Budapest, il mondo della cultura in agitazione
Massimo Congiu
Continua a Budapest la protesta degli studenti dell’Università di Arti teatrali e cinematografiche (Szfe) contro la riforma dell’istituto voluta dal governo di Viktor Orbán. Con essa, l’esecutivo ha cambiato i vertici della Szfe, in aperta violazione dell’autonomia accademica, ha deciso di affidarne la direzione ad una fondazione gestita da uomini vicini al primo ministro e imposto un rettore fedele al sistema. La riforma intende inoltre ricalibrare programmi didattici e logiche di finanziamento sulla base di “uno spirito patriottico” in nome del quale è stata respinta ogni controproposta fatta dal collegio accademico uscente.
Gli studenti della Szfe hanno risposto occupando l’edificio, sostenuti dalla solidarietà di docenti, noti attori e registi teatrali e cinematografici ungheresi. Lo scorso fine settimana migliaia di sostenitori della protesta hanno formato una catena umana fino alla piazza del Parlamento, espressione di quella parte di opinione pubblica che respinge la politica di controllo in cui il sistema di Orbán è impegnato da dieci anni a questa parte.
Le critiche a questa nuova iniziativa sono giunte anche dall’estero con segni di solidarietà nei confronti di un’istituzione fondata 155 anni fa, considerata tra le più prestigiose nel paese in ambito culturale ma vista dal governo come un covo di liberali. È nota l’avversione del sistema e dei suoi sostenitori nei confronti del liberalismo che agli occhi dei conservatori ungheresi è sinonimo di assenza di interessi nazionali. Secondo la retorica orbaniana è necessario far piazza pulita di quella che per il sistema è cultura liberale scadente o sottocultura, e incoraggiare lo sviluppo di produzioni artistiche capaci di riportare in auge i valori nazionali. Anche questa svolta è, per il governo, un segno dell’inizio di una nuova era, quella del trionfo delle nazioni e delle patrie che la propaganda orbaniana presenta come mattoni di una più autentica e solida costruzione europea in quanto basata sulla libertà dei popoli.
È chiaro che la riforma in questione è parte del disegno governativo di estendere sempre più la sua opera di controllo sulla vita pubblica del paese, a partire dai settori strategici. Il loro asservimento è prioritario per il sistema di potere concepito e guidato da Orbán. Ne sanno qualcosa gli addetti all’informazione che operano in un ambito duramente colpito dall’esecutivo e dal suo impegno a silenziare le voci dissenzienti. Il mondo della scuola e della cultura sono oggetto di un intervento analogo che ha per nemici spirito critico e pluralismo e intende imporre un pensiero unico che opera una distinzione fra “veri ungheresi” e “nemici della patria” venduti, questi ultimi, al liberalismo decadente che secondo gli orbaniani si è impadronito delle istituzioni europee.
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Questa vicenda riporta alla mente la nomina, nel 2011, dell’attore György Dörner, figura legata all’estrema destra, alla direzione dell’ÚJ Színház (Teatro Nuovo), istituzione importante nella vita culturale della capitale ungherese. Il fatto aveva anticipato una serie di cambiamenti decisi in nome di un ostentato progetto di riscatto della cultura nazionale e di lotta contro la “degenerazione dell’egemonia liberale”. Alla fine dell’anno scorso si è assistito a uno scontro sul controllo della cultura con un disegno di legge governativo volto a dare al ministero competente la facoltà di gestire e attribuire a suo piacimento i sussidi destinati alle varie istituzioni culturali. In seguito, le proteste di piazza e gli occhi dell’Ue puntati su Budapest hanno portato ad un allentamento della morsa che si stava stringendo intorno al mondo della cultura, ma il pericolo non era cessato, come dimostra la vicenda dell’Szfe. Il governo nega che l’indipendenza dell’istituzione sia in pericolo e fa anzi notare che i cinque fiduciari nominati dalla fondazione avente funzioni direttive garantiranno l’autonomia dell’Università dalla politica. Di fatto, la protesta va avanti ed è arrivata a Venezia, tramite i realizzatori dei due film ungheresi presentati al Festival, e le loro magliette con su scritto “Free Szfe”.
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