Canisius Kolleg – dove negli anni ’70 e ’80 furono commessi abusi sessuali sui minori – in una lettera ha dichiarato che al Canisius furono compiute «violazioni sistematiche e continuative», e il collegio sarebbe pronto a stanziare una somma pari ad un milione di euro per risarcire le 205 vittime di abusi. Si tratterebbe del primo indennizzo da parte di una realtà ecclesiastica tedesca, ma assolutamente irrisorio: circa 5mila euro a testa. E infatti Matthias Katsch, uno dei responsabili dei gruppi delle vittime, bolla la proposta dei gesuiti assolutamente inadeguata rispetto agli effetti devastanti delle violenze subite.
(9 febbraio 2011)
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