18 luglio 2008 – Pancho Pardi: Aborto, quando l’obiezione nega il diritto alla cura
di Pancho Pardi
Si apprende dalla stampa quotidiana, e con dettaglio da Repubblica del 17 luglio 2008, di una vicenda avuta luogo presso la struttura ospedaliera Niguarda di Milano. La cronaca riporta di una donna sottoposta ad aborto terapeutico, la quale, a margine dell’operazione, si sarebbe vista negare la somministrazione di una terapia antidolorifica da parte di un medico anestesista, che avrebbe motivato la sua astensione per ragioni legate all’obiezione di coscienza da lui esercitata in virtù della legge 22 maggio 1978 n. 194. Tale diniego avrebbe prodotto sofferenze fisiche e psicologiche alla paziente, la quale avrebbe ricevuto successivamente le necessarie cure da parte del medico primario del reparto, intervenuto a seguito delle molteplici sollecitazioni del coniuge della paziente.
Riconoscendo al medico anestesista la facoltà di ricorrere all’obiezione di coscienza, rimane da chiarire se tale comportamento ricada nei casi previsti dalla succitata norma. Occorre richiamare il dettato dell’articolo nove, che prevede infatti al terzo comma, che “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”.
Anche qualora il comportamento omissivo ricadesse nei casi tutelati dalla legge, rimarrebbe da chiarire se per il professionista obiettore non fosse possibile far pervenire un collega non obiettore, in grado di fornire le cure necessarie alla paziente. In questa seconda circostanza si potrebbe comunque delineare il profilo di una carenza di soccorso di carattere commissivo.
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