16.11.08 – Villari, servitù volontaria

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Bassa cucina di regime. Questa sensazione di mistura vagamente disgustosa si avverte alla lettura di non pochi commenti sulla vicenda della Commissione di Vigilanza sulle telecomunicazioni, che quasi tutti insistono a chiamare Vigilanza Rai per la piatta ragione che la vigilanza sia immaginabile solo per la Rai e non per Mediaset: è in effetti l’amara verità ma un minimo di fermezza non guasterebbe.
I commenti tendono a mettere in evidenza che la vicenda è stata sbloccata dal voto della maggioranza per Villari, senatore del PD. Decenza vorrebbe che prima si ammettesse che era stata bloccata dalla maggioranza che per più di quaranta volte aveva fatto mancare il numero legale. Ma i quaranta e più buchi, atto di crassa prepotenza, sono presto dimenticati davanti alla novità.
E anche qui, prima del voto per Villari, nuovi elogi: la maggioranza ha assicurato il numero legale! Nessuno che dica: la maggioranza, dopo quaranta e più volte in cui l’aveva mancato, ha fatto solo il suo dovere. No, si sostiene che la colpa non era della maggioranza ma di IdV che aveva obbligato il PD a intestardirsi sulla candidatura Orlando. Dunque viva la maggioranza che dopo sei mesi fa finalmente il suo dovere!
L’entusiasmo è tale che il suo voto a favore di un membro dell’opposizione, che l’opposizione non si era nemmeno sognata di indicare, viene ammesso e apprezzato come espediente risolutivo di una situazione bloccata. Passa in sottordine che la maggioranza abbia interrotto la consuetudine istituzionale seconda la quale le presidenze delle commissioni di controllo toccano a candidati dell’opposizione scelti dall’opposizione.
Si dimentica che il centrosinistra a suo tempo aveva accettato l’impresentabile Storace, candidato unico e indiscutibile del centrodestra allora all’opposizione. Nessuno che dica che il paragone tra uno Storace accettato e un Orlando rifiutato è quanto di più inverecondo si possa immaginare. Si ribatte invece: Villari è dell’opposizione; che volete di più? Se l’opposizione non è capace di decidere, la maggioranza si prende la responsabilità di decidere al suo posto. Qui si svela la sua natura intima: la maggioranza che prende le decisioni spettanti all’opposizione rivela la sua pulsione totalitaria.
Ma, alla fine, un candidato dell’opposizione scelto dalla maggioranza è davvero dell’opposizione? E l’opposizione è forse un campionario di controfigure in cui la maggioranza può scegliere a suo piacere quella che più le aggrada?
Si sa: la logica del fatto compiuto ha una sua potenza intrinseca. Come un soggetto ineleggibile e incompatibile con l’esercizio del potere politico in Italia, e solo in Italia, può diventare eleggibile e compatibile solo perché è stato eletto, così la controfigura scelta dalla maggioranza nelle file dell’opposizione si gonfia e si attribuisce da sé la nobiltà del ruolo istituzionale. O, peggio ancora, l’intelligenza del ruolo di mediatore assiso tra gli opposti schieramenti, capace di risolvere la nuova inedita situazione e di indicare un nuovo candidato, questa volta definitivo.
Ma Villari equivoca: avrebbe avuto ruolo istituzionale se fosse stato il candidato dell’opposizione. Ma è ormai, irrimediabilmente, il candidato della maggioranza: se lo accetta diventa solo l’attore di un banale e triste episodio di servitù volontaria. Fatti suoi, ma non ci venga a dire che lo fa per le istituzioni. Eserciti, se vuole, la servitù volontaria ma non pretenda patenti di nobiltà. Come quelle del padrone del centrodestra, se uno se le attribuisce da solo non valgono un fico secco.

Pancho Pardi



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