Aids, Ratzinger ignora la scienza e tradisce il messaggio di Cristo
di don Raffaele Garofalo
Benedetto ama “catechizzare” il mondo ma l’annuncio evangelico non è manipolazione mentale, è promozione dell’uomo alla libertà. Il papa non si limita ad inserirsi negli spazi della coscienza individuale, rispettandone le scelte, secondo la pedagogia socratica e cristiana, Ratzinger si sente autorizzato a forzare gli argini, a fare invasioni in altri campi, compreso quello della scienza. Sull’uso del preservativo, durante il recente viaggio in Africa, Benedetto non ha inteso affermare solo un principio morale della dottrina cattolica, in assoluta legittimità, ma ha presunto di dare lezioni alla scienza, affermando che adoperare il profilattico è “dannoso”, induce a sicurezze ingannevoli, favorisce la speculazione delle multinazionali, incoraggia la “promiscuità”… Gli esperti concordano nel ritenere che il profilattico è un valido mezzo (pur se non il solo) di prevenzione, di cui si dispone finora, ed è capace di ridurre il rischio di infezione del 90%.
Il duro attacco di Avvenire ai “soloni” d’oltralpe e d’oltreoceano tradisce la volontà di dare una giustificazione, pretestuosamente scientifica, al divieto papale dell’uso del profilattico. Gli studiosi di malattie infettive vengono accusati dal quotidiano di scarsa competenza e di favorire i profitti delle case farmaceutiche. La condanna, da parte del giornale, di un paventato neocolonialismo non può che far piacere soprattutto a chi guarda indietro nella Storia quando i “cristianissimi” regni di Spagna e Portogallo rapinavano il mondo in nome di Dio, imponendo il credo cattolico, con la benedizione di Roma. Per non parlare del colonialismo di casa nostra che vedeva insieme “moschetto e aspersorio”. Ratzinger, il Vaticano e Avvenire non possono deviare dal problema vero, la morte per contagio di milioni di persone, tanto meno farsi scudo di una propria presunta maggiore conoscenza e attendibilità scientifiche. Saranno più credibili se riconoscono che la loro opposizione, di ordine morale, rientra nell’ambito della fede e del “peccato” e non potrà costituire “reato” per la società civile. Di tale abuso medievale la Chiesa ha già dovuto chiedere perdono. Il giornale dei vescovi fa appello a “medicine efficaci” per la terapia delle malattie infettive trascurando che il profilattico non è una medicina ma un mezzo di prevenzione, un ostacolo alla diffusione della malattia.
Per il papa la soluzione del problema è “umanizzare la sessualità, cioè innovare il modo di comportarsi verso il proprio corpo”. Che ogni azione umana debba differenziarsi da quella animale non costituisce novità, è una conquista del mondo civile e l’affermazione di Ratzinger si situa nella sfera dei principi astratti. Per imporre un principio morale della Chiesa cattolica, Ratzinger sembra evadere il grave problema di come arginare, a breve termine, il diffondersi delle malattie sessuali infettive nel Continente africano e in ogni parte del mondo. Tra coloro che muoiono di Aids in Africa c’è anche una percentuale di religiosi che vivono a stretto contatto con i malati. La castità raccomandata dal papa è una libera scelta che non si può imporre al vasto mondo, né una vita matrimoniale può essere vissuta tra l’astinenza sessuale e un numero sconsiderato di figli. L’esternazione di Ratzinger ha suscitato le critiche dei politici in Germania, in Spagna, in Francia e nella Comunità Europea mentre in Italia il ministro Frattini, con deferenza, rifiutava di “commentare le parole del papa”. Il cattolico Franceschini, nel ribadire il principio della libertà della Chiesa di proclamare la sua dottrina, sottolineava anche il rispetto che la Chiesa deve alla laicità dello Stato mentre la maggioranza dei politici italiani si è divisa, in un perfetto bipolarismo, tra il partito di Ponzio Pilato e quello di don Abbondio. Se Cristo, nel parlare e nel tacere, avesse usato gli stessi riguardi verso la religione dei suoi Padri oggi non esisterebbe il Cristianesimo. Ratzinger sta ripetutamente dimostrando che la sua teologia non si accompagna alle conquiste delle scienze moderne, che progressivamente svelano le potenzialità del mondo creato dal suo Dio e cercano il rimedio a non pochi inconvenienti di questo pianeta che non sempre appare come “il migliore dei mondi possibili”. Il papa rifiuta la complessità del pensiero del tempo in cui vive, delle nuove problematiche che si affacciano all’orizzonte, la teologia di Benedetto è arenata sulle “sue” certezze e fa di Ratzinger il notaio di un pensiero fermo alle porte dell’Umanesimo. Il teologo dovrebbe essere una specie di “scienziato” del Mistero, chiamato a coniugare i valori ereditati dal passato con le esigenze del suo momento storico e, se necessario, a fare giustizia di una “Dottrina Ufficiale” che