Bonjour tristesse
In mostra al Museo Fondazione Roma il mondo incantato e coloratissimo di Niki de Saint Phalle, la figlia dell’upper class che si sfogava sparando ai quadri.
di Mariasole Garacci
Niki de Saint Phalle (1930-2002), scultrice, pittrice e performer franco-americana, nota per il Giardino dei Tarocchi di Garavicchio in Toscana ispirato al Parc Güell di Gaudì, scoprì la propria vocazione artistica in seguito al grave esaurimento nervoso che la costrinse al ricovero in una clinica a Nizza, giovanissima figlia dell’alta borghesia francese, all’inizio degli anni ’50. La funzione catartica e salvifica dell’esercizio d’arte è dunque la risposta ad un disagio esistenziale espresso in opere dal linguaggio immediato e talvolta naif (Coeur, 1963; Marilyn, 1964) in cui oggetti simbolici dell’infanzia, della dolcezza, della femminilità, sono assemblati in un insieme sottilmente inquietante: dalla esplosa congerie di piccoli oggetti, gambe e braccia di bambole, un volto angosciato emerge per un momento prima di annegare in un silenzioso, bianco dolore; una squallida donna-pupazzo ha i grandi occhi e l’inconfondibile neo all’angolo della bocca di un’attrice morta suicida.
Nel 1961 la Saint Phalle sparava con il fucile contro rilievi preparati con gesso bianco e sacchetti di vernice: sono i Tiri, opere sanguinanti e multicolori. Niente di nuovo, in realtà. Senza scomodare Michelangelo che se la prendeva con il suo muto Mosè (vedere catalogo), si tratta di performance dissacratorie in spirito dadaista, in cui l’aura dell’opera viene infranta, l’arte concettualmente sottratta all’unidirezionalità di una linea temporale realizzazione-fruizione e proiettata in una costellazione di momenti reiterabili. Inoltre a bistrattare le tele c’era già stato Pollock con l’action painting; era il periodo del New-Dada e la Saint Phalle, entrata a far parte del gruppo dei Nouveaux Réalistes, era vicina a Jasper Johns, Robert Rauschenberg e all’artista cinetico Jean Tinguely (in seguito suo marito). Ma soprattutto si tratta di un terapeutico e liberatorio atto di esorcizzazione tutto personale, che porterà l’artista a prediligere più avanti i colori squillanti e una visione magica e affascinante di un incanto pop. Tra il 1965 e il 1975 la Saint Phalle scopre infatti quella cifra stilistica che caratterizza la sua produzione successiva e realizza le prime Nanas, maliziose e innocenti creature femminili, gonfie e lievi come nuvole, colorate come cartoni animati.
Con oltre cento lavori provenienti prevalentemente dalla Niki Charitable Art Foundation, la mostra di Roma rivisita il percorso artistico di Niki de Saint Phalle attraverso quattro sezioni dedicate rispettivamente alle Origini del suo percorso artistico (i surrealisti, Gaudì), all’esplosione sensuosa e vitalistica del Nana Power, alla genesi del Giardino dei Tarocchi e infine allo Spiritual Path, l’alleanza spirituale che la legò artisticamente ed affettivamente a Tinguely. Alcuni manufatti sono affascinanti, come momentaneamente affascinante è il mondo visionario e buffo dell’artista, ma l’esposizione soffre (e fa soffrire) di tutti i limiti estetici di un’arte autoreferenziale, di una monografica inutile, e di una sede espositiva sempre asfittica e sgradevole da percorrere.
Per la cronaca, si segnala che fino al 3 febbraio 2010 la galleria Arte e Arte di Bologna dedica al connubio creativo e affettivo tra Niki de Saint-Phalle e Jean Tinguely un’esposizione di circa venti opere tra disegni, sculture e istallazioni dei due artisti.
Niki de Saint Phalle
Roma, Fondazione Roma Museo – Via del Corso, 320
Fino al 17 gennaio 2010
Orario: tutti i giorni, 10.00-20.00; chiuso il lunedì
www.fondazioneromamuseo.it
Jean Tinguely & Niki De Saint Phalle
Bologna, Galleria Arte e Arte – Galleria Falcone-Borsellino, 1/c (Piazza Galileo)
Orario: martedì, mercoledì, venerdì 15.30-19.30; sabato 10.30-12.30 – 16.00-20.00
domenica e festivi su appuntamento
www.arteearte.it
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