Ateobus, una campagna inopportuna
di Mauro Barberis
Il meno che si possa dire è che questa faccenda degli ateobus, iniziata come una provocazione, ha rivelato alcuni autentici nervi scoperti dell’opinione pubblica italiana oggi. È potuto così accadere che l’amico Pellizzetti, di solito tacciato di essere un mangiapreti, è stato accusato di tutte le peggiori nefandezze (attitudini censorie, cerchiobottismo, supponenza, ignoranza) dagli Atei, dagli Agnostici, e persino dai Razionalisti (difficilmente un’unica persona riunisce tutte e le tre qualità) per essersi permesso di prendere le distanze dall’iniziativa dell’UAAR ("schiocchina", ha osato chiamarla). Trasecolo e allibisco. Per fortuna Paolo Flores e a suo modo lo stesso presidente dell’UAAR, sul "Secolo xix" di oggi, hanno riportato la cosa alle sue giuste dimensioni. Ma andrebbero sottolineate tre cose. Una, che la campagna pubblicitaria sarebbe stata praticamente invisibile — avrebbe interessato 2 bus (due) presumibilmente dislocati su linee secondarie – mentre così è arrivata sulle prime pagine: se questo era l’obbiettivo, era ben pensato.
Due, che l’inopportunità della campagna consisteva solo in questo: se la Chiesa avesse voluto rispondere con una campagna uguale e contrario, ci saremmo trovati sommersi, vista la differenza di risorse finanziarie, da migliaia di bus con scritte come "Dio c’è" o "Giù le mani da Dio", che sarebbero stati ben più imbarazzanti. Tre, e soprattutto, che proprio noi atei, agnostici e razionalisti (confesso di appartenere ad almeno due di queste tre categorie), specie di questi tempi, dovremmo dare esempio, se non di moderazione, almeno di ragionevolezza e di tolleranza, e non comunicare l’impressione che, lasciati a noi stessi, saremmo capaci di sterminarci per dei paragrafi, come avrebbe detto Voltaire, non troppo diversamente dai fedeli di molte religioni.
(21 gennaio 2009)
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