mostri con chiarezza la data di scadenza… In Africa, più che mai, il papa avrebbe dovuto tenere a mente l’ammonimento di Cristo: “Il sabato è fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato”. La sua condanna espone invece al rischio di morte milioni di persone in nome di un principio disincarnato che distoglie lo sguardo da una tragica realtà. Il rigore della legge ecclesiastica viene mitigato solo se coinvolta l’Istituzione in modo diretto, allora si concede l’autorizzazione a praticare l’aborto a suore che hanno subito violenza, mentre ad ogni altra donna, in identiche circostanze, è riservato il titolo ingiurioso di “assassina”, è comminata la scomunica. Il tabù della sessualità, la sua demonizzazione da parte della dottrina cattolica partono da lontano, non provengono da Dio ma da uomini di Chiesa in preda ad una percezione e ad una coscienza deviate, al loro cattivo rapporto con la vita. Sul tema del controllo delle nascite la Chiesa ha assimilato la parte peggiore di Agostino, quello che qualifica la donna come “prostituta del proprio marito”, se impedisce il concepimento. Per il Dottore della Chiesa la contraccezione costituisce un peccato più grave della prostituzione e dell’adulterio, addirittura più condannabile del rapporto con la propria madre, rapporto che Agostino ritiene “naturale”, purché aperto alla procreazione. La morale cattolica ha fatto propria la visione deviata della sessualità che caratterizza alcuni Padri della Chiesa. La donna è “creatura del diavolo e porta dell’inferno” (Tertulliano). Sempre in preda agli impulsi del suo “sangue dalmata”, anche in tarda età, Girolamo, in un eccesso di esaltazione dello stato verginale, a scapito di quello matrimoniale, giunge ad affermare: “Pietro si è lavato delle lordure del matrimonio soltanto col sangue del martirio”. “Chi ama troppo appassionatamente la propria moglie è un adultero” è la ferma convinzione di Girolamo, di Tommaso D’Aquino e di altri Padri della Chiesa. Wojtyla ha fatto propria tale affermazione in un discorso sulla contraccezione tenuto l’8 ottobre 1980. Nella veste di Doctor Angelicus Tommaso d’Aquino demonizzava la sessualità definendola “sozzura, turpitudine, disonore”. Tali eminenti studiosi hanno scritto pagine esaltanti di elevata spiritualità ma indubbiamente trascuravano l’umano ( pur voluto da Dio) quando si facevano fautori della degradazione della femminilità fino a farne un sinonimo di vergogna. I r
apporti intimi tra uomo e donna vengono considerati, da questi teologi, alla stregua di quelli animali, il loro linguaggio esclude ogni componente riferibile alla sfera dell’“affettività” e dell’ “amore”, estranea alla loro sensibilità è la celebrazione ispirata del rapporto tra uomo e donna, come simbolo “anche” dell’amore con Dio, descritta nel Cantico dei cantici. La Chiesa, ovviamente, non ripete le assurdità di Agostino, di Girolamo e di Tommaso che non appartengono ad un autentico patrimonio di dottrina cristiana ma sono frutto e reazione alle precedenti esperienze gnostiche e manichee dei loro autori. Tali negative influenze permangono tuttavia radicate da secoli nello spirito della morale cattolica vigente, in omaggio alla (peggiore) Tradizione. A tutt’oggi, infatti, ogni altra ragione che non porti alla procreazione rende peccaminoso l’atto sessuale, anche tra coniugi, per cui il sacramento della Penitenza assume la funzione di un mortificante lavaggio automatico, coazione a ripetere tra penitente e confessore. Ratzinger potrà mantenere per sé tali modelli di riferimento ma, cristianamente, non può proporli alla comunità dei credenti. Con la “conversione” Agostino e Girolamo rimuovevano le responsabilità del loro precedente “pragmatismo” nei rapporti con l’altro sesso, riversandole con accanimento contro la donna stessa. Dapprima vissuta come “concubina” (Agostino, Confessioni VI,15) la donna, dopo la conversione, viene deprivata di una sessualità che non sia “unicamente” funzionale alla procreazione. Riconfermando una tale distorta visione della sessualità, la Chiesa non fa buon servizio a quei Padri della Chiesa i quali, oggi, si guarderebbero dal riconfermare ed esternare le stesse convinzioni, se non altro per sfuggire ad una… psicoterapia coatta e intensiva. E’ fuori dubbio che la castità raccomandata dal papa sia il metodo più sicuro contro le infezioni da Aids ma Ratzinger dimentica che “non tutti possono capire” un tale discorso, come dice Cristo, e che inoltre il genere umano si estinguerebbe se tutti “capissero”. Gli stimoli offerti alla Chiesa, le critiche ad essa avanzate perché si metta a servizio dell’umanità con maggiore disponibilità evangelica, soprattutto verso il mondo sofferente, non possono essere presi per “irrisione” e “offesa” al papa. La Bibbia impone la “critica” perfino alla propria “madre”, se necessario.
