Berlusconi: oltre il reality
In un giorno di ordinaria follia, ci imbattiamo in un matrimonio vip: i nubendi, lei deputata lui ricco imprenditore, naturalmente campano. Ospiti variegati: da starlette del Grande Fratello a riccastri lampadati e allampanati. Infine, alcuni sfigati, spettatori di passaggio, come in un parco dei divertimenti.
Il testimone della sposa racconta barzellette su Silvio Berlusconi, facendo ridere a crepapelle lo stuolo di persone adoranti che lo circondano, assediandolo, in attesa che il suo sguardo li benedica e un gesto qualsiasi delle mani, li faccia uscire dall’anonimato. Le donne sono le più coinvolte, come in trans, sembrano cortigiane isteriche: fasciate in abiti da sera o seminude, sarebbero perfette comparse in un film dal titolo "Fenomenologia di un cabarettista" o replicanti uscite da "Il divo", in una di quelle feste anni ’80 organizzate da Cirino Pomicino e immortalate da Sorrentino. Lui, il testimone della sposa, è Silvio Berlusconi che racconta aneddoti su se stesso, conquistando, letteralmente, gli astanti: "Vedete come sono democratico?", sembra dire, "racconto addirittura le barzellette che i comunisti fanno circolare sul mio conto, con la differenza che loro non hanno il coraggio di prendermi in giro… invece io sì!". Cita la moglie Veronica "con cui ", dice, "non sono più sposato": stupore generale, interrotto dalla puntuale spiegazione: "Da quando è nato il nostro ultimo nipotino, bellissimo (naturalmente, ndr), lei non mi parla più al telefono: mi passa direttamente lui che mi fa i versi". Familismo amorale.
Lo guardo. Osservo la sua maschera, la pelle è coperta da strati di crema colorata e sembra gonfio: guarda chi lo circonda senza vedere nulla, se non la propria immagine riflessa. Se non fosse chi è, sarebbe un simpatico narciso; essendo chi è, sprigiona il potere che non deve chiedere nulla, un equivoco vivente: tratta tutti come propri ‘fedeli’ da cui attendersi un’adesione o un atto di fede, per l’appunto. Dalla squadra di ‘gorilla’ che lo segue torva e come sotto l’effetto di ipnotici, ai ‘suoi’ deputati, alla gente comune che ne è rapita: tutti fanno parte della corte del presidente, senza un’identità né un nome. Confonde con effetti speciali: ai giornalisti "embedded" che gli chiedono di Alitalia, lui risponde, incredibilmente, "tutta colpa dei comunisti se Alitalia fallisce" (allora lo dice davvero! Non è una leggenda!). Tutti, divertiti, scattano foto. Io, sempre più depresso.
Credo di toccare il fondo quando spunta il mitico Apicella e i due si mettono a cantare, una dopo l’altra, canzoni d’amore in italiano, in napoletano, in francese, mentre le donne, come in un concerto degli U2, si strappano i capelli, ballando ai suoi piedi. Orrore. A una, la più bella, Silvio si avvicina, per sussurrarle qualcosa nell’orecchio. Interviene la sposa: non può tagliare la torta nuziale senza il "presidente", né fare il brindisi finale. Sono confuso: sembra che tutti abbiano dimenticato che un tempo, quello, doveva essere un matrimonio. La sposa chiede a una bellissima invitata cosa gradisce per dolce il "presidente". L’altra risponde: "Nulla, se non un piatto di frutta fresca". Io chiedo a un’amica che sa tutto: "Chi è la bellissima?" La risposta: "Non lo sai? È la donna di Berlusconi…". Io rispondo che non ci credo.
Sento tutto il degrado del mio tempo: vorrei riderci su, drogarmi dello stesso eccitamento che sento nell’aria e invece mi sale una nausea fisica. Qualcuno mi dà dell’ipocrita moralista. Io mi sento solo in colpa, per esserci: non essere presenti, non poter testimoniare, a volte, è l’unica salvezza. Il giorno dopo, chiedo al mio analista: mi dica se c’è qualcosa che non và, se non sia io infinitamente irrisolto. Lui mi rassicura: conservi sempre questa sensazione di schifo. La salverà.
Post scriptum (che non c’entra nulla o forse sì):
Gita fuori porta con una coppia di amici: lui è un assistente di volo/futuro cassaintegrato Alitalia, fan di Grillo, ha il suo stesso stile da ‘telepredicatore’. Ci chiede cosa abbiamo capito dell’affare Alitalia, se ci abbiamo capito qualcosa. Noi, in estrema sintesi, rispondiamo che le politiche dissennate hanno creato privilegi su privilegi. Che ora la compagnia di bandiera sta implodendo, che la Cai è un’operazione mafiosa ma… vogliamo parlare dei fallimenti della sinistra e dell’altra casta, quella dei sindacati? Di chi è la colpa? Non è forse di tutti? Noi, gli diciamo, non individuiamo un solo innocente… Lui: "Ma i sindacati fanno il loro mestiere. Negoziano, contrattano… (mentre Berlusconi gliela mette in quel posto! ndr): l’unica mafia è quella della Cai".
Sempre la stessa storia. Non so più da cosa sia meglio fuggire. Esserci o non esserci? Vorrei venir meno. Per un po’.
Cameriere per caso
(29 settembre 2008)
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