Cinquant’anni dello Statuto dei lavoratori. Dodici articoli per un progetto di rilancio

Piergiovanni Alleva

Sono passati cinquant’anni dall’entrata in vigore della legge 20 maggio 1970 n. 300, a tutti nota come lo Statuto dei lavoratori. Cinquant’anni in cui la portata di questo strumento è stata minata da norme e istituti giuridici – dal pacchetto Treu al Jobs Act, passando per la legge Biagi solo per citare alcune tappe di questo processo – che ne hanno ridotto via via l’applicabilità, aggirandone e manomettendone le garanzie, fino a colpire il cuore stesso dello Statuto, vale a dire l’articolo 18. In un lungo e denso saggio pubblicato sul numero di in edicola dal 30 aprile il giurista Piergiovanni Alleva ricostruisce il senso originario dello Statuto e ripercorre le tappe di questo processo di svuotamento. Ma lo spirito dello Statuto non solo non è passato ma è più urgente che mai riportarlo in vita. Per questo Alleva propone anche un intervento legislativo che rilanci i diritti dei lavoratori. Un progetto di legge snello, costituito da dodici articoli. Una bomba ‘a grappolo’ che con un solo lancio copre una vasta area di terreno. Qui di seguito trovate l’articolato di legge già pronto per essere discusso dal parlamento.

Art.1 – (Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo).

Il testo dell’art.18 Legge 20 maggio 1970 n.300 è sostituito dal seguente: “1. Il giudice con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio o di rappresaglia ai sensi dell’art. 3 Legge 11 maggio 1990 n.108 o perché intimato in violazione dei divieti legislativi espressi ovvero lo annulla perché privo di giusta causa o giustificato motivo soggettivo od oggettivo, o ne accerta l’inefficacia per difetto di forma e motivazione, condanna il datore alla reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto corrispondente al periodo dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività. Il datore di lavoro è condannato, altresì, per il medesimo periodo, al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali.

2. E’ data facoltà al lavoratore in favore del quale sia stata pronunziata sentenza di reintegra, optare, entro trenta giorni dal deposito o dall’invito del datore a riprendere servizio, per un’indennità sostitutiva della reintegra di importo pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione. Trascorso il termine senza che sia intervenuta richiesta dell’indennità o adesione all’invito di riprendere servizio, il rapporto si estingue. La facoltà di sostituire la reintegra con il pagamento dell’indennità suddetta, é riconosciuta anche al datore di lavoro che occupi non più di otto dipendenti, eccettuata l’ipotesi di nullità del licenziamento.

3. Le previsioni dei commi 1 e 2 che precedono si applicano ai lavoratori che rivestono la categoria operaia, impiegatizia o di quadro. Si applicano altresì ai dirigenti nell’ipotesi di dichiarazione di nullità del licenziamento.

4. Le disposizioni dei commi 1 e 2 che precedono trovano applicazione anche nelle controversie riguardanti i licenziamenti collettivi emanati ai sensi dell’art.4 Legge 23 luglio 1991 n.225 nelle seguenti ipotesi:

a) insussistenza dei fatti e dei motivi dichiarati dall’impresa in corso di procedura ai sensi dell’art.4 comma 3 Legge 23 luglio 1991 n.223, e posti a fondamento della riduzione o trasformazione di attività o di lavoro.

b) Violazione della procedura richiamata dall’art.4 comma 12 della suddetta legge.

c) Violazione dei criteri di scelta previsti dall’art.5 primo comma della medesima legge.

d) Mancata osservanza della forma scritta nell’intimazione del licenziamento dei singoli lavoratori”.

5. Sono abrogati il D. Lgs. 4 marzo 2015 n.23; gli articoli 7 e 8 Legge 15 luglio 1966 n.604M l’art.5 terzo comma Legge 23 luglio 1991 n.223 e i commi da 37 a 68 dell’art.1 Legge 28 giugno 2012 n.92.

Art.2. (Contratti a termine).

1. Il testo dellì’art.19 comma 1 e 1 bis del D. Lgs. 15.06.2015 n.81 è sostituito dal seguente:

“Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 24 mesi a fronte di esigenze:

a) temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro nonché sostitutive di lavoratori assenti.

b) Connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

c) Relative a lavorazioni e picchi di attività a carattere stagionale, individuati con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”.

2. Il testo dell’art.19 comma 4 dell’art.19 D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è sostituito dal seguente:

Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto consegnato al lavoratore entro 5 giorni dall’inizio della prestazione, e contenente la specificazione delle esigenze di cui al primo comma, comprovate dal datore di lavoro. Nel caso di mancanza dei requisiti formali o di difformità tra causale espressa e adibizione effettiva del lavoratore, il contratto si trasforma a tempo indeterminato fin dal suo inizio”.

3. Sono abrogati l’art.21 comma 1 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 ed il comma 2 dello stesso articolo limitatamente alle parole “nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi”.

4. Il testo dell’art. 23 quarto comma del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è sostituito dal seguente:

In caso di violazione del limite percentuale di cui al comma 1, i contratti stipulati in eccedenza si trasformano a tutti gli effetti a tempo indeterminato”.