Mons. Bagnasco, vescovo castrense emerito, conosce la differenza tra l’organizzazione militare piramidale, basata sul comando ai subalterni, e la piramide ecclesiale in cui, in un cristiano rovesciamento, chi riveste incarichi è “a servizio” dei “fratelli”. Per questo il papa è chiamato “Servo dei servi di Dio”. Se “Lo Spirito soffia dove vuole”, oltre che ispirare i teologi di biblioteca, parlerà anche attraverso i “teologi di famiglia” o, se si vuole, i “teologi di strada”. Siamo fiduciosi che l’Africa sarà salvata dalle missionarie e dai missionari i quali hanno poco tempo da dedicare alla lettura dei divieti vaticani. Molti Paesi dell’Africa fanno appello a quelle religiose e a quei religiosi perché si facciano carico della distribuzione dei profilattici e molti, missionari e volontari, adempiono tale compito con eroica carità cristiana. Essi avvertono la “lontananza” del papa (anche quando è loro vicino) dal loro tragico problema dell’Aids. Benedetto è tornato al sicuro nel mondo dei suoi libri mentre in Africa si continuerà a morire. “Aut liberi aut libri” dicevano i Latini. Nelle biblioteche non si pone il problema della contraccezione e della prevenzione delle malattie infettive ma nelle famiglie sì. Maggiormente in quelle dove regna la miseria.
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Insieme con i vescovi dell’Africa Ratzinger ha denunciato le responsabilità del mondo occidentale, delle multinazionali, dei politici corrotti come causa delle povertà e dei mali endemici di un Continente rapinato delle sue ricchezze. Il papa ha condannato le piaghe del malgoverno, della corruzione, delle lotte fratricide, la perversità dei poteri spietati che “cercano di imporre il regno del denaro disprezzando i più indigenti”. Queste analisi di Benedetto, che la parte sana del mondo condivide pienamente, non dovranno fermarsi allo sfogo passeggero di una visita pastorale, senza ripercussioni concrete sulle scelte fondamentali della Chiesa stessa. La crisi che ora attanaglia il mondo intero è il risultato di una speculazione che il gotha finanziario ha messo in opera a scapito soprattutto delle nazioni svantaggiate. Le responsabilità sono individuabili nel decantato liberismo, in un sistema capitalistico, “intrinsecamente” perverso, che si basa sullo sfruttamento dell’uomo. La Chiesa deve con forza contrastare tale sistema anticristiano che strangola innanzitutto i Paesi poveri. E’ fuorviante attribuire la colpa dell’immane disastro, che ora tocca anche i Paesi ricchi, solo ad alcuni errati meccanismi del sistema, agli errori di pochi irresponsabili. Dopo aver benedetto le banche, il capitale, le speculazioni monetarie, in cui si è abbondantemente coinvolta, la Chiesa Istituzione, per porre argine alla crisi e aiutare il processo di emancipazione del continente africano e delle aree di estrema povertà del pianeta, dovrà escogitare qualcosa di meglio che organizzare processioni e Via Crucis, dovrà prendere ufficialmente le distanze dai sistemi economici che ha finora difeso, appoggiato e sfruttato a proprio vantaggio. Sarà questo l’insegnamento del viaggio in Africa, l’opportunità da cogliere e costerà alla Chiesa la rinuncia ai privilegi, l’abbandono del collateralismo coi poteri forti, con la grande finanza. Con lo stesso accanimento con cui avversa il controllo delle nascite, Ratzinger dovrà adoperarsi nell’impegno fattivo per la redistribuzione equa delle risorse del pianeta e avere il coraggio di “schierarsi” apertamente contro i “rapinatori” a favore degli sfruttati, secondo la Beatitudine del Discorso della Montagna. Certamente non lo farà continuando a stringere le mani di chi è direttamente responsabile delle guerre e delle miserie del pianeta. Se è costretto come “capo di Stato” a certi compromessi rinunci ad una carica che non gli proviene dal Vangelo.
