Alicja Kwade, mito e materia nel sostrato del visibile

Mariasole Garacci

La Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea ospita nel suo incantevole spazio espositivo a Testaccio la prima personale romana di questa artista che sta conoscendo un meritato successo internazionale in Europa, Cina e USA.

MATERIA, PER ORA è la prima personale romana di Alicja Kwade, un’artista che indaga la struttura degli oggetti e i contenuti in essa riposti. Oggetti d’uso quotidiano, che vengono letteralmente destrutturati e frantumati per liberare i piani di lettura che si depositano nei sostrati della realtà tangibile trascurati dall’abitudine. La galleria della Fondazione Giuliani si trova nel quartiere Testaccio, a pochi passi dalla Via Marmorata e dai resti dell’Emporium romano dove passavano i marmi provenienti dalle varie province dell’impero e, significativamente, questa mostra si apre con un’installazione realizzata con blocchi di marmo pario: lo stesso usato nella scultura classica per raffigurare gli dèi, effigie idealizzata dell’uomo stesso. Dal primo blocco intero, forma geometrica e apparentemente inerte nel quale si celano le dimensioni medie di un maschio adulto europeo, Kwade sottrae progressivamente un pezzo corrispondente all’ottava parte, secondo le proporzioni misurate da Leonardo da Vinci nell’uomo vitruviano, fino allo sgretolamento completo, ricercando nell’ultima briciola o molecola di materia la presenza dell’uomo a cui immagine e somiglianza la divinità è stata creata.

Allo stesso modo, i componenti di un orologio da cucina, di una lampada da tavolo, di una radio, vengono scomposti dall’insieme in cui sono assemblati per servirci come strumenti, quindi separati, polverizzati, setacciati e infine divisi e catalogati in barattoli di vetro allineati in una teca: la disgregazione dell’oggetto fisico libera l’essenza che in esso si nasconde, assopita nell’uso e nell’abitudine, sollecitando una nuova consapevolezza della realtà immateriale atta a produrre o che imprigiona, la sua essenza: il tempo, la luce, il suono. Le cose prodotte da una società tecnologica, come ad esempio un I-Phone, dopo aver subito lo stesso radicale processo di scomposizione vengono ricomposte in forme eterne e universali che ricordano la ceramica greca: come nella misura della divinità si ricerca la misura dell’uomo, così negli oggetti che una nuova civiltà ha reso esemplari si cerca un parametro fondamentale che abbia carattere di immutabilità, la forma generale, il canone.

La scomposizione del mondo materiale è dunque uno scavo alla ricerca di un’idea platonica: la forma vera, pura, assoluta e generale, che non è relativa alla contingenza e pertanto coincide con l’essere; il modello o l’archetipo, di cui gli oggetti sensibili partecipano e non sono che manifestazioni imperfette. Ritorna nell’opera di Kwade, infatti, lo specchio. Gli oggetti del mondo sensibile sono soltanto fenomeni, in cui l’essere si rispecchia deformato o frammentato consentendo una conoscenza parziale e limitata. Così, il nostro riflesso in uno specchio che scivola e giace a terra come un lembo di stoffa (le proprietà consuete della materia sono contraddette, ricordo della metafisica e del surrealismo) non è che un fantasma, un’eikasia platonica, un gioco; di uno sgabello, la cui oggettualità è divisa da specchi intersecati (qui sembra di cogliere, invece, un ricordo da manuale del cubismo in un’artista che cita fonti alte con originalità ed eleganza) non possiamo cogliere l’insieme, la verità, ma solo supporre, ricostruire la forma in base al suo riflesso, all’idea di sgabello che abbiamo nella mente, o limitarci al riflesso e dunque restare nella doxa, nell’opinione, nella credenza. Insomma, nell’apparenza delle cose da cui l’arte tenta di liberarci svelando la loro sostanza.

Alicja Kwade è nata nel 1979 a Katowice (Polonia), vive e lavora a Berlino. Tra le sue recenti mostre personali si annoverano: AMBO, Kunsthalle zu Kiel, Germania (2018); LinienLand, Haus Konstruktiv, Zurigo (2018); ReReason, YUZ Museum, Shanghai (2017-2018); Phase, König Galerie, Berlino (2017); In Aporie, kamel mennour, Parigi (2016); Medium Median, Whitechapel Gallery, Londra (2016); Alicja Kwade, De Appel Arts Centre, Amsterdam (2016); Against the Run, Public Art Fund, New York (2015-2016). Nel 2015 ha vinto il premio Hector-Prize della Kunsthalle Mannheim in Germania e nel 2017 la sua opera WeltenLinie (One in a Time) è stata esposta al Padiglione del Tempo e dell’Infinito della 57° Biennale di Venezia.

MATERIA, PER ORA. Alicja Kwade

Fino al 20 luglio 2018

Roma, Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea

Via Gustavo Bianchi, 1

Dal martedì al sabato 15:00-19:30 e su appuntamento

www.fondazionegiuliani.orginfo@fondazionegiuliani.org – tel. 06.57301091
(14 giugno 2018)






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