Affari e politica, se Romeo fa scuola
di Sergio Rizzo, da CorrierEconomia, 12 gennaio 2009
Iene o cavallette, secondo i gusti. Pronti a divorare le carcasse dei poveri imprenditori o disposti ad assaltarne le aziende senza lasciare in terra un filo d’erba. Per ben due volte, a distanza di 15 anni, Alfredo Romeo ha descritto così i politici ai giudici che lo interrogavano. Immagini forti, che illustrano una specie di lotta per la sopravvivenza. E lui, costretto, aveva imparato a sopravvivere. In che modo? Ma toccando le corde giuste, come hanno dimostrato finora i dati di fatto e le testimonianze. Le amicizie giuste, nel centrodestra e nel centrosinistra. Una piccola quota nei giornali di partito, del centrodestra e del centrosinistra. E accordi giusti nei momenti giusti. Senza far caso, s’intende, al colore politico della controparte. Sopravvivendo a iene e cavallette, Romeo è diventato il più grande gestore di servizi per i comuni italiani.
Con tutta probabilità non è nemmeno l’unico che si è ingegnato a sopravvivere, dopo la tempesta di Tangentopoli del 1992-1993. E forse non è un caso che siano tornati a galla nomi che già erano saltati fuori all’epoca dei grandi scandali di quindici anni fa, come quello di Italsanità. Così, lontano dai grandi riflettori, ha prosperato una intera generazione di imprenditori, che oltre allo spirito d’iniziativa dovevano avere una qualità ben precisa. Quella di saper toccare, come faceva Romeo, le corde giuste.
Indipendentemente dagli esiti giudiziari, questo dicono le inchieste della magistratura che a ripetizione hanno rivelato fatti comunque sconcertanti, coinvolgendo molte amministrazioni locali, dalle Regioni ai Comuni, dal Sud al Nord. Come se il virus che infestava l’Italia nei primi anni Novanta si fosse spostato dal centro alla periferia.
Non che le indagini di Mani pulite non avessero già portato alla luce, all’inizio degli anni Novanta, l’esistenza di un rapporto perverso fra certe imprese e certi politici locali. Certamente, però, dopo quel momento qualcosa è cambiato. E’ successo con la riforma dei meccanismi elettorali per l’elezione dei sindaci, e dei presidenti di Province e Regioni. La conseguenza è stata che il potere locale si è fatto sempre più autonomo. Se in precedenza le giunte rispecchiavano alleanze e rapporti di forza stabiliti a livello nazionale dai partiti e dalle loro correnti, in seguito i governi (e i partiti) locali si sono sganciati da questo meccanismo. Al punto da arrivare anche a momenti di contrapposizione con il potere centrale. La forza politica di alcuni governatori o di centri sindaci delle grandi città è riuscita persino a condizionare gli apparati dei grandi partiti. E fin qui, potrebbe essere considerato un bel passo avanti rispetto agli anni della cosiddetta Prima repubblica. Se non fosse per qualche sgradevole effetto collaterale: perché inevitabilmente il maggior potere decisionale può accrescere i rischi.
Nel 2002 l’allora sottosegretario all’Economia Vito Tanzi, ex capo del Dipartimento fiscale del Fondo monetario internazionale, aveva sottolineato proprio questo pericolo in un pamphlet di 13 pagine scritto per Carnegie endowment for international peace , una organizzazione non profit statunitense. Intitolato Trappole sulla strada del federalismo fiscale , il documento sosteneva che «l’esperienza di molti Paesi suggerisce cautela, visto che le condizioni perché il decentramento abbia successo sono spesso assenti. E quando ciò accade, un maggiore decentramento significa per il Paese minore efficienza e minore stabilità economica». Ipotizzando perciò che «il decentramento possa far aumentare la corruzione», visto che «le istituzioni locali sono meno preparate di quelle nazionali e quindi la loro capacità di controllare gli abusi dei pubblici funzionari è inferiore». Se questo stia davvero succedendo in Italia non è ancora ben chiaro. Tuttavia il numero di amministratori locali coinvolti nelle indagini dei magistrati deve far riflettere.
L’elenco delle inchieste aperte soltanto negli ultimi mesi è davvero impressionante. Quella che riguarda l’ex presidente della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco. Quella che ha toccato il sindaco di Pescara, Luciano D’Alfonso. Poi l’indagine del pubblico ministero Henry John Woodcock sul petrolio della Basilicata. Quindi l’inchiesta, nata dalla trasmissione televisiva Report, che ha portato al sequestro di un migliaio di appartamenti costruiti abusivamente nella periferia romana. Per non ricordare la bufera giudiziaria che si è abbattuta sulla giunta comunale di Napoli. Dulcis in fundo, il 4 gennaio scorso l’Ansa ha riferito di un rapporto sui lavori per la costruzione della nuova sede della Regione Lombardia spedito dai carabinieri ai magistrati.
(13 gennaio 2009)
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