Negli ultimi interventi Benedetto ha esaltato il ruolo che la donna svolge nella difesa della dignità e dei valori umani. Vorrà essere una “riparazione” e riconquistata fiducia rispetto al passato che meriterebbe alla donna un ruolo paritario anche nella Chiesa, iniziando da quelle religiose che in Africa e altrove si prodigano per l’emancipazione delle persone del luogo. Questo dovrebbe fare la Chiesa, se vuole che i suoi pronunciamenti e le sue preghiere abbiano un senso e non si rivelino “vane parole”.
(26 marzo 2009)
Poiché non ho dimestichezza col computer e non posso comunicare direttamente con i “commentatori” più o meno credenti, più o meno informati, più o meno garbati, offro alla riflessione di tutti…un brano di una recentissima pubblicazione di Enzo Bianchi, fondatore e priore della Comunità monastica di Bose.
Un saluto da Raffaele Garofalo, “prete” non stipendiato dall’otto per mille. Sono convinto tuttavia che alcuni religiosi fanno un buon uso di quella tassa pagata dai cittadini. Soprattutto lo utilizzano bene quei preti che rivelano un impegno attivo nel rendere migliore
la Chiesa anche attraverso il loro contributo di critica oltre che di testimonianza. E’ una encomiabile opera sociale, un grande servizio alla comunità…
Don Raffaele Garofalo
E’ ANCORA POSSIBILE UN CONFRONTO NELLA MITEZZA?
di Enzo Bianchi
Per quanti si sono impegnati a favore del dialogo tra credenti cristiani e non cristiani, tra cattolici e “laici”, per i cattolici stessi che credono al dialogo vissuto nell’ascolto, nello sforzo di non disprezzare l’altro ma di operare con lui un confronto nella mitezza, questi ultimi tempi possono essere definiti, usando un linguaggio biblico, “giorni cattivi”. Certo, da anni si poteva intuire l’accrescersi di questo scontro ma ultimamente alcuni cattolici sembrano sempre più voler costituire gruppi di pressione in cui la proposta della fede non avviene nella mitezza e nel rispetto dell’altro, per diventare intransigenza e arrogante contrapposizione a una società giudicata malsana e priva di valori. Ora non è con questo giudizio di disprezzo dell’altro ritenuto incapace di etica, non è misconoscendo la pluralità dei valori presenti anche nella società non cristiana che si può stare nella storia e tra gli uomini secondo la statuto evangelico. Da questo acuirsi della tensione tra cattolici e laici può solo derivare un costo altissimo: l’accusa verso la chiesa di atteggiamenti impietosi e arcigni, poco rispettosi delle scelte del singolo e dunque privi di saggezza pastorale. Inoltre molti cattolici soffrono, non riescono a comprendere non tanto il fatto che vengano ribaditi principi che per la tradizione della chiesa non possono essere taciuti né sminuiti, ma non accettano il modo, lo stile che sembra prevalere in questo confronto. Tra cattolici e laici.
Ebbene, anche in questi “giorni cattivi” i cattolici ricordino che il futuro della fede non dipende mai da leggi dello Stato, che anche a dispetto di leggi avverse ai cristiani o addirittura persecutorie verso di loro il cristianesimo ha conosciuto una grande crescita spirituale e numerica; ricordino che l’essere pusillus grex, “piccolo gregge” teso alla fedeltà al vangelo ma anche attento agli uomini in mezzo ai quali vivono, e dunque ai segni dei tempi, permette loro di essere messaggeri adeguati e fedeli all’annuncio che recano. Sì, i cristiani con le loro parole e le loro azioni devono favorire l’emergere di quell’immagine di Dio che ogni essere umano, anche il non cristiano, porta in sé.
