22.04.09 – 25 aprile, Berlusconi mira al Quirinale

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Con l’aria da padre della patria che ormai ha assunto in pianta stabile e che ha esibito usando come occasione di fortuna la disgrazia del terremoto (con una cura speciale rivolta a scoraggiare indagini troppo stringenti sulle responsabilità penali), Berlusconi ora annuncia trionfante che parteciperà alle celebrazioni del 25 aprile: non posso lasciarlo alla sinistra.
Alla domanda "perché prima non vi partecipava?" molti ben disposti interpreti delle sue mosse hanno già risposto con la massima franchezza. Prima la festa era troppo rossa; ora che il rosso della politica italiana è un rosa stinto, Berlusconi copre anche quella festa e adotta un atteggiamento confacente alla sua ultima aspirazione: l’ascesa al Quirinale. La diagnosi è realistica e va presa sul serio. Non va considerata una millanteria da parte sua e un desiderio irrealizzabile dei suoi adoratori. Il pericolo c’è e sta crescendo come una valanga inarrestabile.
Con la classe dirigente che ha avuto di fronte come avversaria, Berlusconi è come quel generale fortunato che vinceva le battaglie senza aver bisogno di combatterle. Protetto dalla casta della prima repubblica ha potuto rappresentarsi come campione liberista della concorrenza mentre diventava monopolista. Ineleggibile, ha potuto essere eletto. Incompatibile col potere politico ha potuto prenderselo e tenerselo. Analfabeta costituzionale vagheggia una riforma della Carta a sua immagine e somiglianza per interpretare la democrazia come rapporto plebiscitario e a senso unico tra capo e popolo.
Quindi il ruolo di presidente della repubblica a lui piace soprattutto se corredato dai poteri maggiori che la sua idea di riforma costituzionale dovrebbe attribuirgli. Ma ciò non ci deve consolare: anche se arrivasse al Quirinale dotato solo, si fa per dire, dei poteri attuali, il fatto sarebbe di una gravità indicibile e produrrebbe una distorsione irrimediabile della democrazia. Un soggetto che si è tratto da più di un processo per corruzione della magistratura solo in virtù di leggi concepite a questo esclusivo scopo diventerebbe il presidente del consiglio superiore della magistratura. Ma ancora più grave sarebbe vedere alla presidenza della repubblica il proprietario dei principali mezzi di comunicazione privati.
E’ tutta responsabilità della classe dirigente di centrosinistra non aver capito che era suo dovere primario garantire la più totale separazione tra politica e comunicazione. Non l’ha fatto e ora la resistibile ascesa del soggetto che ha da tempo politica e comunicazione nelle sue mani è a un passo dal trionfo. A questo punto è inutile recriminare. Ma è inutile anche fare appello a chi non ha saputo impedire il disastro. A questo punto bisogna chiedere che la società italiana sappia trovare dentro di sé nuove energie prima di sprofondare nell’ignominia di Mediaset al Quirinale.

Pancho Pardi

(22 aprile 2009)



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