23.09.08 – Perchè l’esercito è inutile per combattere la camorra

MicroMega

Cinquecento soldati in arrivo a Castelvolturno, oltre ai 400 tra carabinieri e finanzieri, per combattere la recrudescenza malavitosa che da maggio va intensificandosi, ma che solo ora acquisisce i connotati d’emergenza.
Leggendo l’articolo di Saviano pubblicato lunedì su Repubblica, dove si indicano addirittura i più probabili luoghi di latitanza dei presunti killer della “banda di fuoco” – tutti nella provincia di Caserta – si ha la sensazione che “i novecento” per portare a termine la cattura non debbano fare altro che suonare al citofono.

Mettere i soldati in strada fa scena. Il governo l’aveva già sperimentato col Pacchetto Sicurezza: tremila soldati diluiti fra decine di migliaia di agenti di polizia, carabinieri, finanzieri. A guardia di discariche in cui l’opinione pubblica non doveva curiosare, ritti agli incroci di territori metropolitani di cui ignorano tutto, ma buoni per essere raccontati da giornalisti compiacenti sui giornali (i turisti che si fanno fotografare accanto a loro! Anche questo abbiamo dovuto leggere) o meglio ancora messi al centro dell’inquadratura giusta nei telegiornali. Esibiti come strumenti di una rassicurazione illusoria.
La strage di Castelvolturno è orribile da tutti i punti di vista. Ma pone problemi ben diversi da quelli che si possono risolvere con i soldati nelle strade. Le pattuglie omicide si catturano con l’investigazione specialistica. Ma la ribellione degli sfruttati e schiavi immigrati alla potenza illimitata del mercato (illegale e legale) si affronta solo con l’immaginazione analitica, con la capacità di leggere la dinamica sociale e il conflitto etnico, con la massima sobrietà nell’uso della forza legittima.
I soldati nelle strade, senza loro colpa, avvalorano la tesi governativa secondo cui i fatti criminali sono al massimo deviazione dalla normalità sociale: crimine e legalità appaiono come mondi contrapposti. Non lo sono affatto, tanto meno in Campania, dove sono intrecciati in nessi abituali e multiformi, in cui la politica gioca un ruolo fondamentale.

Proprio ciò che il governo rifiuta anche solo di guardare. E purtroppo non solo il governo, ma la politica intera (quasi intera). Così danno fastidio quasi universale le recenti inchieste dell’Espresso, a firma De Feo e Fittipaldi, che svelano, testimonianze alla mano, connivenze imbarazzanti tra vertici di camorra e politica. Malavita in doppiopetto che opera indisturbata con relazioni nelle aule parlamentari, contratta con grandi aziende, gioca in borsa. Malavita legale che può essere perfino confortata dai soldati nelle strade: l’allarme sociale teme lo scippo e la coltellata, non l’anonimo corso delle quotazioni azionarie. Cose queste che non meritano l’attenzione del ministro Maroni. Mentre alle inchieste giornalistiche si risponde con perquisizioni all’alba nelle case dei giornalisti e l’immediato sequestro dei loro hard disk.
Assistiamo all’alba di un nuovo ordine? I cittadini facciano la massima attenzione al prossimo disegno di legge sulle intercettazioni. Ci sono cose che la giustizia non deve sapere e che i giornalisti non devono far sapere?

Pancho Pardi



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