Benedetto XVI, Berlusconi III e la laicità dello Stato

MicroMega

di Michele Martelli

 

«In Italia non si può governare contro la Chiesa»: l’ha detto Berlusconi III. Per smarcarsi dalle ex-sparate a salve dei leghisti Bossi e Calderoli («Siamo pronti a sospendere il Concordato se la Chiesa continua con le sue ingerenze»). Da notare che in ambedue i casi il sottinteso inespresso è: Chiesa = Cei = Vaticano = Santo Padre (il segno = non esclude, ovviamente, secondarie contraddizioni interne all’apparato). Berlusconi, dunque, filoclericale e antilaico, favorevole alla santopadre-dipendenza dell’Italia, mezzo premier di uno Stato a sovranità limitata, e Lega anticlericale e filolaica, a difesa della sovranità e autonomia dello Stato italiano, come recita la Costituzione? Ma quando mai! Se così fosse, minimo minimo i leghisti dovrebbero sfilarsi dal governo. Da un governo succube della Chiesa, che, a detta del suo premier, può governare non contro, ma con la Chiesa, col suo placet. Seguendo i suoi consigli o applicando i suoi diktat. Dove non si muove foglia che Dio non voglia.

Quelle dichiarazioni sono probabilmente l’espressione di un trucco mediatico, un gioco delle parti, una commedia all’italiana. In cui lo stesso teatrante, alla bisogna, indossa panni diversi, rivestendosi e travestendosi a scena aperta. E infatti, nello spazio di poche ore, Bossi dichiara che la Lega è «l’unico vero partito cattolico in Italia» (un bel colpo sotto la cintura al Pdl semiciellino). E che lo aspettano ansiosi in Vaticano, per chiarire ogni cosa. Che succede? La Lega di colpo antivaticana e di colpo filovaticana, già una volta celtico-pagana e poi cattolico-papale? Croce celtica e bandiera padana dismesse, per abbracciare il Crocifisso e le insegne pontificie? Nemmeno i mulini a vento girano con tanta velocità.

Idem per Berlusconi. Ma a parti rovesciate. Da Danzica ha fatto sapere che i suoi rapporti col Vaticano sono ottimi. E intanto i suoi mezzi di (dis)informazione, con alla testa Vittorio Feltri, o Feltrusconi, come è stato definito, direttore eterodiretto del "Giornale" di famiglia del premier, fanno esplodere il «caso Dino Boffo», direttore dell’"Avvenire", il quotidiano di proprietà episcopale. La colpa di Boffo? Quella di essere eterodiretto non dal magnate di Arcore, ma dalla Cei di Bagnasco. Che, per non destare tra i fedeli troppo scandalo sul suo silenzio, ha usato la penna boffiana per abbozzare sommesse critiche ai vizi privati-pubblici del premier. E costui è insorto coi suoi "pennaioli" e i suoi telemegafoni. Convinto, o sperando, che il Vaticano si dissociasse dalla Cei. L’inusuale intervento del papa, di piena stima per Bagnasco, e, per l’"Avvenire", sembra porre fine, almeno per adesso, al "caso".

In questo anomala situazione di «pace-guerra» mediatica tra Berlusconi/Lega e Vaticano/Cei c’è una sola vittima: la laicità dello Stato. Berlusconi dà per acquisito che l’Italia sia un protettorato vaticano («non si governa contro la Chiesa; la caduta di Prodi insegna»), e Bossi rientra nell’ovile clerico-papale di «Roma ladrona». Allo scalpo di Boffo Berlusconi può anche rinunciare; ciò che davvero gli preme è la benedizione papale per non perdere l’elettorato cattolico. Ha inaugurato il suo governo con una visita-omaggio a Benedetto XVI, riverendolo in ginocchio con un doppio baciamani. E ora ha tentato la via della Perdonanza aquilana. Altre occasioni di baciamani e di perdonanze ci saranno, c’è da scommettere. Alla faccia della Costituzione! Benedetto XVI, da parte sua, respinge le intrusioni e aggressioni esterne, serra le fila, difende Cei, Bagnasco e «Avvenire» (l’incauto Boffo forse avrà le sue, a tempo debito). Ma, tramite il suo segretario di Stato Bertone e il giornale della Santa Sede, «L’Osservatore romano» (romano, legga legga la Lega!), conserva rapporti di dialogo proficuo con Berlusconi III. Che, tra bordate e sgambetti, gli garantisce tuttora l’approvazione di leggi pro Ecclesiam (fine-vita, staminali, scuola cattolica, vantaggi fiscali). Il do ut des continua, continuerà? Chissà! A meno che il governo di Berlusclonia non imploda.

O l’opposizione politica, e la società civile, non si sveglino dal letargo.

(3 settembre 2009)



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