23 ottobre, l’adesione di don Carlo Sansonetti

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di don Carlo Sansonetti

Carissimi,

mi faccio presente con la parola perché sono lontano geograficamente da Roma e non mi è possibile venire.
La problematica che ci convoca non riguarda in primo luogo noi, ma la necessità e quindi la gelosia di cercare la verità di Dio dentro le tensioni della storia. La riflessione all’interno della Chiesa, se non si fa a partire dalle provocazioni della storia, se non si fa, potremmo dire con una famosa frase, a partire dai “segni dei tempi”, rischia di essere semplicemente ripetitiva e perciò escludente qualsiasi “sviluppo interno”, come direbbe San Vincenzo di Lerins, cadrebbe la sua ortodossia e non sarebbe più cattolica.

Il tema del fine vita è uno di questi “segni dei tempi”. Infatti, come giustamente ha sottolineato il documento di “Noi siamo Chiesa”, “si dice sempre che la vita umana deve essere tutelata “dal concepimento alla morte naturale”. Ora negli ultimi decenni i progressi nel campo della medicina e della farmacologia hanno consentito di interferire pesantemente proprio nel processo della “morte naturale”. L’exitus che fino a poco tempo fa avveniva in termini temporali relativamente brevi, oggi può essere allontanato in maniera indefinita, pur senza alcun miglioramento sostanziale della vita e della sua qualità per il paziente. Ora è possibile ancora utilizzare il termine “morte naturale” a fronte di sistematici e diuturni interventi artificiali, non solo attraverso l’idratazione ed alimentazione forzate (entrale o parenterale), ma attraverso consistenti dosaggi di farmaci, altrettanto necessari, che vengono somministrati per le medesime vie? Insomma vi è un limite o no?”. A me pare che sono queste le considerazioni, obbiettive e vincolanti, che esigono una risposta molto più riflettuta, partecipata e dibattuta su questo tema tanto nuovo.

C’è poi da osservare che questo tema fa venir su anche un argomento molto antico, cuore della nostra fede, che trova in Gesù stesso il realizzatore supremo: forse, se fossero stati presenti a fianco di Gesù, mentre Lui si incamminava decisamente verso Gerusalemme, cioè si incamminava deciso verso il momento e il luogo della sua morte, forse certi ecclesiastici, come Pietro, avrebbero potuto avvertire Gesù che stava per commettere un grave peccato mortale, per cui non gli si sarebbero potuto fare nemmeno i funerali religiosi…

Credo allora necessario dichiarare l’ovvio, che cioè noi, come ogni cristiano, ci presentiamo come amanti della vita, per una ragione in più: crediamo nel “Dio della vita” e lo amiamo perché è tale. “Ritornate figli dell’uomo”, Egli ci dice alla fine della vita; cioè a dire: “ritornate alla vostra eternità”, perché è proprio il Dio della vita e noi siamo chiamati a vivere in Lui, sia ora, prima della morte, che dopo di essa. Credo che le nostre considerazioni si dovranno muovere sempre a partire da questa fede che ci esige la difesa della vita sempre. E lo facciamo, ripeto, perché crediamo nel Dio della vita e non perché ci afferriamo come ad un possesso eterno a questa vita terrena.

E allora credo opportuno ricordare, come già ha detto qualcuno trenta anni fa, che “se si accetta che lo Spirito di Dio continua ad operare nella storia e nella Chiesa, allora non dovrebbe sorprendere né che si continui a cercare nella storia la attuale manifestazione di Dio, né che questa manifestazione sia storicamente apportatrice di novità. Negare questa possibilità sarebbe negare efficacemente l’azione dello Spirito di Dio, sarebbe negare in actu l’essere maggiore di Dio, del quale ci parlano il Nuovo Testamento e la Tradizione, e sarebbe negare la prima e più ortodossa verità su Dio: la sua realtà trinitaria. Impaurirsi della novità nella teologia è semplicemente impaurirsi di Dio, per la paura che la Sua parola attuale giudichi la Chiesa, la sua autocomprensione e le sue realizzazioni” (Jon Sobrino).

Sottoscrivo perciò, ancora una volta, qualsiasi documento che richieda altri approfondimenti –condivisi e dibattuti- sul tema del fine vita.

Lo spirito che ci ha riuniti su un tema specifico sorga ancora oggi dalle nostre Eucaristie e ci unisca perfettamente a Cristo e perciò anche a tutti coloro che stanno vivendo ora il momento del passaggio da questo mondo a Dio.

In fraternità e speranza,
Carlo Sansonetti

(24 ottobre 2009)



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