150mila centenari italiani nel 2050: chi pensa alla loro condizione di vita?

Carlo Troilo

, Associazione Luca Coscioni

I dati dell’Istat sui centenari in Italia sono a dir poco sconcertanti: erano meno di mille negli anni Ottanta, oggi sono 17mila, saranno 150mila nel 2050.

Non a caso, da molti anni le maggiori organizzazioni internazionali si affannano con scarso successo a richiamare l’attenzione degli Stati sul problema dell’invecchiamento della popolazione e su quello, strettamente connesso al primo, dell’aumento del numero delle persone non autosufficienti.

Già nel 2012 l’Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS denunciava 35 milioni di casi di Alzheimer nel mondo, prevedendo che nei soli Stati Uniti questa malattia, verso la metà del secolo, colpirà circa 18 milioni di persone, come gli abitanti dell’Australia.

Il rischio di demenze è già di 1 a 8 per gli over 65 e di uno scioccante 1 a 2,5 per gli over 85, con un impatto sempre maggiore con il passare dei decenni. In sintesi, su 18 over 85 4 si ammalano di Alzheimer.

I costi sanitari stimati attualmente per controllare le varie forme di demenza esistenti nel mondo sono superiori a 600 miliardi di dollari l’anno e si avvicinano rapidamente ai 900 miliardi destinati alla cura del cancro, con grande preoccupazione del Fondo Monetario Internazionale.

Malgrado questa drammatica realtà, solo 8 Paesi su 194 hanno un piano nazionale per affrontare il fenomeno delle demenze, benché vivamente raccomandato non solo dall’OMS ma anche dal Parlamento europeo.

In Italia le stime parlano di un milione di casi, di cui 700 mila malati di Alzheimer. E il fenomeno si aggraverà molto e rapidamente, visto che la UE prevede che nel 2030 gli over 65 (oggi il 19,9% della popolazione) saranno il 26,5%, cioè 14,4 milioni.

Eppure, il sistema sanitario nazionale non fa sostanzialmente nulla per affrontare questo problema: una realtà che ciascuno di noi può vedere nei casi di cui ha diretta conoscenza. I malati di Alzheimer sono affidati totalmente alle cure dei familiari, i quali ricorrono al ricovero in una casa di riposo se ne hanno la possibilità economica, ma più spesso devono farsi carico di una assistenza massacrante dal punto di visto economico, fisico e psichico.

Il solo paese che ha adottato fin dal 1995 un soluzione organica – e molto onerosa per i datori di lavoro e i lavoratori – è la Germania, che con una legge federale, dunque impegnativa per tutti lander, ha dato vita ad un “quinto pilastro assicurativo” (oltre a quelli per pensioni, malattie, disoccupazione e infortuni su lavoro): una assicurazione obbligatoria che aggiunge un onere del 2,5%, prelevato sulla busta paga ma addebitato per metà al lavoratore e per metà al datore di lavoro. Questa assicurazione fornisce alle persone che cadono in condizioni di non autosufficienza ogni tipo di assistenza, basata soprattutto (oltre il 50% dei casi) su quella a domicilio, dove la persona non autosufficiente è assistita da medici, infermieri e fisioterapisti. Oggi circa tre milioni di tedeschi fruiscono delle prestazioni della Pflegeversicherung, con un costo che va dai mille ai duemila euro al mese, a seconda della gravità della non autosufficienza, suddivisa in tre livelli, dal più lieve al più grave.

L’assicurazione è entrata in vigore il 1 gennaio 1995 mediante l’aggiunta dell’XI libro del Codice sociale ed è gestita da apposite Casse (Pflegekassen), istituite presso le Casse malati, che sono enti autonomi di diritto pubblico.
L’assistenza è fornita da società private convenzionate con il SSN. Questo crea qualche problema perché non sempre le società private sono all’altezza del compito e talvolta non si comportano con piena correttezza.
Per sostenere finanziariamente i datori di lavoro nella corresponsione della loro quota è stato abolito un giorno festivo religioso (il giorno della penitenza e della preghiera).

Un altro paese che ha dimostrato se non altro la buona volontà è la Francia, il cui governo ha commissionato e tre diverse commissioni lo studio della situazione e della soluzioni possibili per la “reforme de la dependance”. Da un ampio supplemento di “Le Monde” del marzo 2013 ho appreso i principali risultati degli studi. Da un lato mi hanno colpito i dati sulle conseguenze negative per i caregiver, molto spesso in preda a forme gravi o gravissime di depressione, e in molti casi costretti ad impoverirsi svendendo la nuda proprietà della casa dei genitori per potersi permettere il loro accudimento, costosissimo sia nel caso delle case di risposo sia in quello del ricorso ad una o più badanti. Dall’altro sono interessanti le proposte in positivo per consentire ai malati ed ai “grandi vecchi” di restare nelle loro case con interventi innovativi nel capo della robotica e della domotica, con conseguente creazione di nuove imprese spedalizzate in questi domini e di post di lavoro aggiuntivi.

Temo però che in Francia, a causa della crisi economica degli ultimi anni, non si sia passati dai progetti ai fatti, visto che i corrispondenti da Roma di Le Monde e del Nouvel Observateur non hanno notizia della concreta realizzazione di politiche in questo campo.

L’Associazione Luca Coscioni ha organizzato un seminario sul tema in cui si sono confrontati i maggiori esperti italiani, mentre la corrispondente dall’Italia del quotidiano Die Welt, Constance Reuscher, ha spiegato il sistema in vigore in Germania.

E’ nostra intenzione riassumere in un documento le possibilità di intervento emerse dal nostro seminario e sottoporre delle proposte alle forze politiche, perché in vista delle ormai non lontane elezioni dicano cosa pensano di fare per il gran numero di italiani coinvolti in queste dolorose vicende: quasi tre milioni di persone fra disabili gravi, malati di Alzheimer e “grandi vecchi”. Ed a loro vanno aggiunti almeno tre milioni di caregiver, lasciati soli dallo Stato a risolvere i gravosi problemi esistenziali ed economici connessi alla non autosufficienza.

Basterebbe, per far fronte a questo problema, recuperare il 20% dei 150 miliardi di evasione fiscale, anche (per i grandi evasori) con il ricorso al carcere: in Italia i detenuti per reati fiscali sono 155, in Germania 5.600, negli USA 12mila. Chi se la sente di metterlo nel proprio programma politico?

(23 maggio 2017)



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