Adesso basta: i reati ce li facciamo da noi

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Tutte le leggi per garantire maggior sicurezza agli italiani erano state rigorosamente applicate. Gli stranieri presenti nel paese erano regolari, con un permesso di soggiorno con obbligo di domicilio fisso, un lavoro sottopagato per legge, le impronte digitali presso gli archivi delle questure e su un cartellino plastificato che dovevano portare al collo.
Per scoraggiare ancor più gli stranieri dal compiere un reato, anche se residenti, la legge prevedeva un aggravante che arrivava a triplicare la pena che sarebbe stata comminata a un indigeno per la medesima colpa. L’aggravante era graduata in base alla nazionalità ed era massima per gli extracomunitari.
I residenti di colore erano suddivisi in categorie secondo la tonalità e i più scuri non potevano uscire di notte se non con una striscia rifrangente bianca intorno alla fronte,
in modo che fossero chiaramente individuabili
Inoltre, come quando chi vuol prendere la cittadinanza degli Stati Uniti deve dimostrare che conosce la Costituzione di quel paese, qualunque extracomunitario, chiaro o scuro che fosse, prima di avere il permesso di soggiorno doveva superare la prova principe: mangiare una intera salsiccia di maiale.

Il governo era molto soddisfatto dei risultati raggiunti perché i reati compiuti da stranieri erano scomparsi. Ormai gli assassini, i rapinatori, gli scippatori, gli stupratori, i figli che uccidevano i genitori o viceversa, i compagni di scuola che violentavano e torturavano le compagne, erano tutti dei nostri.
Secondo gli ultimi sondaggi gli italiani si sentivano un poco più sicuri, ma, soprattutto, si sentivano orgogliosi. Almeno in questo campo la concorrenza era stata battuta.

(24 giugno 2008)



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