8 per mille, la Chiesa cattolica miracolata dallo Stato

Maria Mantello



Promemoria: tutto comincia col Concordato

L’11 febbraio 1929, Benito Mussolini per il Regno d’Italia e il cardinale Pietro Gasparri, per la Santa Sede, firmavano i "Patti Lateranensi" (Legge 27 maggio 1929, n. 810). Ed era il Concordato con cui lo Stato fascista creava una strutturale interferenza vaticana nella sovranità statale, liquidando anche il processo di laicizzazione che con l’Unità d’Italia si era realizzato. Il Concordato veniva giustificato col ritornello della “questione romana” finalmente sanata. Una colpevole amnesia storica cercava di far ignorare che dopo la breccia di Porta Pia, che ricongiungeva Roma capitale all’Italia e decretava la caduta del papa re, lo Stato liberale la propria su quella “questione” l’aveva già fatta con la legge delle Guarentigie del 13 maggio 1871, che oltre a riconoscere al Papa il pieno diritto di esercizio spirituale, gli accordava esenzioni tributarie, numerose proprietà immobiliari, nonché uno stanziamento annuale e rivalutabile per il mantenimento del clero di ben 3.225.000 di lire (13 milioni di euro circa).

Pio IX però rivoleva la corona: «potestà a Noi affidata da Dio» (Ubi Nos)… Poi arrivò il cav. Benito Mussolini, che Pio XI benediceva ufficialmente con la lettera ai Vescovi del 28 ottobre 1922 (tre giorni prima della Marcia su Roma). Lo scambio simoniaco era servito e il sigillo sarebbe stato appunto il Concordato del ’29 che legittimava lo «Stato della Città del Vaticano sotto la Sovranità del Sommo Pontefice». Il governo fascista versava inoltre al papa, in un’unica soluzione e in contanti, ben 750 milioni di lire (circa 600 milioni in euro), con sovrappiù di «un consolidato del valore nominale di 1 miliardo di lire» (circa 800 milioni di euro). Più “provvidenza” di così!

Il Fascismo cadde. Il Concordato no. Anzi è menzionato addirittura all’art. 7 della Costituzione repubblicana che pure dall’antifascismo era nata. Vale appena ricordare qualche parola di Piero Calamandrei che cercava di convincere i colleghi parlamentari a respingere l’art. 7: «Si introducono di soppiatto nella Costituzione norme occulte […] in urto con altrettanti articoli palesi della nostra Costituzione […] I patti Lateranensi realizzano uno Stato confessionale […] ponendo coloro che professano la religione di Stato in condizione di favore e privilegio giuridico».

Da Mussolini a Craxi

Nel 1984 Bettino Craxi, anche lui in cerca di benedizioni ecclesiali, offriva alla Chiesa l’opportunità per riconquistare il terreno perduto dopo il processo di emancipazione degli anni Settanta che aveva portato a grandi svolte nei diritti civili (divorzio, nuovo diritto di famiglia, aborto…) mettendo all’angolo il fronte clerico-fascista-democristiano.

Il craxismo rampante, al contrario, dava la stura al riflusso politico-economico-sociale e in questo tornava utile l’alleanza con i controllori dell’”anima” nel ritorno alla stasi sociale spacciata per riscoperta del “privato”: cattiva coscienza del farsi i propri casi, nell’elevazione a norma dell’amoralità familista. Un delirio collettivo che il berlusconismo ha poi perfezionato.

Col Concordato craxiano, la religione cattolica non era più religione di Stato, ma «riconoscendo il valore della cultura religiosa e […] i principi del cattolicesimo […] parte del patrimonio storico del popolo italiano» (art. 30), la Chiesa curiale veniva ufficialmente chiamata dalla Repubblica alla «reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del paese» (art. 1). Insomma ancora una volta (e forse peggio di una volta) si consumava il tradimento della laicità nella subordinazione della sovranità statale ad un sistema valoriale di fede. Il cattolicesimo religione di Stato continuava a veicolare surrettiziamente come patrimonio culturale, sorta di ontologia genetica del popolo italiano. Tanto bastava per giustificare ingerenze vaticane e privilegi politici, nonché fiumi di pubblico denaro da mettere sul piatto di rinnovellati scambi simoniaci.

L’8 per mille, favoreggiamento di Stato pro Cei

In questo rilancio cattolicista, il nuovo Concordato prevedeva che i cittadini tutti avrebbero potuto contribuire al finanziamento della “loro” Chiesa con devoluzione volontaria dell’8×1000 del proprio imponibile fiscale. Uno storno di pubblico denaro diventato sempre più miliardario e che – sebbene ammantato di placet popolare – resta un intollerabile traslazione dalle casse dell’Irpef. Per non parlare delle mille esenzioni di imposte e tasse anche sulle attività commerciali (Imu docet) di cui la Chiesa gode, o delle forniture gratuite di acqua, luce, gas, nettezza urbana, ecc.; nonché dei mille rivoli di finanziamento statale per stipendi agli insegnanti di dio (nominati dal Vaticano e pagati dallo Stato), ai cappellani militari, per i fondi pensione del clero, per sovvenzionare oratori, scuole e università cattoliche…

Tornando all’8×1000, il meccanismo veniva esteso anche alle altre confessioni religiose. Quelle che per garantire la superiorità della religione concordataria, sono ammesse a firmare intese con lo Stato Italiano (art. 8 Costituzione). Ovviamente devono farne domanda, mentre per la Chiesa è tutto in automatico. Comunque di 8×1000 le altre confessioni prendono briciole, perché l’asso pigliatutto lo fa il Vaticano, che si accaparra, grazie ad un truffaldino espediente giuridico quasi il 90% dell’intero gettito, incamerando ormai oltre 1 miliardo di euro all’anno.
Una cifra abnorme se si pensa che in media soltanto 3-4 italiani su 10 firmano la casella Chiesa Cattolica.

