20.04.09 – Tornerà pure l’Impero sui colli?
di Angelo d’Orsi
Nel tentato e conclamato ritorno alla grandezza passata di Roma, sotto la guida del dux Alemannicus, un ruolo ha pure la celebrazione dei “natali” della “città eterna”, della città, secondo una leggenda priva di qualsivoglia riscontro scientifico, fondata 2762 anni or sono, da due fratelli, uno dei quali – quello sconfitto – è oggi più famoso del vincitore Romolo, per una delle infinite gaffes culturali di un signore che vorrebbe farsi re. Alludo al “Remolo” inventato da quel gran barzellettiere che risponde al nome di Silvio Berlusconi. Ebbene, rimesso in sesto il nome del povero Remo, la capitale d’Italia, rigurgitante di manifesti che nella grafica stessa parlano davvero la lingua del peggior veterofascismo, si è impegnata nella celebrazione solenne di un falso storico, facendone innanzi tutto un’occasione commerciale: per gli infiniti ristoranti, alberghi, caffè, negozi da shopping, banchetti di vendita d’ogni genere di mercanzie: tutte cinesi, generalmente, che accostano orribili sciarpe pseudocardinalizie con effigiato il sorriso inquietante di Benedetto XVI a mutandoni che recano al posto giusto un membro virile che riproduce quello celebre del David di Michelangelo (che com’è noto si trova a Firenze), e associano, in un ciarpame terrificante lupe capitoline in similbronzo, colossei di similmarmo, riproduzioni di Piazza San Pietro, con il colonnato del Bernini (chi era costui?), in similoro; ma, giacchè ci siamo, aggiungono Torri pendenti, Vesuvi, Palazzi Ducali…
Ma c’è poi l’aspetto politico. Da quanto non sentivamo parlare dei “natali di Roma”? Preavvertendo i pericoli di aver fatto un gesto interpretabile in senso nostalgico, il sindaco ha dichiarato “Voglio sgombrare il campo dai dubbi, non si tratta di una celebrazione retorica ma un evento che dia un’idea esatta di ciò che Roma rappresenta; Roma crea immagini e simboli che si diffondono in tutto il mondo”. Mah! Roma oggi crea simboli? Quali? E non pago ha continuato: “Le celebrazioni non intendono essere il ricordo di un evento ma vogliono dare l’idea di Roma che rinasce sempre e che rinasce con nuove suggestioni culturali”. Eccolo: Roma che rinasce, un’idea che ha avuto tra i suoi sostenitori, lungo i millenni, buoni e cattivi amministratori, da Nerone a Ernesto Nathan, fino alla Roma fascista, quella democristiana, e infine, quella di Giulio Carlo Argan, del mitico sindaco del popolo, Petroselli, e di una luminosa stagione finita (in ogni senso) con Rutelli e Veltroni. Anche Alemanno vuol far rinascere la capitale: e come? Riaprendo il cassetto dei ricordi: non fu il fascismo – quello mussoliniano, di cui fino a poc’anzi, se non andiamo errati, il buon Alemanno è stato un dichiarato ammiratore – a inventarsi la ricorrenza dei “natali di Roma”? E non fu il fascismo a sostituire quella data del 21 aprile al 1° maggio come festa del lavoro? E non fu casuale che proprio in occasione dei natali romani, correndo l’anno 1925, Giovanni Gentile se ne uscì col suo Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le nazioni…
Da Gentile a Ugo Croppi, attuale capo del Minculpop romano, si è fatto un bel cammino… Alla conferenza stampa delle manifestazioni (possiamo conoscere i costi reali?), costui ha ricordato il ruolo di Roma come centro di cultura mondiale: “Roma è una città che può vantare una storia millenaria, con un succedersi di stili architettonici, governi, presenze di artisti in un ambiente costantemente abitato. I cittadini romani sentono l’orgoglio, la consapevolezza della responsabilità che deriva dalla storia e la necessità di custodire lo straordinario patrimonio della Città Eterna per poi renderlo disponibile per il mondo”. No comment, davvero.
Convinti dunque gli amministratori romani che il Campidoglio sia il cuore pulsante della civiltà, in una città che non ha saputo affrontare bazzecole come i trasporti o le problematiche delle borgate, una città comandata da albergatori e affittacamere, da baristi e ristoratori, da tassisti e portaborse, si apprestano a lanciare la loro sfida al mondo: all’insegna della coniugazione di tradizione e tecnologia: i Fori saranno illuminati elettricamente (uh!). E, poiché occorre educare il popolo, studenti delle Medie sono autorizzati a rinunciare a un giorno di lezioni per recarsi in piazza del Campidoglio il 21 aprile. E festeggiare i sacri romani natali. E per pararsi da altre critiche, con un gran dispendio di manifesti (fascistissimi nella grafica), si sottolinea “la fratellanza che esiste tra la nostra città e L’Aquila”. Così l’Abruzzo torna comodo anche in questo caso, dopo tanto infame sciacallaggio.
Il programma già in atto dal 19 aprile comprende cortei storici, concerti bandistici delle Forze Armate, della polizia, dei vigili urbani, un’installazione dal titolo inquietante (Trilogia. Forme di Lupa nel tempo), persino un convegno (Fondare e vivere una città sacra. Roma: la pace e la guerra e la liturgia), altra musica, consegna di premi (“Cultori di Roma”: se ne sentiva proprio il bisogno), e, con la spettacolare illuminazione dei fori (intitolata con sprezzo del ridicolo: “Romagnificat. Dai Fori… la luce”), la mostra “Divus Vespasianus”, al popolo e magari pure al senato romano, distratti o dimentichi, rammenterà, con quella magica parola che di un imperatore ha fatto un cesso pubblico, che esistono anche necessità fisiologiche, a cui non ci si può sottrarre.
Con buona pace del sindaco e della Giunta della città eterna. Che intanto si prepareranno alle prossime tappe per riportare agli antichi splendori bimillenari la “città sacra”, chissà, magari ricorrendo alle aquile imperiali, che torneranno perciò infine ad aggirarsi sui colli fatali.
(20 aprile 2009)
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