5. Il testo dell’art.28 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è così modificato:

a) nel comma 1, le parole “del singolo contratto” sono aggiunte le parole “o, in caso di contratti consecutivi, dalla cessazione dell’ultimo”.

b) I commi 2 e 3 sono sostituiti dalla seguente disposizione:

Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore in misura pari all’importo delle retribuzioni perdute, dedotto quanto ottenuto nel periodo di estromissione per lo svolgimento di altre attività lavorative nonché al versamento dei contributi previdenziali”.

Art.3 (Lavoro somministrato).

1. Il testo dell’art.30 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è sostituito dal seguente:

“1) Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto a tempo de
terminato con il quale un’Agenzia di somministrazione autorizzata ai sensi del D. Lgs. 10 settembre 2003 n.276 mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed il controllo dell’utilizzatore.

2) I contratti di somministrazione a tempo indeterminato già in corso di esecuzione continuano a produrre i loro effetti fino alla loro legittima risoluzione.

3) La somministrazione a tempo determinato è consentita a fronte di esigenze:

a) temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro nonché sostitutive di lavoratori assenti.

b) connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

c) relative a lavoro stagionale e picchi stagionali di attività, individuati con Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”.

4. Le suddette esigenze ed attività devono essere specificamente indicate nel contratto di somministrazione di cui all’art.33 del presente decreto, in aggiunta agli altri elementi ivi previsti”.

2. Il testo dell’art.38 secondo comma del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è modificato dal seguente:

Quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui agli artt. 30 e 31 commi 1 e 2, 33 comma 2 lettere a), b), c) e d), o vi sia stata somministrazione di un lavoratore per più di tre volte in favore dello stesso utilizzatore, il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato con effetto dall’inizio della somministrazione o del quarto utilizzo”.

Art.4 (Lavoro a tempo parziale involontario).

Dopo l’art.8 comma 8 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è inserito il comma 9 del seguente tenore:

Nel caso di lavoratore assunto a tempo parziale è riconosciuto un diritto di preferenza al fine della trasformazione in rapporto a tempo pieno, nel caso di successive assunzioni, con contratto a tempo indeterminato, sia a tempo pieno che parziale, di altri lavoratori di comparabile qualifica e professionalità.

L’intenzione di procedere all’assunzione deve essere notificata per iscritto con anticipo di almeno dieci giorni, ed il lavoratore a tempo parziale deve comunicare la sua volontà di trasformazione del rapporto a tempo pieno entro i cinque giorni successivi. In mancanza di notifica o consenso alla richiesta trasformazione, questa può essere disposta in via giudiziaria, fermo il risarcimento del danno”.

Art.5 (Collaborazioni organizzate dal committente).

Il testo dell’art.2 del D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è sostituito dal seguente:

1. Si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro continuative, personali, con soggezione a direttive, anche di sola massima del committente, e da lui organizzate con inserimento nella propria organizzazione produttiva.

2. La disposizione di cui al primo comma si applica anche alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, sempre che la prestazione avvenga, su base annua, in misura superiore al settanta per cento, in favore di uno stesso committente, persona fisica, giuridica o centro di interesse”.

Art.6 (Appalti).

Il testo dell’art.29 del D. Lgs. 10 settembre 2006 n. 276 è così sostituito:

1. Il contratto di appalto stipulato e regolamentato ai sensi dell’art. 1665 cc, si distingue dalla somministrazione di lavoro per l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’imprenditore nonché per l’assunzione del rischio di impresa.

2. Ove l’attività appaltata richieda esclusivamente o in maniera preponderante l’esecuzione di prestazioni lavorative del dipendente dell’appaltatore, che le organizzi e le diriga, l’appalto è legittimo quando ne derivi, per la specialità delle competenze professionali utilizzate, una comprovata maggiorazione di produttività e di risultati rispetto ad una gestione diretta in economia dell’attività.

3. Gli imprenditori che appaltano opere e servizi sono obbligati in solido con gli appaltatori e con gli eventuali subappaltatori a corrispondere ai dipendenti degli stessi, un trattamento economico e normativo non inferiore a quello spettante ai dipendenti dell’appaltante.

4. In caso di subentro di nuovo appaltatore si applica il disposto dell’art. 2112 cc, salvo che sussista, tra i due appalti, una sostanziale discontinuità con riguardo ai mezzi impiegati ed al contenuto dell’attività. In tale ipotesi i lavoratori hanno comunque diritto al reimpiego senza peggioramento delle condizioni economico-normative”.

Art.7 (Gruppi di imprese).

“1. Al fine dell’applicabilità di regole e trattamenti legali e contrattuali condizionati alla ricorrenza di un determinato livello occupazionale nell’impresa, vengono sommati nel computo dei dipendenti quelli occupati nel medesimo gruppo imprenditoriale individuato ai sensi dell’art. 2359 cc e del D. Lgs. 2 aprile 2002 n.74.

