5.03.09 – Caffarella, ingiustizialismo forcaiolo

MicroMega

Assassini, assassini, urlava la folla inferocita… assassini, assassini, hanno ripetuto per giorni i mazzieri mediatici di una destra forcaiola e anti garantista.

Per lor signori le garanzie, infatti,si applicano solo e soltanto agli amici degli amici.
Ci riferiamo, ovviamente, al caso dei rumeni accusati di essere gli autori dell’orrendo stupro consumato nel parco della Caffarella a Roma. Le ulteriori indagini compiute con grande scrupolo dagli inquirenti avrebbero evidenziato una non coincidenza tra il dna degli accusati e le tracce ritrovate sul corpo della vittima. Non sappiamo quali saranno gli ulteriori sviluppi, magari sarà persino confermata la loro colpevolezza, ma quanto sta accadendo conferma che la cultura e la pratica del dubbio hanno ormai lasciato il posto ad una ondata di intolleranza, al pregiudizio diffuso contro gli immigrati e contro l’etnia rumena in quanto tale.

Il rumeno, come il rom, è comunque colpevole, contro di lui tutto è lecito, persino la condanna in effige come si usava nel medioevo. Sappiamo tutto sul rumeno che delinque, ma ignoriamo che si tratta anche della comunità che ha conquistato il primato dei morti nei cantieri dell’edilizia. In questo caso i rumeni ammazzati non fanno notizia, perché lavorano in nero per qualche caporale italiano, un nostro connazionale e dunque una brava persona per definizione.

Qualche giorno fa un gruppo di coraggiosi radicali, guidati da Sergio D’Elia, dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, aveva provato a richiamare l’attenzione generale su queste vicende. Nei loro confronti si scatenò una durissima campagna di insulti e di aggressioni. Alcune radio romane li indicarono alla pubblica gogna. Rita Bernardini, deputata radicale, fu subissata di lettere minacciose e offensive.

Quelli che invocano le garanzie per i potenti, non hanno ritenuto di spendere una parola per questo linciaggio politico e mediatico.

Quanto sta accadendo non è il frutto di un destino cinico e baro, ma la logica conseguenza del disprezzo verso lo stato di diritto, verso la carta costituzionale, verso quella laica cultura del dubbio tanto svillaneggiata dagli integralisti di ogni colore.

Le prove generali, per altro, si erano già verificate a Ponticelli quando fu scatenato l’inferno contro i rom accusati di aver sequestrato e venduto una bambina. Non era vero nulla, ma chi se lo ricorda?

I giornalisti e le loro organizzazioni si stanno meritoriamente battendo contro la legge bavaglio sulle intercettazioni, ma adesso è davvero giunto il momento di aprire un fronte interno contro chi omette, censura, nasconde le verità scomode, si piega allo spirito dei tempi, anzi fomenta i peggiori istinti razzisti e xenofobi.

Non sappiamo, lo ripetiamo, come finirà questa vicenda, ma ci sembrerebbe doveroso che, dopo aver sbattuto in prima pagina la presunzione anzi la certezza di colpevolezza per i rumeni, si provveda adesso, con le stesse modalità, a far conoscere le ragioni di una possibile presunzione di innocenza.

Nel dibattito politico corrente viene spesso usata la parola “giustizialista” per chi osa chiedere il rispetto delle regole, ma questo termine andrebbe più propriamente usato contro quanti pregiudicano le persone sulla base del colore della pelle, della etnia, delle scelte religiose o sessuali.

Gli episodi dei quali abbiamo parlato, a prescindere dai loro esiti processuali, sono l’ennesima testimonianza che l’Italia è attraversata dal pericoloso virus dell’ingiustizialismo forcaiolo, un virus che dovremo contrastare con la massima energia, prima che sia troppo tardi.

Giuseppe Giulietti



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