Anziani e disabili: un’idea per le ronde
di Guido Salvini, Tribunale di Milano
Parlando di ronde parliamo prima di anziani e di una forma di criminalità seriale favorita dall’esiguità delle pene per i reati di truffa anche se commessi contro soggetti deboli.
A Milano e nell’hinterland e in altre città quasi ogni giorno anziani che vivono soli sono l’obiettivo di truffe commesse da un vero e proprio racket.
Con una delle tecniche più subdole, usata non dai rom ma da comuni italiani, la vittima viene avvicinata per strada, il truffatore si presenta a nome del figlio citandone il nome esatto acquisito grazie ad una “inchiesta“ nel quartiere, le spiega che il figlio ha un debito con lui per l’acquisto di un computer o altro e l’anziano frastornato dalle parole e talvolta anche da una finta telefonata del figlio che arriva proprio in quel momento sul cellulare del truffatore, spesso cede e accetta di salire in casa o a portarsi ad un bancomat consegnando somme anche elevate.
E’ una trappola odiosa perché al danno economico che in genere colpisce una fascia debole si aggiunge un danno psicologico che spesso perdura nel tempo in quanto l’anziano, resosi conto di essere vulnerabile, entra in una spirale di incertezza e di perdita di autostima. La Procura di Milano ha un pool attrezzato e una sezione di Polizia giudiziaria contro questo genere di reati contro i più deboli e spesso riesce a individuare i colpevoli.
Ma sul piano preventivo si potrebbe fare di più.
Si discute molto di ronde e con perplessità giustificate. Vi è il timore che si trasformino in piccole milizie di partito, magari nemmeno formate da ”militanti”che risiedono nel Comune ove dovrebbero operare e vi è il rischio fondato che esse attraggano esaltati spinti dal desiderio nascosto di mettersi in mostra e di menare le mani.
Il Regolamento di attuazione del decreto-legge del 20.2.2009 che il Ministro dell’Interno dovrà scrivere entro 60 giorni è ancora in gestazione e , se pensato in modo intelligente, può ridurre questi rischi.
Le “ronde” in base al decreto-legge dovranno occuparsi non solo degli eventi dannosi per la sicurezza ma anche delle situazioni di “disagio sociale”.
Si può quindi evitare che esse reclutino gli scalmanati che intendono muoversi nella notte solo contro qualcuno, anche provocando tensioni, e non per aiutare qualcuno in difficoltà.
Basterà imporre nel Regolamento che ogni Associazione per essere autorizzata e ciascuno dei suoi componenti debba dividersi tra la sicurezza, in pratica i pattugliamenti, e l’aiuto, anche diurno, di chi è in situazione di disagio.
In concreto ciascun “rondista” dovrà non solo tenere d’occhio con le torce di ordinanza i potenziali soggetti pericolosi per la sicurezza, stranieri e no, ma ad esempio più prosaicamente accompagnare gli anziani per evitare che siano vittime di truffe, favorendone gli spostamenti magari anche per raggiungere un ospedale o un ufficio postale e vigilare su altri deboli come alcuni disabili.
Sarebbe una scelta utile per due ragioni.
Le truffe agli anziani e le umiliazioni ai disabili, frequenti anche se se ne parla poco, hanno per le vittime quasi le conseguenze di uno stupro e chi intende le ronde solo in termini bellicosi e non di solidarietà eviterà quasi di sicuro di volerne far parte.
Con minor rischi, certo, per tutti.
Infine nel dibattito sule ronde è strano che nessuno abbia notato che non meno della “privatizzazione” della sicurezza è un segno di degrado sociale la “collettivizzazione” dell’indifferenza che le è speculare sul piano culturale.
A Pordenone pochi giorni, fa la notizia è passata quasi sotto silenzio, nelle vie centrali e non di notte ma nelle prime ore della sera un giovane gay e invalido nella mente e nel corpo per un incidente subìto, è stato inseguito, umiliato, picchiato, sbattuto a terra per oltre 20 minuti senza che nessuno di coloro che passeggiava o sostava nei bar intervenisse.
Responsabile dell’odioso episodio sono stati 3 giovani, uno dei quali noto come naziskin, in cerca di “gay da pestare”. Quando sono stati individuati e incriminati per violenza privata con l’aggravante di aver infierito su una persona disabile hanno cercato di giustificarsi guarda caso, come ha riportato il Corriere della Sera, con l’alibi dei “rondisti” farfugliando che volevano far pulizia di chi rendeva la zona “malfrequentata”.
La lezione di questo e di episodi simili è molto chiara. Il rischio che le ronde si riempiano di soggetti che intendono sfogare i loro istinti o altri in cerca di protagonismo che aspirano ad un quarto d’ora di celebrità, buona o cattiva che sia, sono direttamente proporzionali, sul piano culturale, alla diffusa indifferenza di tutti gli altri, cioè dell’informe “collettività” odierna in cui vige solo l’interesse per il giardino di casa propria, estranea alla sorte dei deboli, degli emarginati, del prossimo che si trova stabilmente o momentaneamente in difficoltà.
Se questa indifferenza amorale non vi fosse, vi sarebbe parallelamente molto meno bisogno dell’esaltazione delle ronde e della mobilitazione degli aspiranti sceriffi.
Ogni cittadino sentirebbe infatti il dovere civico di segnalare potenziali fonti di pericolo e allo stesso tempo di intervenire per aiutare chi si trova in difficoltà. Sarebbe una vera ”collettività” senza esclusi e più civile per tutti.
(17 marzo 2009)
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