Aborto, continua la battaglia della Chiesa contro i diritti delle donne

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da Uaar.it

Meno figli? Colpa (anche) dell’aborto. Lo sostiene la conferenza episcopale, identificando la diffusione dell’aborto e la “cultura dello scarto” tra le cause del calo demografico. In occasione della giornata nazionale per la vita ha invocato “un’alleanza” per contrastare il fenomeno e si è scagliata anche contro “forme mascherate di eutanasia” verso gli anziani. Una critica a tutto campo all’insegna del natalismo, una durissima presa di posizione no-choice.

Non è di per sé l’interruzione della gravidanza a favorire il calo demografico. Basti pensare che gli aborti calano dove c’è una legge e sono più alti dove invece si impongono divieti. Giocano piuttosto altri fattori, come la lotta aprioristica alla contraccezione, la mancanza di assistenza per le donne, il tabù moralistico contro una formazione consapevole della sessualità, ad esempio con l’educazione nelle scuole. Anche il celibato ecclesiastico toglie (potenziali) figli alla patria: stando al lunare argomentare dei vescovi andrebbe abolito subito, dunque. Fare bambini è un valore di per sé? I vescovi non spiegano perché, in un paese già sovrappopolato come il nostro, in crisi, privo di risorse e con la disoccupazione giovanile ai massimi storici, il calo demografico dovrebbe essere necessariamente un male. In Italia come nel resto del mondo, che veleggia allegramente verso gli 8 miliardi di individui, con tutti i rischi di sostenibilità annessi.

Se proprio si vuole invertire la tendenza non servono moralismo, attacchi alle donne o slogan natalisti, quanto la presenza delle istituzioni e una società davvero accogliente, che si preoccupi più dei bambini nati che degli embrioni. In altri paesi più laici del nostro, come la Francia o quelli del Nord Europa, le persone sono incentivate a rendersi indipendenti e a mettere su una famiglia propria perché lo Stato garantisce davvero agevolazioni e servizi sociali degni di questo nome, a partire dagli asili. Mentre in Italia occorre combattere per avere un posto nelle graduatorie pubbliche e talvolta si finisce per dover pagare un asilo privato (spessissimo gestito da religiosi). Ma i vescovi preferiscono, evidentemente, combattare battaglie ideologiche.

Anche in Europa la Chiesa è impegnata contro contraccezione e interruzione di gravidanza, con toni sopra le righe e volta alla colpevolizzazione delle donne. Lo dimostra la petizione “Uno di noi”, sponsorizzata delle conferenze episcopali e rivolta al Parlamento europeo, e il lobbying in sede Ue per comprimere i diritti riproduttivi. La propaganda si fa invadente, tanto che persino gli studenti vengano precettati per convegni no-choice: come avvenuto all’Itg “Pertini” di Pordenone e proprio per assistere all’iniziativa “Uno di noi”.

Contestare l’andazzo dell’integralismo montante diventa sempre più difficile. Di recente, Lidia Ravera è stata impallinata per aver contestato l’iniziativa del comune di Firenze di approntare un cimitero per i feti. Il metodo tipico dei “difensori” della vita è grandguignolesco, fenomeno amplificato dai social network che consentono di diffondere più facilmente immagini di aborti (o presunti tali). Il livello della propaganda “splatter” è denunciato con parole forti da Loredana Lipperini, che critica le strumentalizzazioni di quelli che “ti sbattono in faccia sangue e orrore, e urlano”.

Dietro il paravento mediatico di papa Francesco e nel silenzio pressoché totale di tanti laici estasiati, illusi che il nuovo papa possa e voglia cambiare il modus operandi della Chiesa di cui è capo, le gerarchie ecclesiastiche stanno imponendo la loro agenda politica in maniera sempre più aggressiva, sebbene in modo assai più sottile rispetto alle stoccate dirette di Benedetto XVI. Il Vaticano ha avuto la capacità di dotarsi, con il tenero Bergoglio, di un’arma di distrazione di massa. Ma nel frattempo la sua azione contraria ai diritti non solo delle donne, ma anche degli omosessuali, continua incessante in Parlamento e nelle istituzioni, e si è fatta anzi ancora più invadente e greve. Chi si dichiara laico e nel contempo rivendica il proprio buon uso della ragione, non può non avvedersene.

(12 novembre 2013)



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