Biocidio, c’è chi dice no. Il caso Battipaglia

Emanuela Marmo

 

Siamo alla seconda tappa di approfondimento del : insieme a Stop Biocidio guardiamo da vicino le questioni ambientali che affliggono la regione allo scopo di individuare le opportunità di cambiamento che la loro soluzione può esemplificare, affinché le crisi ambientali non siano gli appigli per nuove strategie di accumulazione e consumo.

Ci troviamo, pertanto, a Battipaglia, in provincia di Salerno. Il comune ha un’ottima posizione geografica. Si trova ai margini settentrionali della piana del Sele, di cui costituisce lo snodo ferroviario, il maggior polo industriale e una delle aree agricole più produttive, leader in Italia nella produzione di insalate imbustate, rinomata per le fragole, la rucola, il carciofo di Paestum, la mozzarella.

Ci scortano Lidia D’Angelo del comitato Battipaglia dice no e Antonio Pappalardo del comitato Si… amo Battipaglia, comitati che si interessano della questione dei rifiuti.

Nel 2017, mentre a soli cento metri già funzionava lo Stir, venne messo in funzione un impianto di compostaggio nella zona industriale di Eboli, che confina senza soluzione di continuità con quella di Battipaglia. I quartieri residenziali di Sant’Anna e Taverna che si trovano nell’area vennero inondati dal miasma. Si tratta di quartieri molto popolosi.

Nell’agosto dello stesso anno, un cittadino aveva scoperto che all’interno dello Stir, che raccoglieva l’indifferenziato del salernitano, sarebbe stato allocato anche un impianto di compostaggio, per un volume di circa 38mila 500 tonnellate di rifiuti umidi da trattare: un altro impianto di compostaggio, sebbene ci fosse già quello di Eboli? Il procedimento si trovava in una fase avanzata dell’iter burocratico, eppure le amministrazioni che si erano succedute a partire dal decreto regionale che lo aveva avviato, sembravano non saperne nulla. Le amministrazioni cascavano dal pero, i cittadini allora si organizzarono, portando all’attenzione delle autorità quesiti molto semplici: a 100 metri, in territorio ebolitano, c’è già un impianto di compostaggio in grado di trattare 20 mila tonnellate di umido; ad esso si aggiungono i tanti altri piccoli impianti, privati, disseminati nel territorio: stiamo diventando un polo dei rifiuti?

In effetti, la normativa europea suggerisce alle regioni di dotarsi di ben distribuiti, ma micro-impianti di zona, idonei a soddisfare le esigenze locali, a ridurre o evitare il trasporto dei rifiuti. La carenza e la non equilibrata dislocazione degli impianti, secondo il vicepresidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, è la prima causa dei viaggi dei rifiuti lungo la penisola, viaggi che comportano costi economici, danni ambientali, che causano un eccessivo ricorso alla discarica: nel Mezzogiorno il 41% dei rifiuti viene ancora smaltito in discarica. Considerando che viaggi dei rifiuti percorrono 1,2 miliardi di km l’anno e foraggiano gli interessi della criminalità, va da sé che la concentrazione del trattamento dei rifiuti in grandi poli è deleteria non solo per i luoghi che sono costretti a sostenerli, ma per l’intero sistema-Paese. Tuttavia è sulla popolazione locale che ricadono i disagi maggiori.

Lo scorso anno, i livelli di acido solfidrico nell’aria, registrati dall’Arpac, hanno rilevato a Battipaglia concentrazioni 10 volte superiori alla media per tutta la giornata, con picchi di 99 volte in alcune ore. La zona, principalmente d’estate, è caratterizzata dalla ventilazione a regime di brezza, che può soffiare per ore. Le brezze aumentano l’umidità. Tali peculiarità, che normalmente contribuiscono ad addolcire il clima, si combinano in modo negativo con il fenomeno del miasma, rendendo l’aria irrespirabile. L’alto numero di incendi che si sono susseguiti negli anni ha penosamente aggravato la situazione. Nel 2019 un incendio coinvolse un impianto di pneumatici a 600 metri dalla scuola elementare del rione Taverna.

Il quadro di riferimento finora tracciato si tramuta da qualche tempo in una sorta di tavolo da ping-pong, tra annunci e smentite: l’impianto di compostaggio apre, l’impianto di compostaggio non apre: lo scorso aprile, l’accordo di programma stipulava la rimozione, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti dell’impianto Stir di Battipaglia, al fine di realizzare nello stesso un sito di trattamento dell’umido; di contro, più recentemente, il consiglio d’ambito ha dichiarato che l’ampliamento dello Stir non si farà. L’atto di indirizzo questa volta è stato condizionato dall’indice di saturazione, parametro necessario per un’impiantistica pubblica autosufficiente ed equilibrata.

