Alatri: il problema non è la criminalità, ma la giustizia
Bruno Tinti
, da il Fatto quotidiano, 2 aprile 2017
L’omicidio di Alatri ha rinnovato in molte persone la convinzione di vivere in un Paese in preda alla criminalità, dove lo Stato ha perso il controllo del territorio e non è in grado di proteggere i cittadini.
Perfino un giudice, Angelo Mascolo, prendendo lo spunto da una banale avventura personale (un inseguimento da parte degli occupanti di una vettura che egli aveva imprudentemente sorpassato), si è pubblicamente unito a queste preoccupazioni (ha inviato una sua lettera al Corriere della Sera) e ha dichiarato che da ora in avanti porterà sempre con sé un’arma.
Non mi dilungo sull’opportunità di simili esternazioni da parte di un magistrato: mi limito a rilevare che queste preoccupazioni sono infondate.
Secondo l’Istat, nel 2015 in Italia gli omicidi sono stati 479, il numero più basso dall’Unità d’Italia.
Negli Anni 50 gli omicidi variavano da 1.400 (prima metà degli Anni 50) a 1.110; nella seconda metà negli Anni 70 si sono assestati sui 900; lento declino fino agli anni 2000, con discesa sotto la soglia dei 500 a partire dal 2014.
Nel 2015 sono diminuiti complessivamente anche i furti (meno 7,3%); quelli in abitazioni addirittura meno 8,3%.
Secondo Actualitix, l’Italia è al trentesimo posto nella classifica “rapporto tra omicidi e popolazione per 100.000 abitanti”: 0,80 omicidi per 100.000 abitanti.
Ma attenzione: la classifica va letta al contrario: al primo posto ci sono i Paesi con tasso omicidiario più elevato, a scendere quelli dove si ammazza di meno).
Si ammazza di più in Russia, Lituania, Estonia e compagnia bella (che non è una sorpresa), ma anche in Belgio (1,80 omicidi per 100.000 abitanti,) Finlandia (11°), Grecia (17°), Portogallo (19°), Francia (21°), Irlanda (23°), Regno Unito (25°), Svezia (27°) e Norvegia (29°).
Nelle statistiche mondiali siamo al 157°posto. Ovviamente la classifica si inverte per quanto riguarda criminalità economica, tributaria, ambientale e per la corruzione, ma questi reati non generano alcuna preoccupazione, anzi invidia, desiderio di unirsi ai fortunati e dunque solidarietà; però questa è un’altra storia…
Comunque è vero che il numero di omicidi (ma anche di furti, rapine, truffe, insomma la criminalità comune) potrebbe calare anche della metà. Sarebbe anche facile: basterebbe che magistrati e politici facessero seriamente il loro dovere.
Un ex collega magistrato ha raccontato una situazione tipica (e dunque ricorrente): processo a carico di una persona il cui certificato penale riporta, negli ultimi 15 anni, sentenze definitive per estorsione (2 anni), furto (3 anni), rapina (2 anni), spaccio (3 anni), porto illegale di armi (3 anni), maltrattamenti (1 anno), resistenza a pubblico ufficiale (2 anni), guida in stato di ebrezza (2 anni), ricettazione (2 anni), omicidio colposo (1 anno), lesioni personali aggravate (2 anni), violazioni in materia di rifiuti (1 anno).
Totale: 24 anni. Ma lui è lì a farsi il suo ennesimo processo.
E i giudici sono responsabili anche della estrema mitezza delle pene che generalmente si infliggono: quasi sempre il minimo previsto dalla legge, attenuanti generiche che sono considerate quasi scontate (significa un terzo di pena in meno).
Insomma, il processo penale da anni altro non è che una farsa.
Poi (ma in realtà prima) ci sono i politici. L’ordinamento penitenziario e le leggi svuota carceri di fatto riducono le pene inflitte alla metà: una persona condannata per omicidio a 30 anni ne fa circa 16; ed è così per tutti i reati.
Quanti ne sconteranno i (presunti) assassini di Alatri?
(2 aprile 2017)
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