26.10.08 – E Cossiga invoca il terrorismo di stato
Ho letto in ritardo questa intervista di Cossiga. Mi ha fatto venire in mente la clausola finale di un articolo di Scalfari di tanti anni fa, quando il presidente Cossiga, dall’alto della sua irresponsabilità costituzionale, picconava la politica italiana con interventi allusivi che solo gli intenditori erano in grado di capire e che solo i qualunquisti applaudivano. In seguito a una sua esternazione particolarmente imbarazzante, soprattutto per lui stesso, il direttore di Repubblica lo pregò: Presidente, per carità di patria, stia zitto!
L’invito cadde nel vuoto. Il presidente continuò a parlare. E anche da presidente emerito insiste. L’intervista qui sotto si commenta da sola. Alcuni passaggi sono così esagerati da sembrare inventati per nuocergli. Invece Cangini ha naturalmente riportato ciò che ha sentito e che noi trasecoliamo a leggere.
Non stupisce che la maggioranza di centrodestra lo consideri una sua icona. E la sua adesione non è solo approvazione verbale. Di recente in Senato ha appoggiato la sua iniziativa di avanzare un incidente di attribuzione nei confronti della Cassazione a proposito del caso Englaro. Un’operazione che mirava a rappresentare il centrodestra come difensore della vita e il centrosinistra schierato con la morte. Istanza rigettata pochi giorni fa seccamente dalla Corte Costituzionale.
Pancho Pardi
Presidente Cossiga, pensa che minacciando l’uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?
«Dipende, se ritiene d’essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l’Italia è uno Stato debole, e all’opposizione non c’è il granitico Pci ma l’evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».
Quali fatti dovrebbero seguire?
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».
Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».
Gli universitari, invece?
«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che…
«Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».
Anche i docenti?
«Soprattutto i docenti».
Presidente, il suo è un paradosso, no?
«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».
E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».
Quale incendio?
«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».
E’ dunque possibile che la storia si ripeta?
«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».
Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.
«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama…».
Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente…
«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all’inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com’era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla… Ma oggi c’è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente»
Fonte: Andrea Cangini, Quotidiano Nazionale (Il Giorno /Resto del Carlino/La Nazione)
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