21.12.08 – Nassiriya, le responsabilità del governo
La sentenza del tribunale militare, che condanna a due anni il generale accusato di non aver adottato tutte le misure di sicurezza necessarie alla protezione della base Maestrale, riporta alla memoria l’attentato di Nassiriya, in cui il 12 novembre 2003 morirono 19 italiani e 11 iracheni.
Evito qui di intervenire nel merito della sentenza, emessa al termine di un rito abbreviato, che ha assolto il generale incaricato in precedenza e ha rinviato a giudizio con rito ordinario il colonnello comandante del reggimento dei carabinieri di stanza nella città.
Ricordo invece che nel mio libro “La spina nel fianco. I movimenti e l’anomalia italiana” (Garzanti, 2004, pagg. 268-274) avevo sostenuto una tesi abbastanza ovvia.
All’origine c’era l’irresponsabilità del secondo governo Berlusconi che aveva inviato soldati in missione di pace in un teatro di guerra e aveva perciò incoraggiato comportamenti poco adatti al contesto. Subito dopo l’attentato si sprecavano le sorprese: portavamo latte e giocattoli ai bambini, non si poteva pensare di essere colpiti in questo modo.
Ma sarebbe bastata la cronaca dei mesi precedenti per prevedere. Pochi mesi prima era stata fatta saltare una base Onu e, se questo non era avvertimento sufficiente, circa un mese prima un attentato aveva devastato la sede della Croce Rossa internazionale. Che cosa ci voleva per capire che le prossime vittime sarebbero stati i soldati italiani? I più esposti in quel momento e in quel luogo come alleati nella guerra preventiva, di cui è stata poi accertata la totale mancanza di fondamento?
Se il ministro Martino si fosse occupato meno dei telegiornali propagandistici e più della salute dei militari non avrebbe avuto difficoltà a capire l’emergenza estrema che li minacciava: l’autorità politica non deve necessariamente delegare tutte le preoccupazioni ai comandi militari. E in questo caso ha mancato proprio sul terreno della previsione politica. Tra l’altro non erano mancati avvertimenti da parte dei servizi investigativi.
Un ministro che avesse avuto a cuore il destino delle truppe, subito dopo l’attentato alla Croce Rossa, avrebbe fatto verificare le condizioni del loro acquartieramento e avrebbe tempestivamente consigliato ai comandi di spostarle in una sede più sicura e difendibile. Invece niente. Niente anche da parte dei comandanti. La base Maestrale, contro tutte le ragioni di precauzione, stava affacciata su una strada di facile accesso. E infatti il camion con 3.500 chili di esplosivo travolse con relativa facilità le scarse difese contrapposte. Mai lo stupore successivo alla tragedia fu così immotivato.
Dopo l’attentato il potere politico ha esercitato senza pudore, con la complicità dei mezzi di informazione asserviti, la retorica patriottica a copertura di tutte le mancanze di prevenzione. I poveri morti, vittime inconsapevoli, sono stati celebrati come eroi. Ma è ragionevole ritenere che avrebbero preferito evitare l’encomio.
Bush, qualche giorno fa, ha ammesso che l’invasione dell’Iraq è stata decisa e realizzata sulla base di informazione prive di validità e ha aggiunto che oggi forse non prenderebbe la stessa decisione. Chissà se il ministro Martino ripensa ogni tanto ai soldati e ai civili morti a Nassiriya.
Pancho Pardi
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