Botta risposta Riotta/Flores d’Arcais sul caso Tg1/Alitalia
Caro Paolo,
grazie per aver dato al Tg 1 su Alitalia la prima pagina del sito di Micromega. Temo però che, come può capitare visto che siamo in onda 24 ore su 24, magari ci sia qualche punto, di fatto e di filosofia, da chiarire.
Le due comandanti che sono intervenute domenica sera al Tg delle 20 occupano da giorni i quotidiani con le loro posizioni perché, dal punto di vista della notizia, il solo che come sai mi stia a cuore fin da ragazzo, la rottura del monolitico fronte piloti è cruciale. Ancora oggi La Repubblica e l’Unità dedicano loro ampio spazio nelle pagine Alitalia.
La seconda critica concerne “la mancanza di contraddittorio”. Ho detto in Commissione di Vigilanza al momento del mio insediamento, ho scritto nel mio piano editoriale approvato dalla redazione, che non credo che la completezza dell’informazione debba essere ingozzata negli ascoltatori ogni secondo in un tragico sovrapporsi di voci che provocano solo rumore di fondo (la vera fine, dice Habermas dell’“opinione pubblica critica”). E’ questo penoso batti ribatti il famigerato “panino”, che ho abrogato il primo giorno di mio lavoro al Tg. Vale anche su Alitalia.
Nei Tg 1 sulla crisi Alitalia lo spazio dato al fronte del No è stato amplissimo, 100 a 1 rispetto a quello dato al sì. Basta rivedere le interviste ai capi dei piloti e quella, importante nel giorno della caduta Cai, al segretario Cgil Epifani. Per non dire del discorso dell’onorevole Di Pietro a Fiumicino che abbiamo mandato in onda alle 20 e ripetuto per due volte a Tv 7. Ho definito “bizzarra” la manifestazione di gioia dei piloti al ritiro della proposta Cai, e per questo c’è chi mi ha legittimamente criticato. Ma a Tv 7 il segretario Cgil trasporti Solari l’ha definita addirittura “agghiacciante” e forse ha ragione lui a essere più duro di noi.
La sorte di Alitalia è oggi due diversi campi di battaglia. Uno politico, l’altro aziendale, come troppo spesso in Italia. Io credo che il caso si debba risolvere, come già si sarebbe dovuto ai tempi di Air France, con buon senso e buona volontà. C’è chi invece preferisce il “Muoia Sansone con tutti i Filistei” ed anche ai Sansone il Tg 1 ha dato, e darà, spazio.
Grazie intanto per lo spazio che tu mi hai dato. Conosco guai e debolezze dei media in Italia. Ma so che non si curano con il populismo, il cinismo o la beota fola deprecata dal vecchio filosofo Tarski che “chi è d’accordo come me ha ragione e chi no torto”. Scambiare argomenti per insulti è la tattica stalinista che hai criticato quando lavoravi su Merleau Ponty e permettimi quindi di citare un tuo articolo: “Mentre Merleau-Ponty radicalizza la sua presa di distanza dal marxismo, valorizzando nel proprio discorso filosofico le categorie di contingenza e di possibilità, Sartre compie un brusco avvicinamento alla politica del partito comunista francese, e nel ‘ 52 pubblica su Les Temps Modernes quell’ autentico ditirambo staliniano che è “I comunisti e la pace”, nel quale i suoi oppositori intellettuali vengono definiti ad ogni pié sospinto topi viscidi. Merleau non attenuerà in nulla le sue critiche ai governi occidentali. Commenterà Sartre: Dare dei colpi alla cieca, a destra e a sinistra, contro due giganti che non sentivano i nostri colpi? Era una misera soluzione. Sartre sceglierà di fiancheggiare acriticamente il Pcf, per anni, mentre Merleau-Ponty arriverà alla conclusione che un radicale riformismo è all’ordine del giorno, a ovest come a est, oltre la destalinizzazione da una parte, oltre la retorica e l’ipocrisia dall’altra. E’ malinconico osservare come, trent’ anni dopo, il Merleau-Ponty di questa impostazione possa suonare ancora attuale” (La Repubblica 21 aprile 1988 pag. 30).
Io resto d’accordo: dare del “topo viscido” a chi non è d’accordo è stalinista. Anche su Alitalia.