2. Si applica altresì la sommatoria dei livelli occupazionali quando, indipendentemente dalla ricorrenza della condizione di cui al comma che precede, più imprese possano essere ricondotte ad un unico centro di interesse, in considerazione degli assetti proprietari e gestionali e dell’utilizzo promiscuo di risorse umane e strumentali”.

Art.8 (Lavoro sommerso ed irregolare).

“1. In sede di regolarizzazione per via giudiziaria o amministrativa di prestazioni lavorative non precedentemente denunziate dal datore di lavoro, si presume l’esistenza di un rapporto lavorativo subordinato a tempo pieno fin dal momento della prima prestazione accertata.

2. Il lavoratore il cui rapporto di lavoro sia stato regolarizzato ai sensi del comma che precede può essere licenziato, nel quinquennio successivo, solo per giusta causa e giustificato motivo soggettivo.

3. I commi che precedono trovano applicazione anche quando il rapporto di lavoro irregolare sia intercorso con lavoratore extracomunitario non in possesso del permesso di soggiorno, ed il lavoratore , in tal caso, il diritto al suo rilascio con validità non inferiore al periodo di garanzia di cui al secondo comma.

Art.9 (Sanzioni disciplinari).

1. Dopo il comma 1 dell’art.7 Legge 20 maggio 1970 n.300 è inserito il seguente comma 1 bis:

Il datore di lavoro deve, in ogni caso, intimare il recesso per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 cc nel rispetto ed in applicazione delle norme disciplinari delle procedure e degli accordi di cui al comma che precede”.

Dopo il comma 5 dell’art.7 Legge 20 maggio 1970 n.300 è inserito il
seguente comma 5 bis:

I provvedimenti disciplinari non possono altresì essere applicati trascorsi 90 giorni dal momento in cui il datore di lavoro ha avuto conoscenza del fatto o avrebbe potuto acquisirla con l’ordinaria diligenza. Le giustificazioni presentate dal lavoratore in replica alla contestazione disciplinare si ritengono accolte se la sanzione non viene irrogata entro i quindici giorni successivi”.

Art.10 (Disciplina delle mansioni).

1. Il testo dell’art. 2103 del codice civile, come riformato dall’art.2 D. Lgs. 15 giugno 2015 n.81 è sostituito dalla seguente disposizione:

1. Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito, ovvero senza alcuna diminuzione della retribuzione a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, purché professionalmente equivalenti e non estranee all’esperienza e alle conoscenze già acquisite dal lavoratore.

2. In ipotesi di sopravvenuta inidoneità fisica alle mansioni o di esubero della posizione lavorativa per modifiche organizzative, il lavoratore può altresì essere assegnato, a tutela della continuità professionale, con atto scritto motivato, a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale. Sono conservati il livello di inquadramento ed il trattamento retributivo, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento delle precedenti mansioni.

3. In ipotesi di illegittima dequalificazione e demansionamento, il danno alla professionalità è liquidato dal giudice, secondo la gravità della lesione, in percentuale variabile della retribuzione corrente per l’intera durata dell’illecito.

4. Nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, ove la medesima non sia avvenuta per sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, o, in mancanza, dopo sei mesi anche non continuativi nell’arco di un triennio. I contratti collettivi possono prevedere durate diverse in ragione di specifici programmi di progresso professionale e di qualifica.

5. Le previsioni dei commi 1, 2 e 3 trovano altresì applicazione in favore dei lavoratori dipendenti di Enti Pubblici, con rapporto lavorativo disciplinato dal D. Lgs. 30.03.2001 n.165.

6. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive preventivamente comunicate e riguardanti ambedue le unità produttive.

7. Ogni patto contrario è nullo”.

Art. 11 (Risarcimento del danno non patrimoniale).

1. Il danno non patrimoniale sofferto dal lavoratore in occasione del rapporto di lavoro, ed ascrivibile a responsabilità del datore di lavoro per lesione dei diritti ed interessi della persona di rilevanza costituzionale è liquidato dal giudice, in assenza di parametri normativi certi, secondo criteri equitativi nelle sue diverse componenti di danno biologico, morale, professionale, esistenziale ed alla vita di relazione.

2. Nell’ipotesi di annullamento di licenziamento illegittimo è risarcibile, anche, l’eventuale danno non patrimoniale o il danno patrimoniale ulteriore rispetto alla perdita retributiva.

Art.12 (Tutela dei diritti).

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni di legge:

a) Gli artt. 30, 31 e l’art. 32 commi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 della Legge 4 novembre 2010 n.183. b) L’art.8 D.L. 13 agosto 2011 n.138 convertito in Legge 14 settembre 2011 n.148.

c) L’art. 614 bis comma 1 del codice di procedura civile limitatamente alle parole “le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nelle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato ed ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art. 409 cpc”.

d) L’art.7 Legge 15 luglio 1966 n. 604.

2. Nelle controversie di lavoro promosse dal lavoratore aventi ad oggetto l’impugnazione del licenziamento la trasformazione dei contratti di lavoro in contratti a tempo indeterminato o dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in contratti di lavoro subordinato, è presunta la ricorrenza del pericolo nel ritardo ai fini dell’emanazione di provvedimenti cautelari e d’urgenza.
(30 aprile 2020)
 



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