16.03.09 – 10 marzo, un giorno da celebrare

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Si potrebbe ricordare d’ora in poi ogni anni come “il giorno dell’onestà”. Quel giorno la Camera dei Deputati era gremita in ogni ordine di posti, con un affollamento singolare. Non un buco, non un posto vuoto in tutta la Destra. Non c’era niente di speciale all’ordine del giorno, nessuna urgenza o emergenza che richiedesse una corsa in Aula anche dei numerosi renitenti.

C’era chi non veniva per abitudine e chi saltuariamente, e a gruppi si davano il cambio. Tanto che molte leggi della Repubblica, in questa sedicesima legislatura, regnante Silvio Berlusconi, sono state approvate e mandate al Senato o alla Gazzetta ufficiale senza il numero legale. E ciò nonostante il fatto che il valoroso presente di turno del Popolo della Libertà si desse da fare con vera bravura nel piazzare almeno due voti per colleghi assenti.

Ma, durante quei bei tempi – che saranno ricordati con nostalgia dei protagonisti – c’era chi riusciva a mettere a segno, con giusta soddisfazione, fino a cinque voti da solo. Vuol dire un solo deputato in un banco da cinque, con le tessere truffaldine opportunamente ottenute e piazzate nei rispettivi posti e la capacità dello straordinario “pianista” di saltare in tempo (ma sotto gli occhi di tutti e l’ammirazione dei suoi da una postazione all’altra, votandole tutte in pochi secondi.

Ovviamente lo spettacolo era pubblico, sotto gli occhi delle scolaresche in visita al Parlamento, assiepate nelle logge del pubblico e probabilmente stupite e divertite delle notevoli prestazioni illegali e truffaldine a pochi metri del Presidente di turno che, tutti, bonariamente lasciavano correre come una “ragazzata”.

Tutto ciò davanti all’intera opposizione. Poche grida, ogni volta. Ma maniere tolleranti dei capigruppo suggerivano che “non vale la pena” e “lasciamo perdere”.

Due urlatori, Di Pietro e l’autore di questo blog, non hanno mai rinunciato. Ma in modo un po’ patetico e invano. Finché Gianfranco Fini ha preteso la raccolta delle impronte digitali e il nuovo modo di votare. Si può solo se il tasto ti riconosce. Da quel momento, che è stato appunto la mattina del 10 marzo, l’Aula di Montecitorio è completamente affollata. Non incassi la “Diaria” se non voti. E un altro non può votare per te.

Adesso la macchina della democrazia sbuffa a soffia un po’ meglio. In attesa, che, secondo la volontà del Capo, votino solo (e qualche volta) i capigruppo.

Il futuro è già cominciato.

Furio Colombo

(16 marzo 2009)



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