Budapest, proteste contro la gestione governativa della crisi sanitaria

Massimo Congiu



Il 4 maggio scorso ha avuto luogo, in una zona centrale di Budapest, una manifestazione di protesta nei confronti della gestione governativa dell’emergenza Covid-19. Gli organizzatori dell’iniziativa svoltasi sulle note di “Bella ciao”, intonata dai presenti, tenevano a mostrare al primo ministro Viktor Orbán che c’è una parte di opinione pubblica insoddisfatta del modo in cui l’esecutivo affronta la crisi sanitaria. Che, secondo il comunicato stampa dei promotori della protesta, c’è chi non intende assistere inerme e in silenzio alle manovre del potere: al suo programma per liberare i letti degli ospedali, al clima di segretezza sulla reale situazione del contagio e al disagio di coloro i quali hanno ultimamente perso il lavoro.

Queste manifestazioni di malcontento si inseriscono in un contesto preesistente di inquietudine per l’attribuzione di pieni poteri a Orbán senza limiti di tempo predefiniti. I giornalisti avevano già dato sfogo alla preoccupazione di non poter attingere a fonti relative alla situazione oggettiva del paese e di poter subire ritorsioni nel caso provassero a indagare sulle reali condizioni nelle quali l’Ungheria si trova attualmente. Perché occorre sapere che non sono pochi coloro i quali ritengono che le cifre ufficiali sul contagio non corrispondano al vero. C’è quindi chi vorrebbe più trasparenza e una migliore circolazione delle notizie sull’argomento, magari anche con un approccio critico, ma le regole stabilite per gestire lo stato di emergenza comprendono anche punti che tendono a scoraggiare la ricerca di versioni alternative a quella governativa. Sono infatti previste pene detentive fra uno e cinque anni per quanti diffondessero informazioni false. Il sentore dei sostenitori della critica è che il carattere falso o veritiero delle medesime sia deciso dall’esecutivo.

Un articolo uscito di recente su hvg.hu, portale che si occupa principalmente di economia e politica, sostiene che dallo scoppio dell’epidemia di Coronavirus a oggi è notevolmente diminuita la trasparenza sui dati riguardanti la disoccupazione. Lo scritto precisa che subito dopo l’inizio della crisi, le cifre su questo argomento sono diventate inaccessibili anche se aiuterebbero notevolmente a dare un quadro più chiaro della situazione sociale ed economica in cui si trova l’Ungheria in questo particolare momento. Il giornale aggiunge che molti anni fa il Centro Nazionale per l’Impiego (NFSz) ha creato un database dettagliato sul numero dei disoccupati, sui licenziamenti, sui lavoratori colpiti da provvedimenti di licenziamento collettivo, e pubblicava ogni mese un’analisi approfondita della situazione del mercato del lavoro. L’articolo riferisce che a marzo, per esempio, l’NFSz avrebbe aggiornato solo alcuni dati fornendo una panoramica incompleta del settore dalla quale si poteva risalire solo, secondo gli esperti sentiti da hvg.hu, alla distribuzione demografica della disoccupazione nel paese. Di recente l’Ufficio Centrale di Statistica (KSH), ha annunciato che a marzo 56.000 persone hanno perso il lavoro ma senza informare, secondo hvg.hu. in merito al numero delle persone che hanno diritto a sussidi, a quante ne sono prive e ai principali settori colpiti da licenziamenti collettivi.


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Come già precisato, la critica riguarda anche l’impegno governativo per liberare i letti degli ospedali al fine di far posto ai malati di Coronavirus, anche, se non soprattutto, per le sue modalità. Addetti al settore e persone attive sul fronte dell’assistenza sociale affermano che le istituzioni operanti nel settore non sono state consultate preventivamente su questo programma. A ciò aggiungono che sarebbero stati mandati a casa anche pazienti presi a caso senza che venisse fatto loro il tampone. Pare inoltre che molte di queste persone siano state dimesse senza che nessuno potesse occuparsi di loro. Krisztina Baranyi, sindaco indipendente del quartiere budapestino di Ferencváros, ha affermato di recente che il sistema dell’assistenza sociale non è pronto a ricevere persone bisognose di sostegno sanitario attivo, in quanto non dispone di personale qualificato per questo, ma esisterebbero problemi anche sul fronte dell’assistenza domiciliare sempre per carenza di addetti.

Secondo Unicef Ungheria la crisi legata al Coronavirus sta dando luogo ad un impatto particolarmente problematico nel caso dei più piccoli e accentuando le disparità sociali in termini, ad esempio, di possibilità di accesso alle lezioni online, iniziate con la chiusura delle scuole. Gli esperti hanno anche sottolineato il pericolo dell’aumento dei casi di violenza domestica sui minori e sulle donne, dovuto alle lunghe permanenze a casa. Va da sé che la notizia sulla mancata ratifica della Convenzione di Istanbul, da parte del Parlamento ungherese, ha prevedibilmente suscitato critiche a livello internazionale. Stigmatizzata anche la motivazione del rifiuto: secondo Orbán il trattato promuove “ideologie di genere distruttive”. La frase si commenta da sola.

(8 maggio 2020)




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