24.09.08 – Tempi bui per la libera informazione

MicroMega

Notizie tristi dal fronte dell’informazione. Nel paese in cui il vertice del potere politico è nelle mani di un monopolista televisivo che ha larghi possessi anche nella stampa, la vita di chi vorrebbe fare informazione non è facile.
La 7 avrebbe potuto essere la rete televisiva in grado di introdurre sulla scena un minimo di pluralismo. Essere sola di fronte a tre reti pubbliche e tre reti private non sarebbe stato comunque facile. Ma la proprietaria Telecom, in cambio di buone relazioni col governo del monopolista sulle tariffe telefoniche, l’ha sempre tenuta saggiamente al minimo dei giri e col freno tirato. Non doveva superare il 3 per cento dell’audience e così ha fatto.
Ma lavorare a basso regime alla fine danneggia e così ora La 7 è in crisi: tagli al budget, giornalisti licenziati, ridimensionamento dei programmi. Così, ora che le reti pubbliche e private sono di nuovo tutte sotto il controllo del monopolista al governo, il pluralismo televisivo vede in procinto di staccarsi ("come d’autunno sugli alberi le foglie") anche la sua ultima pallida foglia di fico. Ma la televisione si sa, è cosa sua.
Sul fronte della stampa è ancora peggio. Il taglio introdotto dal micidiale decreto legge 112 (che strozza scuola, università, ricerca e sanità) strangola la stampa meno ricca: giornali di partito, cooperative di giornalisti .
Qui si verifica un fenomeno pericoloso, indice di disinteresse e qualunquismo. Molti, senza sapere quello che fanno, gongolano per la sventura della stampa di partito. Ma non sanno ciò che afferma Enzo Raisi, parlamentare di An e amministratore del Secolo d’Italia. Secondo ciò che scrive oggi sul suo giornale dei 700 milioni di euro destinati in varie forme ad aiuti alla stampa solo 20 milioni andrebbero ai giornali di partito. E gli altri come sono ripartiti? Mi mancano dati aggiornati ma può essere utile sapere che nel 2005 i fondi destinati all’aiuto per le spedizioni in abbonamento erano così ripartiti:
– Mondadori 18,8 %
– Il Sole 24 Ore 17,8 %
– RCS (Corriere) 13,7 %
– S.Paolo 6,9 %
– Espresso-Repubblica 4,6 %

Insomma mentre i giganti della stampa potranno fronteggiare i tagli della finanziaria dall’alto di bilanci imponenti, i piccoli giornali non solo riceveranno molto meno di prima ma non potranno mettere le somme a bilancio perché non potranno sapere in anticipo a quanto ammontano. Detto con la necessaria brutalità, da domani rischiano il fallimento. Il principio costituzionale fissato dall’articolo 21, che dovrebbe garantire la libera espressione del pensiero da parte di tutti, da domani assisterà impotente alla crescita del dominio monopolistico sull’informazione e al progressivo annichilimento delle testate piccole e indipendenti. Giornali come Il Manifesto, che hanno segnato più di una straordinaria stagione nella poco entusiasmante storia della stampa in Italia, rischiano di chiudere.
I cittadini che hanno a cuore la democrazia, la libertà di stampa e di pensiero devono trovare il modo di manifestare la loro ribellione e di affermare il diritto di tutti a non subire un’informazione uniformata e inquinata all’origine.

Pancho Pardi



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