20.12.08 – Caso Margiotta, ha vinto la casta
Il tema era “autorizzare o no l’arresto del deputato Margiotta” richiesto dal Pubblico Ministero di Potenza John Woodcock. O almeno così è stata trasformata dai due interventi veementi, appassionati e identici del deputato di destra Panik e del ministro ombra del Pd Minniti.
Entrambi hanno impedito di discutere con chiarezza un importante caso giudiziario di corruzione nel quale emerge, come figura chiave, quella del deputato Pd Margiotta, e che richiedeva senza alcun dubbio di votare l’autorizzazione della Camera ai giudici di continuare l’inchiesta.
C’era, infatti, da parte dei giudici, una richiesta di continuare a indagare. E una richiesta di autorizzare l’arresto di un deputato. Ma alla richiesta d’arresto le carte processuali inviate al Parlamento avevano dedicato solo poche righe (cinque) e poca argomentazione (pericolo di inquinare le prove, in un caso che dura da mesi e in cui prove importanti sono già indicate nelle carte). E’ ciò che ha reso difficile la decisione.
L’intervento di Di Pietro ha introdotto una semplificazione. “Facciano i giudici. Noi non entriamo nel merito. Accada al collega deputato ciò che accadrebbe a qualunque cittadino”.
Giusto. Ma i deputati non vedono mai le carte processuali di “qualunque cittadino”. D’altra parte è sacrosanta la richiesta di non proteggere la casta. Ma un avviso, se e quando arriva ad un Parlamento, deve avere la “motivazione forte” che noi, i sostenitori dei giudici, ci aspettiamo che abbia sempre.
Purtroppo il dibattito su questo punto non c’è stato. Sia l’arringa del deputato Panik di destra che quella del ministro ombra Minniti di sinistra, si sono inseguite nel denunciare la magistratura, evocare come una aberrazione da non ripetere mai più “Mani pulite”, nel redarguire – come se fosse lui l’indagato – il “giustizialista” Antonio Di Pietro, nel difendere il deputato – imputato Margiotta con i toni caldi e alti che un bravo avvocato dedica al suo assistito senza evitare alcun espediente per screditare i giudici.
Alla fine non restava che rifiutare il voto sia a Panik che a Minniti. Nel mare di puntini verdi, che sul tabellone della Camera, indicava il voto plebiscitario destra-sinistra che assolveva da ogni incriminazione il collega deputato Margiotta, si notavano due soli voti diversi:
ERANO DI DI PIETRO, PER L’ARRESTO. E DELL’AUTORE DI QUESTO BLOG. CONTRO L’ASSOLUZIONE E PER L’AUTORIZZAZIONE AI GIUDICI DI CONTINUARE LE INDAGINI. NATURALMENTE LA CASTA, NEL SUO PODEROSO INSIEME, HA VINTO.
Furio Colombo
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