Partendo dalla situazione di laicità, interrogherò innanzitutto la condizione della chiesa nello spazio pubblico, e cercherò di delineare alcune regole a favore di un dialogo fruttuoso con chi non crede o crede diversamente, perché sia possibile costruire insieme una polis dove il vivere insieme possa essere più umano per tutti.
Ridefinire la laicità
Mi sento di dover affermare con sicurezza che l’autonomia tra chiesa e stato è un dato accettato ormai da tutti, almeno in Occidente. Oggi non vi è più nessuno che contesti formalmente la distinzione tra Dio e Cesare, tra politica e religione, tra piano temporale e piano spirituale; al contrario tutti la sentono come necessaria e, per così dire, liberatrice. (…) Zygmunt Bauman descrive giustamente la nostra società come società di “turisti consumatori”, in cui vige il primato del “fare esperienze “ del perseguire il proprio desiderio in modo narcisistico. E’ una società senza un orizzonte comune, senza la preoccupazione della solidarietà e della percezione dell’altro in vista di un bene comunitario…Un “novum” molto appariscente è poi la sopravvenuta condizione di minoranza da parte dei cristiani, minoranza numerica di fronte ad una gran massa di indifferenti e di agnostici rispetto alla fede. In Italia tale condizione è però difficile da misurare, perché il 70% dei cittadini si dichiara cattolico ma solo il 20% ha una prassi almeno domenicale di partecipazione alla vita cristiana…questa condizione di minoranza è inoltre accentuata dal pluralismo delle religioni e delle culture ormai vistosamente presenti nella nostra società… Un altro aspetto che costituisce una sorta di quadro di fondo della situazione attuale è l’enorme capacità tecnologica causata dai progressi della scienza. Le conquiste scientifiche hanno portato l’uomo a un potere impensato e dai limiti sconosciuti… Anche questa situazione richiede una ridefinizione della laicità dello stato, il quale è chiamato a legiferare sovente su materie che dividono e contrappongono le etiche e le fedi presenti nella società….Nel febbraio del 2005 Giovanni Paolo II, in occasione dell’anniversario della legge sulla separazione tra le chiese e lo stato promulgata in Francia nel 1905, scriveva ai vescovi francesi. “Il principio di laicità, se ben compreso, appartiene alla dottrina sociale della chiesa. Esso ricorda la necessità di una giusta separazione dei poteri (…). La non confessionalità dello stato permette a tute le componenti della società di lavorare insieme al servizio di tutti e della comunità nazionale (…). La laicità, lungi dall’essere un luogo di scontro, è realmente l’ambito per un dialogo costruttivo, nello spirito dei valori di libertà, di uguaglianza e di fraternità.”
Nonostante queste affermazioni così chiare e decisive, noi assistiamo in realtà sempre di più ad atteggiamenti che finiscono per causare scontro e polemica tra stato e chiesa, tra cristiani e non cristiani, tra i laici non cristiani e alcune porzioni di chiesa, proprio su come siano da intendere la laicità e l’uguaglianza dei diritti di quanti appartengono alla polis. Negli ultimi anni è in atto anche una ripresa dell’anticlericalismo, atteggiamento che è sempre una reazione a un clericalismo che si nutre di intransigenza, di posizioni difensive e di non rispetto dell’interlocutore non cristiano…(…). La laicità, secondo le parole dei vescovi europei in occasione dell’approvazione della Carta costituzionale, è un apporto che i cristiani stessi devono assolutamente dare alla costruzione dell’Europa. Essa appare a tutti necessaria come luogo di rispetto e di neutralità positiva dello stato, uno stato nel quale tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a qualunque fede, etica e cultura appartengano. Lo stato deve essere laico…e dal canto suo deve difendere la libertà di coscienza di tutti; deve vegliare perché sia possibile una coesistenza pacifica tra le componenti della società e le differenti religioni o ideologie; deve soprattutto opporsi a ogni forma di violenza con cui si vorrebbero imporre idee e convinzioni religiose. (…). La chiesa non può e non deve pretendere di imporre alla società il suo punto di vista etico; in particolare, deve rifiutare ogni tentazione di entrare nell’azione politica sfuggendo ai principi democratici !
La chiesa oggi dovrebbe ricordare che Paolo VI, in occasione del Concilio Vaticano II, ebbe il coraggio di chiedere ai regimi autoritari di Salazar e di Franco di togliere i privilegi che avevano dato alla chiesa stessa, in modo che essa potesse vivere una vera libertà e pronunciare anche una parola profetica.
(8 aprile 2009)
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