21.01.09 – La crisi non c’è, parola di Berlusconi
La crisi non c’è, non c’è mai stata, anzi non ci sarà mai. Il presidente del consiglio ha così liquidato tutti i rapporti internazionali, le cifre fornite dalla Banca d’Italia, gli annunci di licenziamenti e di cassa integrazione.Tutte balle, frutto del pessimismo e della faziosità di un manipolo di antiberlusconiani di professione. Tra questi ci sono anche quei preti e quei vescovi, tanto cari a re Silvio, quando si tratta di acchiappare voti, ma insopportabili quando si mettono a parlare di povertà. Del resto il presidente editore ha già fatto sapere che questa volta non farà cacciare solo i giornalisti e gli autori sgraditi, ma anche i temi a rischio, a cominciare da quelli relativi al malessere sociale, alle vite precarie, alle stragi sul lavoro, alla insicurezza collettiva.
Prima o poi, anche in Italia, come già è accaduto in Argentina, assisteremo a qualche quiz miliardario dove saranno messi all’asta una decina di posti di lavoro.
Invece di perdere tempo a processare Santoro, il consiglio di amministrazione della Rai farebbe bene a promuovere un ciclo di inchieste sulla devastante questione sociale che sta attraversando l’Italia. Sarebbe ora e tempo di ridare la parola a quei soggetti sociali che sono stati letteralmente cancellati dalla rappresentazione mediatica prevalente.
Dal momento che la miseria non c’è e la crisi neppure, vogliamo proporvi una riflessione che ci ha inviato una giovane e brava giornalista di Milano, Giulia Cusumano:
Aveva 42 anni ed aveva freddo. E’ morto così, dimenticato su una panchina, come una cartaccia abbandonata da un passante. E’ il sesto dall’inizio dell’anno, a Milano. Praticamente un morto ogni due giorni. Il freddo che perfora le ossa, il gelo che paralizza le forze, la pioggia che martella con insistenza e cattiveria le tempie. La solitudine fa il resto.
Milano si risveglia e va avanti, perché in fondo poco conta la morte di un barbone. Nessuno ne sentirà la mancanza, nessuno chiederà di lui.
Lui era Nessuno.
Nessuno si chiamava Claudio, era pugliese, anni fa faceva il meccanico. Da tre anni quella panchina di piazza Durante era diventata la sua casa, i fogli di giornale la sua famiglia. La notte la passava in una macchina abbandonata in via Padova, di solito.
Non ieri sera.
Ieri sera si è addormentato su quella panchina.
Chissà perché.
Aveva qualche conoscente, nella zona, che ogni tanto gli offriva un bicchiere di latte o un piatto di zuppa calda. Forse si sentiva un po’ meno solo, ogni tanto.
Uno tra i tanti a morire nella regione con il primato nazionale dei morti per il freddo. Lo dice oggi l’Osservatorio di Milano. Non ci sono posti letto, a Milano. Quattromila persone dormono per la strada, nella città dell’Expo 2015. Il 70% delle vittime ha origine straniera. Si sa che gli stranieri sono più ultimi degli ultimi.
Uno, nessuno, centomila.
L’esercito degli invisibili che non si guardano, che non si sentono, che non si vogliono. Che solo quando muoiono, si contano.
Ci piacerebbe che qualche grande tg riprendesse la denuncia di Giulia e ci raccontasse magari le storie di queste sei persone morte assiderate nella civilissima Milano. Sappiamo tutto sulla vita di Kakà e sugli sforzi sovrumani di Berlusconi per tenerlo a Milano, non sarebbe male se a qualcuno venisse in mente di raccontare anche le altre storie che si sono consumate nelle stesse ore in quella che un tempo veniva chiamata la capitale morale.
Giuseppe Giulietti
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