CAI Tg24
La mattina del giorno 30 ottobre la notizia era: “CAI abbandona il tavolo e ritira l’offerta”. CAI è la proprietaria di ciò che resta dell’Alitalia e il lavoro in corso era il perfezionamento degli accordi della nuova azienda con i suoi lavoratori. Si tenga conto che, per una azienda di trasporto aereo, i due beni fondamentali sono gli aerei e i piloti. L’accordo è mancato e l’amministratore delegato della nuova e celebrata CAI, il gioiello della “cultura del fare” di Berlusconi, si è alzato e se ne è andato.
Nella notte tra il 29 e il 30 ottobre una drammatica e chiarissima nota dell’Ansa dava la clamorosa notizia, che è andata in onda nel TG3 di mezzanotte con il lancio “CAI abbandona”.
La mattina del giorno 30 la notizia non c’era. Sul Corriere della Sera di quel giorno si deve andare a pagina 33. Si trova il titolo: “Alitalia, rotta la trattativa”. Notare: Alitalia, non CAI. Alitalia è roba vecchia, e il pubblico se ne è disamorato da tempo.
CAI, invece, insieme alla spazzatura di Napoli (che un orrendo delitto ha fatto scoprire ai non troppo curiosi giornalisti a Castel Volturno); insieme al famoso e celebrato taglio dell’ICI ai ricchi (a tutti gli altri aveva già provveduto Prodi) che hanno messo sul lastrico i sindaci di grandi e piccole città; insieme alla finta riforma Gelmini che copre un immenso taglio di fondi per la scuola e che sta sconvolgendo l’Italia, era la gloria di Berlusconi.
L’incepparsi del motore CAI prima del decollo ha evidentemente una importanza grandissima perché mostra lo smontaggio della vanagloria di Berlusconi. E produce anche crisi di ansia quando ci si ricorda della stentorea proclamazione berlusconiana sulla “assoluta sicurezza delle banche italiane”.
Ovviamente il gioco adesso è fingere che si tratta di turbolenza sindacale. Ma la storia non racconta che i rappresentanti sindacali di personale di volo e di terra hanno abbandonato il tavolo delle trattative. Racconta il contrario. Racconta che l’amministratore delegato della CAI se ne è andato dichiarando “finisce qui”. Persino il racconto ben nascosto del “Corriere” (del resto non più nascosto dello stesso racconto sugli altri grandi quotidiani) comincia cosi: “Non ci sono le condizioni per proseguire. Detto, fatto: Rocco Sabelli si è alzato dal tavolo e se ne è andato” abbandonando tutte e nove le sigle sindacali che partecipavano alla trattativa.
La CAI se ne va ma non deve aprire telegiornali e GR, non deve comparire sulle prime pagine dei quotidiani.
Gli ordini sono ordini. E’ bene non fare troppe storie sul più clamoroso fallimento berlusconiano, proprio mentre la sua vanagloria è alle stelle (senza contraddittorio).
Furio Colombo
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