21 luglio 2008 – Furio Colombo: La favola del figlio bocciato

MicroMega

di Furio Colombo

Frase del giorno (uno): “Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. L’inno dice che l’Italia è schiava di Roma. Toh! Dico io!”. E via col dito alzato a esplicitare il dissenso”. La Stampa, 21 luglio

Frase del giorno ( due): “Dobbiamo lottare contro la canaglia centralista. Ci sono 15 milioni di uomini disposti a battersi per la loro libertà. O otterremo le riforme oppure sarà battaglia e le conquisteremo. E’ arrivato il momento, fratelli, di farla finita. La Lombardia e il Veneto hanno la forza di abbattere lo Stato e forse sarà necessario farlo”. La Stampa, 21 luglio

Frase del giorno (tre): “Non possiamo lasciar martoriare i nostri figli da gente che non viene dal Nord. Un nostro ragazzo è stato bastonato agli esami perché aveva presentato una tesina sul federalista Carlo Cattaneo”. La Stampa, 21 luglio

Frase del giorno (quattro): “Dopo 30 anni di scuola di sinistra i nostri studenti sono disorientati. Hanno bisogno di essere guidati dal nostro segretario e dai professori del Nord”. La Stampa, 21 luglio

La prime tre frasi sono di Umberto Bossi (Hotel Sheraton, Padova, Congresso della Lega Veneta, 20 luglio). La quarta della deputata Paola Goisis. Tutte però fanno riferimento al vero dramma che sta bloccando la Storia italiana. Il figlio di Bossi, Renzo, quello che deve ereditare La Lega, è stato bocciato ( è la seconda volta, aveva cambiato scuola) da una commissione di professori del Nord ma presieduta da un prete di nome Caracciolo, in odore di napoletanità.

Si capisce il furore del padre. Il ragazzo è leghista ma non ce la fa neppure in una scuola privata molto costosa. Qualcuno avrà pagato la retta del figlio bocciato. Ma c’è un limite. Anche le scuole private hanno una loro reputazione, e ormai troppi testimoni avevano letto la tesina di Renzo e non si poteva più fingere.

Fa male, ma il ragazzo, benché leghista, federalista e pronto a schierarsi con quindici milioni di volontari della libertà padana, è bocciato per la seconda volta alla maturità. Un altro padre se la sarebbe presa col figlio, che, dicono alla scuola, di Cattaneo e del federalismo (nel senso della media cultura e informazione generale) sa molto poco.

Bossi se la prende con Roma, sbaglia le parole dell’Inno Nazionale, teme di rischiare, oltre alla bocciatura del figlio (avvenuta a Varese in istituto privato scelto dalla famiglia) anche di diventare schiavo di Roma. E non ci sta. Insieme alla frase, che sarebbe segnale di insurrezione in qualunque altro paese, fa il gesto che è di disprezzo prima di tutto per il Quirinale che ha come simbolo la bandiera che Bossi si porta al cesso, e l’Inno di Mameli che viene sempre suonato ad ogni evento pubblico del Capo dello Stato.

Vale di più o di meno l’invettiva di Bossi rispetto a quella di Beppe Grillo? Vale di meno solo se qualcuno ci farà sapere che, come sembra, Bossi non sta bene.
Vale di più se ci sforziamo di ricordare che Bossi è un ministro della Repubblica italiana.


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