Dove sta allora il trucco? Sono le astensioni a fare la differenza

Vediamo come funziona. Meno di 4 italiani su 10 scelgono di destinare il proprio 8×1000. Allora, qualcuno dirà: la maggior parte di 8×1000 resta nelle casse statali? Logica e democrazia vorrebbero. Ma non è così. La legge 222 del 1985 all’art. 37 prevede infatti che l’8×1000 venga comunque calcolato su tutti i contribuenti, pertanto anche le quote di coloro che non hanno scelto nessuna destinazione vengono ripartite in proporzione alle percentuali di scelte realmente effettuate: «in caso di scelte non espresse da parte dei contribuenti la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse». Questo espediente, poche righe a cui allora si dette scarso peso, e che continua ancora nonostante le denunce dei laici, è invenzione di quel tizio che, quando era ministro del governo Berlusconi, di fronte a pezzi di patrimonio greco-romano (in fondo era pagano) che cadevano in pezzi per l’incuria, disse: «con la cultura non si mangia». Avete indovinato è il prof. Giulio Tremonti, che in quel 1984, consulente del Governo Craxi ha inventato il perverso meccanismo di cui ci stiamo occupando. Quindi, più aumentano le astensioni più si accrescono gli introiti Vaticani, che così vede “miracolosamente” triplicato il 30% di 8×1000 a suo favore.

C’è da dire che tra i destinatari di l’8×1000 compare anche lo Stato nello strano ruolo di elemosiniere di queste quote di Irpef. Tuttavia spesso e volentieri oltre ad usarle per armamenti (missioni umanitarie) spesso le gira a strutture e associazione cattoliche finanziando ad esempio cerimonie di beatificazione, viaggi pontifici, raduni cattolici… ecc.

La car
ità è virtuale, gli apparati clericali reali

La maggior parte degli italiani sull’8×1000 sa ben poco. Del resto l’unica “informazione” capillare è in mano alla Cei e si tratta di spot, quelli che anche se non li vorresti vedere, vengono sparati a ripetizione i televisione tra aprile e luglio ogni anno. Una sottile suadente propaganda per indurre a credere che la destinazione alla Cei è cosa santa. Sulla virtualità mediatica del “chiedilo a loro” si induce infatti la credenza che tutto, o quasi tutto, vada in opere di carità. Ma a spulciare i rendiconti Cei, si scopre che proprio la carità costituisce l’ultima ruota del carro, visto che gli introiti da 8×1000 sono utilizzati in grandissima parte per mantenimento e gestione del costosissimo apparato clericale.

Prendendo in esame solo gli ultimi due anni, risulta che nel 2012 della cifra assegnata dallo Stato, 1.148.076.594,08 (50.000.000 accantonati), ben 843.076.594.08 sono stati destinati al mantenimento del clero e alle spese di culto (catechesi, case canoniche, tribunali ecclesiastici, ecc.), e che solo 255.000.000 sono stati impiegati in opere di carità e solidarietà sociale.

Nel 2013 la situazione non cambia. La quota assegnata è in leggera flessione: 1.032.667.596 (accantonamento di -10.000.000), di cui 802.667.000 al culto e al clero. Sempre in coda gli interventi caritativi e umanitari che sono a quota 240.000.000. In percentuale, appena il 23%.

Arrivano gli 8×1000 boys

Da qualche anno il Vaticano sta mobilitando tutta la rete parrocchiale per ottimizzare le sue entrate da 8×1000.
È nato così l’ifeelCUD. Ogni parroco è chiamato ad incentivare la formazione di “squadre” di giovani cattolici, che col suo imprimatur vanno a caccia di quote di 8×1000 convincendo e aiutando nella compilazione del modulo. I destinatari dell’operazione sono soprattutto anziani ed esenti da dichiarazione dei redditi, che comunque, per quanto esigue siano le loro entrate, conservano il diritto a destinare la quota di 8×1000.

In fondo compilare il modulo non è poi così faticoso se ti aiutano in parrocchia, e magari te lo portano anche a casa. Per una persona anziana può significare anche l’occasione per un poco di compagnia in più. Ci guadagnano anche le squadre dei giovani, perché come si legge sul sito del regolamento: «maggiore sarà il numero di schede Cud raccolte, più importante sarà la somma che potresti ottenere». Insomma più sono le schede con la casella firmata Chiesa cattolica, più aumenta la speranza di ottenere finanziamenti per realizzare un proprio progetto (spot pubblicitari, laboratori musicali parrocchiali, gabinetti scientifici per le scuole cattoliche, ecc.). Se infatti il progetto sarà giudicato vincitore potrà essere remunerato con somme che, se alla prima fascia di concorso si attestano tra i 1000 e i 1700 euro per un minimo di 30 schede raccolte, alla fascia più alta (la quinta), dove le schede devono essere almeno 1.601, si può fare bingo con il premio top di ben 29.500 euro.

Così gli 8×1000 boys (età tra i 18 e i 35 anni) si stanno già iscrivendo nelle parrocchie per superare le selezioni del parroco e le finali del Servizio Nazionale Pastorale Giovanile da cui tutta l’operazione ifeelCUD dipende. Per questo molti già studiano il progetto perché abbia il maggior gradimento della curia. Essere esclusi dal premio dopo magari aver fatto tanta fatica per raccogliere le benedette schede firmate non sarebbe un peccato?
In questo mixer di cultura e propaganda fide insomma si guadagna! Specialmente se il marchio è Chiesa cattolica!

(4 aprile 2014)



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