Del resto l’inedita alleanza tra i duri della Cgil alla Cremaschi e i duri dell’Aquila Selvaggia ha sorpreso tutti e quindi non può che suscitare polemiche. Quanto lontani i tempi quando al Manifesto Stefano Benni osservava sarcastico “gli aerei Alitalia sono il solo mezzo di trasporto su cui l’autista si chiama comandante”. Ma che il mondo cambi lo prova anche che per un dirigente Anpac che dice sdegnato “noi non siamo mica colf” non ci sono proteste. Io, da parte mia, continuo a sperare in un mondo in cui le dignità di chi vola e di chi rigoverna i piatti siano pari. Un mondo in cui pensarla diversamente non significhi essere “topi viscidi”. Un mondo in cui dare la parola a chi dissente da me sia un dovere per me e un diritto per l’interlocutore. E i diritti di chi dice no siano pari a chi dice di sì.
Come vedi, caro Paolo, resto il solito sognatore.
Ti prego di condividere questa mia con i tuoi lettori e ti saluto con affetto
Gianni Riotta
Caro Gianni, sono ovviamente lusingato che tu sia andato a ripescare un mio testo di venti anni fa per costruire la tua argomentazione. Spero che la lusinga non mi condizioni nel dirti con la necessaria chiarezza perché mi sembra che la tua non regga proprio.
E’ possibile che io abbia letto e/o ascoltato male le al tuo Tg1 di Cremaschi, e poi di altre autorevoli personalità anche del giornalismo, che ho pubblicato sul sito di MicroMega, ma non ho trovato traccia dell’epiteto staliniano di “topi viscidi”. Trattandosi di una “questione di fatto” conto che mi segnalerai dove tale aggressione staliniana sia stata compiuta. Perché, se non ve ne fosse traccia, l’uso che hai fatto della citazione di Merleau-Ponty non risulterebbe onestissima (ma sono certo che tale è, e dunque aspetto la segnalazione).
Ho sempre sostenuto che l’imparzialità giornalistica non coincide affatto con l’equidistanza (e meno che mai con l’equidistanza tra i due schieramenti parlamentari), perciò concordo perfettamente con l’idea che il giornalismo-giornalismo non sia tenuto a sentire sempre “le due campane”. Proprio in questa logica mi sarei aspettato, ad esempio, che nei giorni della lo scorso 8 luglio, accanto a te ci fossero stati due degli organizzatori (che erano tre: Furio Colombo, Pancho Pardi, ed io), visto che questa era la notizia, tre persone che in pochi giorni e senza organizzazione chiamavano a manifestare, e – notizia successiva – avevano trascinato in piazza . Mentre invece, in un approfondimento serale (forse TV7) c’erano due giornalisti entrambi ostili alla manifestazione!
Proprio in questa logica mi sarei aspettato, ai tempi del famoso , che accanto a te ci fossero due esponenti del mondo della scienza, entrambi contrari ad affidare al Papa l’apertura dell’anno accademico della più importante università italiana, visto che le posizioni del Papa e della Cei, sia in generale che nella fattispecie specifica, hanno nei telegiornali (il tuo compreso) proprio una presenza, rispetto al punto di vista laico, di “100 a 1” (per usare parole della tua lettera).
E in entramb
i i casi mi sarei aspettato davvero che ad essere sovrani, nei servizi, fossero i fatti (il solo punto di vista che ti stia a cuore fin da ragazzo, come tu stesso dici). Quel punto di vista, evidentemente, nelle due occasioni lo devi avere per un istante dimenticato, o forse i tuoi collaboratori non lo hanno ancora interiorizzato e ti hanno preso la mano, perché sia sul caso Sapienza/Ratzinger sia sulla manifestazione di Piazza Navona, erano proprio i fatti a latitare nelle cronache del Tg1, sostituiti da commenti calunniosi di ogni parte politica e perfino da dati di cronaca che con un eufemismo mi limito a definire inesatti e fuorvianti.
Perché, nel primo caso si è fatto credere che fosse stato impedito a Ratzinger di parlare alla Sapienza, anzi di “dialogare”, mentre nessun dialogo era mai stato previsto, ma un monologo ex-cathedra (che in tutti i dizionari della lingua italiana risulta essere l’esatto opposto di un dialogo), e nessuno aveva impedito al Papa di tenerlo, ma alcuni professori e studenti avevano previsto, a debita distanza di sicurezza (come ammesso e garantito dal ministero degli Interni), due diverse iniziative in contemporanea (un convegno e un piccolo comizio).
