31.10.08 – L’ebbrezza dell’agorà

MicroMega

Ancora a Catania. Vivo qui la manifestazione/mobilitazione che secondo logica governativa avrebbe dovuto essere annullata. E invece… Invece, a Catania come a Torino – sono in collegamento diretto quasi minuto per minuto –, migliaia di persone sono scese sulla pubblica via. Tutti dicono: erano trent’anni che non si vedeva una manifestazione così….
La parola ritorna, o meglio rimane alla piazza. La piazza non serve, ci hanno ammonito, in questi giorni, gravemente, alcuni personaggi ectoplasmatici che non hanno deciso da che parte stare; gli altri, quelli contro cui la piazza d’Italia si sta scatenando, invece ribattono che non c’è piazza che tenga e che la vera piazza è nelle urne. Sono gli stessi che dopo l’esito elettorale del 2006, urlavano ai quattro canti che il popolo avrebbe espresso in piazza quel risultato positivo che la sinistra, al solito, aveva “scippato”. I medesimi che dichiararono, facendo psittacisticamente eco al Capo Supremo, che a piazza San Giovanni avevano “portato” più di due milioni di persone. E che quello rappresentava la vera elezione, contro “il teatrino” e “i riti stanchi” della politica. Ora hanno rovesciato la loro posizione, e negano ai loro avversari i numeri che per sé avevano sbandierato. E ribadiscono: la politica è quella del parlamento. Di un parlamento ferreamente aggiogato dal nuovo demiurgo.
E invece, sorry, la politica nasce nell’agorà e ora, in queste settimane di passione, ci sta ritornando. E come stupirsene?
Quante sono le categorie danneggiate dalla “riforma” Gelmini? E dunque ecco un dato che emerge, forte, innovativo, e che distingue questo movimento, di quelli nati nella scuola, da ogni altro precedente in età repubblicana. A Catania, Torino, Milano, Roma, Napoli, Pisa…, l’azione antigovernativa – fatta di protesta, ma anche di analisi, di cortei, ma pure di seminari, di occupazioni che non sospendono le lezioni, di negazioni e, insieme, di proposte – si è manifestata come intercategoriale e intergenerazionale. Sono i due caratteri forti, e del tutto nuovi, di questo autunno che si sta scaldando e ci riscalda infine i cuori dopo tanto gelo.
L’altro tratto distintivo, che abbiamo visto però già altre volte in passato, ma che fa davvero piacere riscoprire, è la sua assoluta spontaneità. Ho visto marciare al mio fianco, in questa settimana che si chiude con la gridata “vittoria” gelminesca (ossia berlusconiana, tremontiana, brunettiana), maestre cinquantenni con i cartelli “sono una maestra unica”, professori in pensione che difendono la dignità di una vita spesa tra i banchi di scuola, fanciulli delle medie, scolaretti delle elementari, uiniversitari. Ragazze variopinte, sessantenni con la cravatta, vecchi e nuovi militanti sindacali, colleghi e colleghe dell’Università; e tanti, tanti, tanti devoti, obtorto collo, di “San Precario”. Facoltà scientifiche e umanistiche, Politecnico e Medicina, Giurisprudenza e Lettere; soprattutto, Scienze politiche, come è ovvio e giusto, in prima linea. Per questi dottorandi, borsisti, assegnisti, che sovente hanno anni di lavoro organizzativo e didattico alle spalle, gravati di compiti e incombenze necessari al funzionamento della macchina universitaria, ma che spesso danneggiano il loro piano di lavoro scientifico. Per loro si tratta di un’occasione da non perdere. Non solo per dire no alla ministra, ma per rivendicare un riconoscimento del loro lavoro e pretendere che l’istituzione sappia impostare diversamente il loro lavoro. Sappia diversamente pensare il loro futuro, quel futuro che, se non si cancella l’abominio approvato dalle Camere tra agosto e ottobre, sarà dietro le loro spalle.
Ma avendo visto, direttamente o indirettamente, come si è dispiegata la giornata odierna, il mio ottimismo permane. Oggi c’era da sorridere e persino da piangere di commozione davanti a tanta mobilitazione. Ora si tratta di perseverare, e neppure questo basterà. Occorrerà capitalizzare questa giornata, e farne un nuovo punto di partenza. Si studieranno forme, modi, obiettivi intermedi e finali. Ma oggi, lasciateci godere fino in fondo l’ebbrezza dell’agorà.
Angelo d’Orsi



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.