I disagi ambientali di Battipaglia non si riducono alla doppia e ravvicinata presenza dei due grossi impianti citati. Resta irrisolta una problematica precedente, quella delle discariche sulle colline del Castelluccio, anch’esse situate a pochi metri l’una dall’altra. Quando negli anni Novanta il governo Bassolino si trovò in piena crisi dei rifiuti, questi siti furono messi temporaneamente a disposizione, con l’impegno successivo di bonificare i suoli. Le ex discariche di Castelluccio, invece, non sono mai state ripulite, nonostante i danni ambientali registrati dalle fuoriuscite di percolato.

Nel 2013 si è avviato in Regione un procedimento per la rimozione delle balle in convenzione con Invitalia. Nei giorni scorsi è stato pubblicato sul Burc il decreto per i fondi regionali disponibili per la bonifica delle discariche. Il comune di Battipaglia è tra gli assegnatari di un finanziamento di 13,5 milioni che sarà suddiviso tra più siti: i comitati, però, hanno appreso che la regione, nel caso di Battipaglia, laddove si incontrassero difficoltà nella rimozione, autorizza a provvedere con la semplice copertura dei rifiuti. Perché questa eccezione?

La presenza di molteplici impianti per i rifiuti nel battipagliese, che palesemente sovraccarica l’ambiente locale, non si traduce neanche in uno sgravio in bolletta. La gestione dei rifiuti urbani rappresenta circa un quarto delle spese correnti dei comuni italiani. Nella maggior parte dei casi, il servizio è finanziato con un tributo locale. In genere, i cittadini che abitano territori privi di impianti pagano tariffe più alte. A Battipaglia, che non ne è affatto sprovvista, le tasse sui rifiuti sono aumentate. Secondo le dichiarazioni della sindaca Cecilia Francese, ciò si deve ai debiti contratti dalla società partecipata del Comune, che si occupa della raccolta dei rifiuti, Alba, ai quali si aggiungono i 3 milioni circa che la città paga di trasferimento allo Stir.

La vicenda di Battipaglia conferma e dimostra come i costi siano sempre più socializzati, a fronte di benefici sempre più privatizzati. La crisi ecologica non riesce da sé a interrompere i meccanismi dell’accumulazione e del consumo, quindi se costi e benefici tornano al centro della commisurazione è solo grazie alla negoziazione tra i soggetti: le lotte territoriali hanno un ruolo fondamentale. I modi di organizzarne la convergenza farà la differenza, giacché nella sfida ecologica confluiscono soggetti impegnati a res
istere alle nuove sperequazioni del capitalismo, quelle che ne consentono la rigenerazione persino grazie agli stessi strumenti normativi che sembrerebbero servire sistemi economici finalmente ecosostenibili. Queste lotte, in definitiva, dimostrano che la soluzione non dipende dall’efficienza tecnologica, bensì dai rapporti tra le parti in gioco e dalla loro riformulazione etica e politica.


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Il ministero dell’Ambiente ha avviato un tavolo istituzionale con regioni e province autonome per la definizione del Programma nazionale per la gestione dei rifiuti (PNGR). Con il supporto dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, definirà macro-obiettivi, criteri e linee strategiche. Ha invitato a partecipare l’Anci; le prossime riunioni saranno estese al ministero per lo Sviluppo economico e all’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente; Assoambiente chiede di allargare il confronto alle aziende di settore: sono i portatori di interesse appropriati per un approccio che si prefigge di evitare il contenzioso comunitario, migliorare gli standard e diminuire i costi. Ma è sufficiente?

Affinché strumenti come il PNGR non siano impiegati in senso monocratico, la partecipazione dei territori al processo decisionale deve esprimersi. Il malessere ambientale, di cui le persone a buona ragione si lamentano, scaturisce dalle finalità che orientano lo sviluppo. I movimenti devono prevedere le scelte del sistema e agire su più livelli. Per questo, la capacità di incidere sulle decisioni, in parte si costruisce sul fronte del monitoraggio e della ricerca ed esso va aperto alle conoscenze e alle competenze dei cittadini. I comitati di Battipaglia hanno ottenuto l’istituzione di una Consulta per l’ambiente, ma l’auspicio è che una viva e feconda convergenza dei movimenti nello spazio della protesta e del confronto tramuti la storia di un territorio in una esperienza politica completa, da un punto di vista teorico e metodologico.

(26 novembre 2020)




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