Nel secondo caso si è continuato per giorni a far credere ai telespettatori di una manifestazione di Di Pietro (o addirittura di Di Pietro e Grillo), e poi a raccontare di una manifestazione di insulti al Papa, a Napolitano e al ministro Carfagna, passando sotto silenzio totale 14 interventi su 16, e la clamorosa riuscita della manifestazione, e la sua caratteristica essenziale, quattro gatti che fanno da catalizzatore a una manifestazione che nessun Pd, Forza Italia, Partito di Casini e Cuffaro, ecc., sarebbe riuscito a organizzare in una settimana (e forse neppure in un mese).
Io seguo i telegiornali di rado, in media una volta a settimana, e non sono in grado dunque di dire se quotidianamente l’imparzialità del tuo Tg sia quella che ho potuto constatare nelle due occasioni sopra esaminate (nelle quali l’ho seguito con attenzione certosina). In genere, quella volta a settimana non riesco a trovare differenza di caratura tra l’imparzialità tua e quella del direttore che ti ha preceduto, ma può essere che caschi sempre a vedere il Tg1 nel giorno sbagliato.
Comunque, voglio aggrapparmi alla tua affermazione più seria e impegnativa, secondo cui vuoi “un mondo [e in esso anche un Tg1, immagino] in cui dare la parola a chi dissente da me sia un dovere per me e un diritto per l’interlocutore”. Ti prendo in parola, ti segnalerò pubblicamente quando mi capitasse di vedere sul tuo Tg un tradimento di questi propositi, e posso fornirti fin da ora una lista piuttosto lunga di personalità da invitare, che “dissentano”, non solo da te ma dai punti di vista oggi largamente dominanti nella politica ufficiale e nei media (me compreso, buon ultimo). Sono certo che non farebbero nemmeno diminuire l’audience.
Un abbraccio
Paolo Flores d’Arcais
Caro Paolo,
grazie delle tue osservazioni. Ti ricordo però che alla vigilia della manifestazione di piazza Navona è stato ospite in studio al Tg 1 nell’edizione centrale delle ore 20 l’onorevole Antonio Di Pietro che, in tutta libertà, ha illustrato le tematiche politiche della protesta. Certamente tu e altri oratori potevate essere altrettanto efficaci ma mi pare che, invitando Di Pietro, non abbiamo certo occultato la vicenda. E per quanto riguarda la mancata visita del Papa alla Sapienza gli studenti contrari sono stati intervistati a lungo e le ragioni dei docente illustrate da uno dei loro più prestigiosi esponenti che tu conosci bene, il decano della fisica Marcello Cini (sempre nell’edizione centrale delle ore 20).
Grato se condividerai questa mia con i tuoi lettori ti saluto con amicizia
Gianni Riotta
Caro Gianni, in primo luogo mi fa piacere il tuo silenzio-conferma: nessuno ti ha dato del "topo viscido" come la tua lunga citazione poteva far credere. Quanto al resto, sei tu che hai sostenuto che in certi casi era giusto dare la parola solo ad una parte (ad esempio al personale Alitalia favorevole all’accordo), e dunque io ti ho preso in parola su due casi in cui, secondo il tuo criterio, più che mai sarebbe stato necessario dare la parola solo ad una parte protagonista. Ora, invitando Di Pietro per Piazza Navona non hai fatto che rafforzare l’idea, ribadita in tutti i telegiornali, che quella fosse la manifestazione dell’Italia dei valori, mentre era stata invece lanciata da tre persone, nessuna delle quali invitate. E quanto al caso Sapienza/Ratzinger, le voci dei “contestatori” sono state assai più che “impaninate” tra fette di robustissimo clericalismo casereccio, addirittura “annegate”. Comunque, importante resta quanto dici alla fine della precedente lettera, e cioè che vuoi “un mondo [e in esso anche un Tg1, immagino] in cui dare la parola a chi dissente da me sia un dovere per me e un diritto per l’interlocutore”. Io, già in tutt’altra occasione, ho detto chiaramente che seguo la linea dell’ingenuità critica, prendo cioè i miei interlocutori alla lettera. Ti segnalerò tutti i dissidenti che vuoi per il tuo Tg. Staremo a vedere (alla lettera).
Un abbraccio
Paolo Flores d’Arcais
(25 settembre 2008)
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